È il senso d'assedio di chi realizza ad un tratto di aver perso la libertà. Di camminare, di uscire, di mostrarsi. Di essere. Un coprifuoco emotivo soffocante come il clima di questa estate.
In cui la comunità gay è stata aggredita, accerchiata, umiliata, come forse mai prima d'ora in tempi recenti. Angoscia, timore
Dopo le due bombe carta lanciate nella notte contro un locale della "Gay Street" romana, trecento metri di selciato antico tra il Colosseo e Villa Celimontana, tra la Basilica di San Clemente e un modesto susseguirsi di ristoranti per turisti, ora sono in molti ad avere paura. E a chiedere sicurezza.
"Alemanno ci aveva promesso pattuglie e telecamere. Dove sono? Non ci vuole proteggere perché siamo gay? Deve forse morire qualcuno? La verità è che da due anni qui il clima è cambiato, chi ci odia ha rialzato la testa, il sindaco condanna ma poi ci lascia soli...". La rabbia è tangibile, e accomuna gli abitanti, i commercianti, il variegato mondo lesbo e gay che la sera si dà appuntamento in via di San Giovanni in Laterano, tra lo storico "Coming out", locale più volte bersaglio di attentati, e la nuova "Ice cream bear", la gelateria degli orsi, così intitolata in omaggio ad una comunità omosessuale americana degli anni Settanta.
Carlo e Gianni, i titolari, hanno l'aria solida e pacata.
Eppure ammettono che la loro vita non è più la stessa. "Le aggressioni di questa estate - racconta Gianni - sono soltanto la manifestazione più evidente di una persecuzione continua, fatta di scritte naziste che ogni giorno cancelliamo, di bottiglie di urina lanciate dalle auto in corsa contro di noi, del timore di abbassare la saracinesca del negozio e trovare qualcuno che ti punta il coltello. Ma due anni fa, quando la "Gay Street" fu inaugurata, l'atmosfera era totalmente diversa, eravamo finalmente e serenamente allo scoperto. Poi a Roma è arrivata la Destra, la targa con la scritta "Gay Street" è stata abolita, e sono iniziate le violenze. Noi qui, con la gelateria, non siamo solo un punto d'incontro della comunità gay, ma un luogo di riferimento del quartiere. Non capisco - incalza Gianni - perché il sindaco mette pattuglie ovunque ci sia un po' di movida e abbandona quest'area alla violenza. Sembra un paradosso - ironizza Gianni - i trasgressivi gay che chiedono sicurezza. Ma è così. Vogliamo la polizia e le telecamere". E Gianni accetta sorridendo il caffè che gli offre il suo vicino venditore di kebab, di provata fede musulmana. "Non vi sembra integrazione questa?".
Valeria ha sessant'anni, tre figli, e un cane. Abita poco lontano, proprio sopra la libreria antiquaria "Gutenberg", stampe antiche in edizioni preziose, in vetrina c'è un piccolo testo con i disegni di Ottone Rosai. Dice chiaro e tondo che "omosessuali o normali non mi frega niente, ma la devono smettere di fare casino, e quando non ne posso più gli tiro l'acqua". Adesso però Valeria ha paura per sé, per il suo cuore debole e per i suoi figli. "Quando l'altra notte ho sentito lo scoppio ho pensato al terremoto, poi ai terroristi, il cuore mi ha fatto male. Mi sono vestita e sono scesa. Ma chi sono questi criminali, ma è possibile lanciare una bomba contro ragazzi e ragazze semplicemente perché sono gay? Perché fanno l'amore in un altro modo? Io gli omosessuali non li capisco e per fortuna i mie figli sono tutti normali. Ma dico che la gente va lasciata in pace. Anche i gay".
Nel pomeriggio che precede la fiaccolata contro l'omofobia, i camerieri cingalesi dei ristoranti che offrono vecchia Roma a prezzo fisso innaffiano i sanpietrini con secchiate d'acqua, per spezzare l'afa surriscaldata dal traffico rovente attorno al Colosseo. Maurizio, giovane imprenditore che fa parte del circolo Mario Mieli, seduto al "Coming Out" dice che in fondo Roma non è mai stata una "città aperta per gli omosessuali, ma se camminavi mano nella mano prima ti fischiavano e adesso ti pestano, ti accoltellano, non mi sono mai sentito veramente un diverso, adesso so che per il mio modo di amare posso rischiare anche la vita". Forse no, forse la realtà è più lieve, le teste rasate dell'ultradestra che la notte scrivono froci nei forni saranno isolate e processate. Forse. Perché invece la cronaca di queste ore è la paura che si legge negli occhi di Tiziana, che lavora al "Coming out" e di attentato incendiario ne ha vissuto più d'uno, e chiede, anche lei "ma dov'è la polizia, possibile che arrivi sempre a cose fatte?". "Sono mesi che la notte andiamo via in gruppo, guardandoci le spalle, con il timore di una coltellata. Eppure soltanto due anni fa pensavamo di essere diventati cosmopoliti, in tutto il mondo ci sono le "Gay street". Roma invece no, è tornata indietro, è diventa intollerante, razzista".
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In cui la comunità gay è stata aggredita, accerchiata, umiliata, come forse mai prima d'ora in tempi recenti. Angoscia, timore
Dopo le due bombe carta lanciate nella notte contro un locale della "Gay Street" romana, trecento metri di selciato antico tra il Colosseo e Villa Celimontana, tra la Basilica di San Clemente e un modesto susseguirsi di ristoranti per turisti, ora sono in molti ad avere paura. E a chiedere sicurezza.
"Alemanno ci aveva promesso pattuglie e telecamere. Dove sono? Non ci vuole proteggere perché siamo gay? Deve forse morire qualcuno? La verità è che da due anni qui il clima è cambiato, chi ci odia ha rialzato la testa, il sindaco condanna ma poi ci lascia soli...". La rabbia è tangibile, e accomuna gli abitanti, i commercianti, il variegato mondo lesbo e gay che la sera si dà appuntamento in via di San Giovanni in Laterano, tra lo storico "Coming out", locale più volte bersaglio di attentati, e la nuova "Ice cream bear", la gelateria degli orsi, così intitolata in omaggio ad una comunità omosessuale americana degli anni Settanta.
Carlo e Gianni, i titolari, hanno l'aria solida e pacata.
Eppure ammettono che la loro vita non è più la stessa. "Le aggressioni di questa estate - racconta Gianni - sono soltanto la manifestazione più evidente di una persecuzione continua, fatta di scritte naziste che ogni giorno cancelliamo, di bottiglie di urina lanciate dalle auto in corsa contro di noi, del timore di abbassare la saracinesca del negozio e trovare qualcuno che ti punta il coltello. Ma due anni fa, quando la "Gay Street" fu inaugurata, l'atmosfera era totalmente diversa, eravamo finalmente e serenamente allo scoperto. Poi a Roma è arrivata la Destra, la targa con la scritta "Gay Street" è stata abolita, e sono iniziate le violenze. Noi qui, con la gelateria, non siamo solo un punto d'incontro della comunità gay, ma un luogo di riferimento del quartiere. Non capisco - incalza Gianni - perché il sindaco mette pattuglie ovunque ci sia un po' di movida e abbandona quest'area alla violenza. Sembra un paradosso - ironizza Gianni - i trasgressivi gay che chiedono sicurezza. Ma è così. Vogliamo la polizia e le telecamere". E Gianni accetta sorridendo il caffè che gli offre il suo vicino venditore di kebab, di provata fede musulmana. "Non vi sembra integrazione questa?".
Valeria ha sessant'anni, tre figli, e un cane. Abita poco lontano, proprio sopra la libreria antiquaria "Gutenberg", stampe antiche in edizioni preziose, in vetrina c'è un piccolo testo con i disegni di Ottone Rosai. Dice chiaro e tondo che "omosessuali o normali non mi frega niente, ma la devono smettere di fare casino, e quando non ne posso più gli tiro l'acqua". Adesso però Valeria ha paura per sé, per il suo cuore debole e per i suoi figli. "Quando l'altra notte ho sentito lo scoppio ho pensato al terremoto, poi ai terroristi, il cuore mi ha fatto male. Mi sono vestita e sono scesa. Ma chi sono questi criminali, ma è possibile lanciare una bomba contro ragazzi e ragazze semplicemente perché sono gay? Perché fanno l'amore in un altro modo? Io gli omosessuali non li capisco e per fortuna i mie figli sono tutti normali. Ma dico che la gente va lasciata in pace. Anche i gay".
Nel pomeriggio che precede la fiaccolata contro l'omofobia, i camerieri cingalesi dei ristoranti che offrono vecchia Roma a prezzo fisso innaffiano i sanpietrini con secchiate d'acqua, per spezzare l'afa surriscaldata dal traffico rovente attorno al Colosseo. Maurizio, giovane imprenditore che fa parte del circolo Mario Mieli, seduto al "Coming Out" dice che in fondo Roma non è mai stata una "città aperta per gli omosessuali, ma se camminavi mano nella mano prima ti fischiavano e adesso ti pestano, ti accoltellano, non mi sono mai sentito veramente un diverso, adesso so che per il mio modo di amare posso rischiare anche la vita". Forse no, forse la realtà è più lieve, le teste rasate dell'ultradestra che la notte scrivono froci nei forni saranno isolate e processate. Forse. Perché invece la cronaca di queste ore è la paura che si legge negli occhi di Tiziana, che lavora al "Coming out" e di attentato incendiario ne ha vissuto più d'uno, e chiede, anche lei "ma dov'è la polizia, possibile che arrivi sempre a cose fatte?". "Sono mesi che la notte andiamo via in gruppo, guardandoci le spalle, con il timore di una coltellata. Eppure soltanto due anni fa pensavamo di essere diventati cosmopoliti, in tutto il mondo ci sono le "Gay street". Roma invece no, è tornata indietro, è diventa intollerante, razzista".
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