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Lite tra procure, Apicella lascia la toga E accusa l'Anm: «Deluso dal silenzio»

ROMA- «Sereno per aver sempre compiuto il mio dovere, nonostante le difficoltà incontrate» e «orgoglioso per aver ispirato e assicurato nei cittadini la fiducia nella giustizia», ma «deluso dal silenzio dell'Anm e delle istituzioni su fatti allarmanti e dal trattamento ricevuto dopo essermi impegnato per accertare tali fatti», esprimo la «mia profonda amarezza lasciando la magistratura». Così, in una lettera di cui l'Adnkronos è in possesso, inviata il 18 luglio scorso al capo dello Stato Giorgio Napolitano e al Guardasigilli, Angelino Alfano, l'ex procuratore di Salerno, Luigi Apicella, annuncia l'addio alla toga.

Protagonista a gennaio scorso, insieme ai magistrati di Catanzaro, della cosiddetta guerra tra procure giocata sulle inchieste avocate all'ex pm Luigi De Magistris (e della relativa serie di sequestri e controsequestri degli atti dell'inchiesta «Why not»), Apicella lascia la magistratura rinunciando «con effetto immediato ad essere trattenuto in servizio fino al 75esimo anno di età», come previsto dal decreto ministeriale del 9 marzo 2006. Secco il no comment dell'Anm. «Non commento le dichiarazioni di Apicella. Ciò che dovevamo dire l'abbiamo detto all'epoca dei fatti. Ma non possiamo che avere rispetto per quelle che sono scelte personali» ha detto il presidente dell'associazione nazionale magistrati, Luca Palamara.

I FATTI - A gennaio la sezione disciplinare del Csm sospese l'allora procuratore capo di Salerno dalle funzioni e dallo stipendio e trasferì d'ufficio il pg di Catanzaro Enzo Jannelli. Ora però Apicella, pur specificando la non intenzione di alimentare nuove polemiche, si dice meravigliato dal comportamento dell'Associazione nazionale dei magistrati, delle istituzioni, della politica e dei media su alcuni aspetti della vicenda. «Non è questa la sede per discutere dei provvedimenti assunti dai miei colleghi di ufficio e da me - scrive nella missiva- né per dolermi delle decisioni assunte nei nostri confronti, dei quali ciascuno rende conto innanzitutto alla propria coscienza umana e professionale, ma che comunque forniscono un quadro dell'attuale giustizia in Italia». «Tuttavia -avverte l'ex procuratore- non posso non rilevare come non ci sia stato alcun allarme da parte dei magistrati dell'Anm, delle Istituzioni, del giornalismo, della politica, né all'epoca dell'esecuzione dei sequestri né in questi ultimi otto mesi, sui gravissimi fatti, ampiamente ricostruiti, descritti, documentati, riscontrati nelle millequattrocentodiciotto pagine dell'«incriminato» provvedimento di sequestro, compiuti da magistrati indagati per corruzione in atti giudiziari e falso che avevano, tra l'altro, tolto con procedure illegittime al magistrato inquirente la trattazione di due gravissimi procedimenti penali».

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