All’una del mattino, in una Palermo tormentata dalla pioggia, è tutto drammaticamente chiaro: Rita Borsellino ha perso le primarie per la corsa a sindaco di Palermo. 9804 voti lei, 9942 Fabrizio Ferrandelli, ex capogruppo di Idv in consiglio comunale, ex pupillo di Leoluca Orlando e politicamente “figlio adottivo” della stessa Borsellino. Una manciata di voti che troncano le speranze della europarlamentare indipendente sorella del magistrato ucciso a via D’Amelio. Oltre settemila voti all’altro candidato, Davide Faraone, sostenuto dal rottamatore Matteo Renzi ed appoggiato in queste elezioni dal guru televisivo Giorgio Gori. 1700 voti vanno alla ginecologa Antonella Monastra, consigliere comunale della lista “Un’altra storia”, ispirata dalla stessa Borsellino.
Questi i numeri di primarie durissime, avvelenate dalle polemiche e dai sospetti su un voto inquinato. Il conteggio finale delle schede non è ancora ufficiale, troppe le anomalie riscontrate in alcune sezioni del quartiere Zen, troppi i dubbi su schede di colore diverso rispetto a quelle ufficiali rintracciate in altri seggi, ma un dato è già certo. Il centrosinistra tutto rischia di rimanere sepolto dalle macerie di una contrapposizione che ha messo l’uno contro l’altro pezzi importanti della politica e dell’impegno civile in terra di Sicilia. Troppe partite si sono giocate in queste primarie. La più importante riguarda Pierluigi Bersani e il Pd. Rita Borsellino era stata scelta in prima battuta da Sel e da Nichi Vendola, subito dopo appoggiata da Bersani, da Idv (che aveva convinto Leoluca Orlando a fare un passo indietro a favore della europarlamentare), da Rifondazione comunista-Fds e dai movimenti. Il leader del Pd non aveva fatto i conti col suo partito. Un corpaccione ingovernabile a Palermo, spezzettato in feudi e gruppi di potere che da tempo, nonostante i flebili no romani, si sono attestati sulla linea Maginot dell’alleanza per il governo della Regione con l’Mpa e Raffaele Lombardo. Un partito che Bersani non è mai riuscito a convincere, orientare, meno che mai a conquistare politicamente.
“Se il Pd fa schifo a Roma – ha detto nei giorni scorsi Davide Faraone, l’unico con la tessera Pd in tasca – in Sicilia fa schifo ancora di più”. Bersani oggi riceve uno schiaffo durissimo da due potenti detentori di pacchetti di tessere e voti come Antonello Cracolici, il capogruppo all’Ars, e Beppe Lumia, senatore ed ex presidente dell’Antimafia. Non solo: anche Sonia Alfano si è spesa per Ferrandelli. Perde ancora il leader Pd, ma questa volta trascina nella sconfitta Rita Borsellino. Palermo non è Genova, Rita non è Marta Vincenzi, il suo nome pesa soprattutto in quella fascia di elettorato nazionale sensibilissima ai temi della legalità e della lotta alla mafia. “Ora – diceva a mezza bocca un esponente del Pd siciliano – i conti si faranno a Roma e per Bersani sarà durissima”. Queste le prossime tappe dello sfascio Pd in terra sicula. Il prossimo 13 marzo sarà votata la mozione di sfiducia al segretario regionale Giuseppe Lupo, che ha appoggiato la Borsellino, poi Cracolici, Lumia e l’ex Udeur Totò Cardinale (l’ex ministro non più onorevole dopo che ha lasciato in eredità il suo seggio a Montecitorio alla figlia), daranno un colpo di acceleratore all’ingresso nella giunta regionale del Pd. Guai anche per Antonio Di Pietro, del resto il leader di Idv temeva questo esito, tanto da ammetterlo nella telefonata col finto Vendola in una trasmissione di Rds. “Se vince quello che è andato via da me, il cetriolo poi me lo prendo io”. Anche Di Pietro, ma questa non è una novità, non è riuscito a governare quello che resta del suo partito a Palermo.
Primarie dalla partecipazione altissima, circa 30mila persone nei seggi, 10mila in più rispetto a quelle per le comunali del 2007. Hanno votato moltissimo nelle periferie, i luoghi ove il voto di opinione è più debole e conta la presenza organizzata. Qui ha raccolto i suoi consensi Fabrizio Ferrandelli. Sono anni che il trentunenne consigliere comunale lavora tra lo Zen e i quartieri del disagio. Organizza cooperative sociali, centri di assistenza fiscale, comunità di migranti. E’ una figura nota a Palermo che da mesi coltivava il sogno di correre per sindaco. E’ partito da solo, conquistandosi il consenso di ampi settori della società civile, poi attorno alla sua candidatura si sono innestati giochi e giochetti della politica palermitana. Uomini che ci hanno messo il timbro e la faccia fino all’ultimo. Lumia e Cracolici hanno festeggiato fino all’alba con Ferrandelli in un pub di Piazza della Rivoluzione. Hanno fratto i big-sponsor e hanno vinto, ora sono loro a dettare le condizioni. Ma anche una parte dell’antimafia è scesa in campo a favore del trentunenne Ferrandelli. Sonia Alfano, eurodeputata indipendente eletta in Idv, e Rosario Crocetta, ex sindaco di Gela. Alfano, soprattutto, vince la sua battaglia dentro Idv contro Leoluca Orlando e Antonio Di Pietro. Anche l’ex sindaco della Primavera ci ha messo la facccia a favore della Borsellino. Anche lui ha perso. “E’ il triste tramonto del patriarca”, diceva un giovane sostenitore di Ferrandelli tra canzoni e festeggiamenti.
Quando sono le tre del mattino nella sede del comitato elettorale di Rita Borsellino i volti dei giovani collaboratori e dei vecchi militanti della sinistra che in queste settimane hanno lavorato pancia a terra per l’europarlamentare, sono tristi, tesissimi. La Borsellino è chiusa nella sua stanza e non parla. Lo farà alle tre di questo pomeriggio. Intanto Fabrizio Ferrandelli lancia appelli ai partiti del centrosinistra e agli altri candidati: “Incontriamoci, ora la battaglia è contro la destra. Dobbiamo vincere”. Ma sarà difficile per il centrosinistra rimettere insieme le macerie di Palermo. Troppi odi, tanti rancori, tantissimi veleni in una campagna elettorale dove non sono stati risparmiati colpi bassissimi. “Pensate – si è sfogata poche ore prima la Borsellino con i suoi amici – mi hanno finanche accusata di strumentalizzare il cognome che porto e la tragedia di mio fratello Paolo”.
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Fonte: Il FQ
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Questi i numeri di primarie durissime, avvelenate dalle polemiche e dai sospetti su un voto inquinato. Il conteggio finale delle schede non è ancora ufficiale, troppe le anomalie riscontrate in alcune sezioni del quartiere Zen, troppi i dubbi su schede di colore diverso rispetto a quelle ufficiali rintracciate in altri seggi, ma un dato è già certo. Il centrosinistra tutto rischia di rimanere sepolto dalle macerie di una contrapposizione che ha messo l’uno contro l’altro pezzi importanti della politica e dell’impegno civile in terra di Sicilia. Troppe partite si sono giocate in queste primarie. La più importante riguarda Pierluigi Bersani e il Pd. Rita Borsellino era stata scelta in prima battuta da Sel e da Nichi Vendola, subito dopo appoggiata da Bersani, da Idv (che aveva convinto Leoluca Orlando a fare un passo indietro a favore della europarlamentare), da Rifondazione comunista-Fds e dai movimenti. Il leader del Pd non aveva fatto i conti col suo partito. Un corpaccione ingovernabile a Palermo, spezzettato in feudi e gruppi di potere che da tempo, nonostante i flebili no romani, si sono attestati sulla linea Maginot dell’alleanza per il governo della Regione con l’Mpa e Raffaele Lombardo. Un partito che Bersani non è mai riuscito a convincere, orientare, meno che mai a conquistare politicamente.
“Se il Pd fa schifo a Roma – ha detto nei giorni scorsi Davide Faraone, l’unico con la tessera Pd in tasca – in Sicilia fa schifo ancora di più”. Bersani oggi riceve uno schiaffo durissimo da due potenti detentori di pacchetti di tessere e voti come Antonello Cracolici, il capogruppo all’Ars, e Beppe Lumia, senatore ed ex presidente dell’Antimafia. Non solo: anche Sonia Alfano si è spesa per Ferrandelli. Perde ancora il leader Pd, ma questa volta trascina nella sconfitta Rita Borsellino. Palermo non è Genova, Rita non è Marta Vincenzi, il suo nome pesa soprattutto in quella fascia di elettorato nazionale sensibilissima ai temi della legalità e della lotta alla mafia. “Ora – diceva a mezza bocca un esponente del Pd siciliano – i conti si faranno a Roma e per Bersani sarà durissima”. Queste le prossime tappe dello sfascio Pd in terra sicula. Il prossimo 13 marzo sarà votata la mozione di sfiducia al segretario regionale Giuseppe Lupo, che ha appoggiato la Borsellino, poi Cracolici, Lumia e l’ex Udeur Totò Cardinale (l’ex ministro non più onorevole dopo che ha lasciato in eredità il suo seggio a Montecitorio alla figlia), daranno un colpo di acceleratore all’ingresso nella giunta regionale del Pd. Guai anche per Antonio Di Pietro, del resto il leader di Idv temeva questo esito, tanto da ammetterlo nella telefonata col finto Vendola in una trasmissione di Rds. “Se vince quello che è andato via da me, il cetriolo poi me lo prendo io”. Anche Di Pietro, ma questa non è una novità, non è riuscito a governare quello che resta del suo partito a Palermo.
Primarie dalla partecipazione altissima, circa 30mila persone nei seggi, 10mila in più rispetto a quelle per le comunali del 2007. Hanno votato moltissimo nelle periferie, i luoghi ove il voto di opinione è più debole e conta la presenza organizzata. Qui ha raccolto i suoi consensi Fabrizio Ferrandelli. Sono anni che il trentunenne consigliere comunale lavora tra lo Zen e i quartieri del disagio. Organizza cooperative sociali, centri di assistenza fiscale, comunità di migranti. E’ una figura nota a Palermo che da mesi coltivava il sogno di correre per sindaco. E’ partito da solo, conquistandosi il consenso di ampi settori della società civile, poi attorno alla sua candidatura si sono innestati giochi e giochetti della politica palermitana. Uomini che ci hanno messo il timbro e la faccia fino all’ultimo. Lumia e Cracolici hanno festeggiato fino all’alba con Ferrandelli in un pub di Piazza della Rivoluzione. Hanno fratto i big-sponsor e hanno vinto, ora sono loro a dettare le condizioni. Ma anche una parte dell’antimafia è scesa in campo a favore del trentunenne Ferrandelli. Sonia Alfano, eurodeputata indipendente eletta in Idv, e Rosario Crocetta, ex sindaco di Gela. Alfano, soprattutto, vince la sua battaglia dentro Idv contro Leoluca Orlando e Antonio Di Pietro. Anche l’ex sindaco della Primavera ci ha messo la facccia a favore della Borsellino. Anche lui ha perso. “E’ il triste tramonto del patriarca”, diceva un giovane sostenitore di Ferrandelli tra canzoni e festeggiamenti.
Quando sono le tre del mattino nella sede del comitato elettorale di Rita Borsellino i volti dei giovani collaboratori e dei vecchi militanti della sinistra che in queste settimane hanno lavorato pancia a terra per l’europarlamentare, sono tristi, tesissimi. La Borsellino è chiusa nella sua stanza e non parla. Lo farà alle tre di questo pomeriggio. Intanto Fabrizio Ferrandelli lancia appelli ai partiti del centrosinistra e agli altri candidati: “Incontriamoci, ora la battaglia è contro la destra. Dobbiamo vincere”. Ma sarà difficile per il centrosinistra rimettere insieme le macerie di Palermo. Troppi odi, tanti rancori, tantissimi veleni in una campagna elettorale dove non sono stati risparmiati colpi bassissimi. “Pensate – si è sfogata poche ore prima la Borsellino con i suoi amici – mi hanno finanche accusata di strumentalizzare il cognome che porto e la tragedia di mio fratello Paolo”.
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Fonte: Il FQ
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