MILANO - Una tangente da 22mila euro per «ammorbidire» i controlli e realizzare un centro commerciale su un terreno sottoposto a vincolo paesaggistico-ambientale. E' questa l'accusa con cui sono finiti in carcere l'assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Castel Mella, Mauro Galeazzi, 48 anni, e il capoufficio tecnico dello stesso Comune Marco Rigosa, 45 anni (che è anche assessore a Rodengo Saiano, Comune estraneo alle indagini). Con loro sono stati arrestati Andrea Piva, 36enne di Rodengo Saiano, geometra, libero professionista, e Antonio Tassone, 68 anni, di Lumezzane, imprenditore, il costruttore del futuro centro commerciale. I provvedimenti sono stati emessi dal Gip del Tribunale di Brescia, Cesare Bonamartini, su richiesta del pm Silvia Bonardi, al termine di un'indagine condotta, negli ultimi mesi, dai carabinieri del Nucleo investigativo di Brescia. È indagato anche un altro dipendente dell'ufficio urbanistica del Comune di Castel Mella. I reati contestati sono, per tutti, di corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio; nel caso del solo Galeazzi, c'è anche l'accusa di peculato, per una storia di telefonate private con il cellulare di servizio.
LA TANGENTE - L'imprenditore Antonio Tassone aveva già opzionato con un contratto preliminare, nel Comune di Castel Mella, un terreno sottoposto a vincolo paesaggistico-ambientale, su cui intendeva realizzare il suo centro commerciale. Tramite il geometra Andrea Piva, aveva intessuto rapporti con il responsabile dell'ufficio tecnico Rigosa e con l'assessore Galeazzi. Nella ricostruzione dell'accusa, per rendere più veloce e sicuro l'iter di approvazione del piano urbanistico, ammorbidendo i controlli, in particolare della commissione paesaggistica, Tassone aveva pattuito un versamento di 22 mila euro, dei quali 12 mila pagati a favore della società di Piva ed 10 mila, versati in contanti dallo stesso imprenditore a Piva e da questo consegnati al Rigosa, che infine ne aveva versato una parte all'assessore Galeazzi. Galeazzi è indagato anche per peculato, poiché nella sua veste di pubblico ufficiale, aveva nella sua disponibilità un cellulare di servizio, intestato alla Provincia di Brescia, con cui aveva fatto centinaia di telefonate a fini esclusivamente privati.
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Fonte: Corriere.it
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