E così il Presidente della Repubblica ha scelto la sede più solenne, il messaggio di fine anno, per rispondere a quella delegazione di studenti che “vestiti da strada” aveva accolto al Quirinale la mattina dell’ultima grande manifestazione. «Ci ha solo ascoltati», avevano riferito quei ragazzi e subito qualcuno aveva avuto da ridire: un gesto solo formale, non ha detto loro niente. A parte il fatto che i gesti formali, sempre ma in specie quando a compierli sono alte autorità, sono simboli: parlano anche se tacciono, dicono in un caso come questo, per esempio, che quei dodici ragazzi eletti per caso a rappresentarne altre migliaia, altri milioni, una volta ricevuti al Quirinale – da quell’istante esatto, definitivamente – cessano di essere facinorosi analfabeti irresponsabili estremisti, non possono più essere indicati da chi li teme e li aggredisce come nemici: sono una parte essenziale della nostra società, un interlocutore da rispettare, una voce da ascoltare e alla quale dare risposte.
Ecco adesso, per chi ne avesse avuto bisogno – c’è sempre chi non capisce i gesti simbolici, sono purtroppo in molti, o finge di non capire – le parole in chiaro.
Abbiamo concluso queste righe il giorno di fine anno con l’invito a ripartire dai ragazzi, a guidarli e farsi guidare da loro. Il presidente Napolitano ha usato quasi le stesse parole: investire sui giovani, ha detto, scommettere sui giovani, chiamarli a fare la propria parte e dare loro adeguate opportunità. Sono sicuro – «ho potuto verificarlo in tante occasioni» - che questa sia la strada giusta. La strada giusta, l’unica strada possibile. Se chi governa non saprà dare loro opportunità di lavoro metterà in scacco la democrazia.
Ha esortato i giovani a non cedere alla tentazione della violenza, ha chiesto alla politica, alle istituzioni democratiche di non fingere di non vedere quanto sia grande «l’ansia di non poterci più aspettare nella parte del mondo in cui viviamo un ulteriore avanzamento e progresso di generazione in generazione, come nel passato». Il futuro non è più quello di una volta. Troppa «difficoltà di vita quotidiana in diverse sfere sociali, troppo malessere tra i giovani. Abbiamo bisogno di non nasconderci nessuno dei problemi e delle dure prove da affrontare : proprio per poter suscitare un vasto moto di energie e di volontà, capace di mettere a frutto tradizioni, risorse e potenzialità di cui siamo ricchi». Ecco, non nascondersi i problemi – pratica purtroppo diffusissima tra i demagoghi – per affrontarli. Guardare la realtà negli occhi, nominarla anche quando è terribile, trarre da qui la forza per combatterla.
Ho appena finito di leggere un libro che racconta della battaglia di Paqual Maragall contro l’Alzheimer. Maragall è stato uno degli uomini politici più amati della sua generazione, sindaco di Barcellona olimpica e poi artefice della storica sconfitta della destra catalana alla regione autonoma. Dopo di lui il socialismo catalano è venuto scemando fino a perdere di nuovo.
Dice, nella prefazione scritta di suo pugno, nonostante la malattia: «Non c’è scritto da nessuna parte che questo male sia invincibile. Siamo andati sulla luna e siamo tornati, e però ancora chiudiamo negli ospizi, per mancanza di altre soluzioni, i malati che dovremmo tenere a casa a dormire, a vivere il giorno nel loro quartiere. Le attività, gli spettacoli, lo sport sono quello che serve».
Altre soluzioni. Ricerca scientifica, visione politica, coraggio e costanza. Vale per i vecchi, per i malati, per sani, per i giovani. Danno un documentario su questa storia, si intitola «Bicicletta, cucchiaio, mela». Sono tre parole del test periodico a cui si sottopone chi perde la memoria. Vado a vederlo, ve ne parlerò
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Fonte: Unita.it
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Ecco adesso, per chi ne avesse avuto bisogno – c’è sempre chi non capisce i gesti simbolici, sono purtroppo in molti, o finge di non capire – le parole in chiaro.
Abbiamo concluso queste righe il giorno di fine anno con l’invito a ripartire dai ragazzi, a guidarli e farsi guidare da loro. Il presidente Napolitano ha usato quasi le stesse parole: investire sui giovani, ha detto, scommettere sui giovani, chiamarli a fare la propria parte e dare loro adeguate opportunità. Sono sicuro – «ho potuto verificarlo in tante occasioni» - che questa sia la strada giusta. La strada giusta, l’unica strada possibile. Se chi governa non saprà dare loro opportunità di lavoro metterà in scacco la democrazia.
Ha esortato i giovani a non cedere alla tentazione della violenza, ha chiesto alla politica, alle istituzioni democratiche di non fingere di non vedere quanto sia grande «l’ansia di non poterci più aspettare nella parte del mondo in cui viviamo un ulteriore avanzamento e progresso di generazione in generazione, come nel passato». Il futuro non è più quello di una volta. Troppa «difficoltà di vita quotidiana in diverse sfere sociali, troppo malessere tra i giovani. Abbiamo bisogno di non nasconderci nessuno dei problemi e delle dure prove da affrontare : proprio per poter suscitare un vasto moto di energie e di volontà, capace di mettere a frutto tradizioni, risorse e potenzialità di cui siamo ricchi». Ecco, non nascondersi i problemi – pratica purtroppo diffusissima tra i demagoghi – per affrontarli. Guardare la realtà negli occhi, nominarla anche quando è terribile, trarre da qui la forza per combatterla.
Ho appena finito di leggere un libro che racconta della battaglia di Paqual Maragall contro l’Alzheimer. Maragall è stato uno degli uomini politici più amati della sua generazione, sindaco di Barcellona olimpica e poi artefice della storica sconfitta della destra catalana alla regione autonoma. Dopo di lui il socialismo catalano è venuto scemando fino a perdere di nuovo.
Dice, nella prefazione scritta di suo pugno, nonostante la malattia: «Non c’è scritto da nessuna parte che questo male sia invincibile. Siamo andati sulla luna e siamo tornati, e però ancora chiudiamo negli ospizi, per mancanza di altre soluzioni, i malati che dovremmo tenere a casa a dormire, a vivere il giorno nel loro quartiere. Le attività, gli spettacoli, lo sport sono quello che serve».
Altre soluzioni. Ricerca scientifica, visione politica, coraggio e costanza. Vale per i vecchi, per i malati, per sani, per i giovani. Danno un documentario su questa storia, si intitola «Bicicletta, cucchiaio, mela». Sono tre parole del test periodico a cui si sottopone chi perde la memoria. Vado a vederlo, ve ne parlerò
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