Marco Tronchetti Provera ha vinto il primo set. Il 16 dicembre scorso il consiglio di amministrazione di Telecom ha deciso di non prendere neppure in considerazione l’ipotesi di promuovere un’azione di responsabilità contro l’ex presidente del gruppo. Ma la partita non si è ancora chiusa e non è detto che Tronchetti non venga presto chiamato a rispondere in tribunale dei danni provocati a Telecom da una serie di controverse vicende che hanno segnato gli anni della sua gestione, dal 2001 al 2006. Come, per esempio, la vendita di milioni e milioni di schede sim false, la gigantesca frode fiscale di Telecom Sparkle, i dossieraggi della security guidata da Giuliano Tavaroli. Le possibilità di ottenere un risarcimento da Tronchetti sono ridottissime, ha concluso in sostanza un parere legale richiesto dal gruppo ora guidato da Franco Bernabè. Molti azionisti di Telecom, però, la pensano diversamente. E in questi giorni stanno cercando di organizzarsi. Obiettivo: riunire le forze per raggiungere la soglia del 5 per cento del capitale prevista dalla legge per promuovere l’azione di responsabilità contro gli amministratori.
Tra i soci del gruppo telefonico, infatti, sono presenti in forze molti investitori internazionali: fondi pensione, fondi d’investimento, grandi compagnie d’assicurazione. Poi ci sono i fondi italiani. E anche l’associazione dei piccoli azionisti (che può contare di uno 0,5 per cento circa). La settimana scorsa l’unico consigliere di Telecom a dissociarsi dalla scelta dei suoi colleghi di deporre le armi è stato Luigi Zingales, eletto nel board proprio in rappresentanza dei fondi.
Sulla carta non sembra impossibile raggiungere l’obiettivo del 5 per cento, anche se il tempo a disposizione, in realtà, non è molto. La scadenza è fissata nell’autunno 2011. L’azione di responsabilità infatti si prescrive 5 anni dopo le dimissioni dal consiglio dell’amministratore sotto accusa e Tronchetti ha lasciato la società nel settembre 2006. I contatti tra i soci per costituire un fronte unico sarebbero già partiti, si vedrà nelle prossime settimane se i negoziati approderanno a qualcosa di concreto.
Nel frattempo non va sottovalutato neppure il ruolo del collegio sindacale, a cui di recente ha fatto appello l’associazione dei piccoli azionisti (Asati) perché intervengano per promuovere azioni legali di risarcimento nei confronti della passata gestione. La legge attribuisce ampi poteri di controllo e di intervento ai sindaci, che dalla settimana scorsa dispongono anche della voluminosa relazione redatta dai consulenti della Deloitte sulle vicende controverse della gestione Tronchetti.
L’esame di questa relazione potrebbe far cambiare idea ai componenti dell’organo di controllo. I quali, chiamati in causa anche in passato dai piccoli azionisti, fin qui non si sono mossi. “Non c’è allo stato alcun elemento legale per avviare un’azione di responsabilità”, ha tagliato corto il presidente del collegio sindacale Enrico Bignami all’ultima assemblea dei soci di Telecom, in aprile. Aggiungendo che “se non succederà nulla sarà solo perchè non c’è nulla”. Parole che non suonano esattamente come una dichiarazione di guerra.
Certo è difficile non notare che una parte dei sindaci si trova in una posizione piuttosto imbarazzante. Almeno tre componenti sui cinque che compongono il collegio erano infatti in carica anche ai tempi di Tronchetti. Salvatore Spiniello, Ferdinando Superti Furga e lo stesso presidente Bignami erano stati incaricati di sorvegliare anche la gestione della Telecom targata Pirelli. E quindi, adesso, sarebbero chiamati a denunciare eventuali fatti censurabili che si sarebbero verificati negli anni scorsi, quando proprio loro facevano parte dell’organo di controllo.
Tirando le somme la situazione è la seguente. Il consiglio è zeppo di amministratori in qualche modo amici, legati o riconoscenti a Tronchetti. E il collegio sindacale per tre quinti è composto da professionisti in carica anche nella vecchia gestione. Siamo all’apoteosi del conflitto d’interessi.
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da Il Fatto quotidiano del 23 dicembre 2010
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