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Il pentito Spatuzza: "Chiedo perdono per la morte del piccolo Di Matteo"


"Chiedo perdono alla famiglia del piccolo Giuseppe Di Matteo e a tutta la società civile che abbiamo violentato e oltraggiato". Così, visibilmente commosso, il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, deponendo in videoconferenza al processo per il sequestro e l'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, si è rivolto ai familiari del bambino e alla corte d'assise di Palermo.

"Noi siamo moralmente responsabili della fine di quel bellissimo angelo a cui abbiamo stroncato la vita - ha aggiunto Spatuzza -. Anche se non l'abbiamo ucciso io e i miei coimputati siamo colpevoli del sequestro, ma anche della morte del ragazzino e ne daremo conto, non solo in questa vita, ma anche domani dove troveremo qualcuno ad aspettarci".

Al processo sono imputati, con l'accusa di sequestro di persona e omicidio, oltre a Spatuzza, il capomafia di Brancaccio Giuseppe Graviano, il boss trapanese latitante Matteo Messina denaro e i mafiosi Francesco Giuliano, Luigi Giacalone e Salvatore Benigno. Il dibattimento si svolge davanti alla corte d'assise presieduta da Alfredo Montalto.
Spatuzza, mai indagato per il rapimento, che avvenne ad Altofonte a novembre del 1993, si è autoaccusato di aver partecipato alle prime fasi del sequestro e ha coinvolto Graviano e gli altri imputati consentendo l'apertura del nuovo processo per la vicenda del piccolo Di Matteo. Altri due dibattimenti sono stati celebrati a carico di capimafia e carcerieri.
Giuseppe Di Matteo venne rapito per indurre il padre Santino, pentito, a ritrattare le sue accuse. Dopo circa 3 anni di prigionia venne strangolato e sciolto nell'acido.

Dopo il sequestro, il ragazzino venne portato a Lascari dove il gruppo di fuoco di Spatuzza lo lasciò ai mafiosi che si sarebbero dovuti occupare di nasconderlo. Ma i carcerieri non erano pronti a prenderlo in consegna e dissero a Spatuzza e al boss Cristoforo Cannella di lasciarlo in un Fiorino, legato, in un magazzino a Lascari. "Nacque una discussione con Cannella - così prosegue il racconto di Spatuzza - ma alla fine obbedimmo. Il bambino, intanto, piangeva. Ci chiamò dicendo che doveva andare in bagno. Tornammo indietro per rassicurarlo, ci è uscita fuori quel poco di umanità che ancora avevamo. Gli dicemmo che ci saremmo rivisti l'indomani, invece non lo rivedemmo mai più".

Fonte: Repubblica.it


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