ROMA - Alta tensione nel governo per le uscite stravaganti della Guida libica 1. In subbuglio l'ala cattolica, in imbarazzo gli altri, a partire dai leghisti. Ma visti gli interessi economici in ballo, la parola d'ordine del Cavaliere è "non alzare polveroni". "Le cose serie sono altre, lasciamo perdere il folklore". Ma è evidente che tutti si augurano che il "gradito ospite" se ne riparta senza far troppi danni il prima possibile. Lo stesso Berlusconi, che questa sera offrirà al Colonnello una cena insieme ad altri 800 invitati, ieri si è tenuto lontano dalla Capitale, lasciando che fosse il ministro Franco Frattini ad accollarsi l'arrivo di Gheddafi a Ciampino.
La linea di palazzo Chigi è dunque quella di minimizzare le frasi provocatorie del dittatore libico, cercando di spostare l'attenzione sui vantaggi per l'Italia di una visita comunque difficile da gestire dal punto di vista mediatico. "Le commesse che il governo ha concordato con i libici - spiegano nel governo - hanno aiutato le imprese italiane a fronteggiare la crisi. Gli italiani questo lo capiscono benissimo". Quanto agli eccessi dello scorso anno, gli uomini del premier sono certi che stavolta sarà tutto molto più sobrio: "L'anno scorso si chiudeva un rapporto storico, veniva archiviato il passato coloniale. Un'operazione enorme, che neppure la Francia ha fatto con l'Algeria. E Gheddafi colse l'occasione per calcare un po' i toni, rivolto all'opinione pubblica dei paesi arabi e ai libici che lo seguivano dalla tv a casa. Stavolta è diverso, inoltre la parte ufficiale della visita durerà solo un giorno". C'è tuttavia anche la possibilità che questa sera Gheddafi inviti a sorpresa Berlusconi alle celebrazioni del primo settembre a Tripoli, per l'anniversario della "rivoluzione" (il colpo di stato militare) che rovesciò re Idris. A quel punto il premier non potrebbe sottrarsi, specie se l'invito sarà formulato in pubblico.
Ma la curvatura "islamica" che il Colonnello ha voluto dare alla sua visita mette a disagio i cattolici e rischia di creare qualche tensione con il Vaticano. Un rapporto, quello tra il governo e la Chiesa, che Gianni Letta cura da vicino, tanto da aver partecipato alla "Perdonanza" all'Aquila nonostante le contestazioni annunciate dei terremotati. Dal caso "Boffo" dello scorso anno quel fronte è sempre in cima alle preoccupazioni di palazzo Chigi e la predicazione coranica del Colonnello, nel cuore della città di San Pietro, scopre un nervo sensibile. Di fatti, nonostante la consegna del silenzio, gli esponenti del Pdl più vicini al mondo cattolico scalpitano. "Quello che più mi preoccupa - spiega Maurizio Lupi, reduce dal Meeting di Cl - è che ci stiamo abituando a questi show di Gheddafi, tanto che queste stupidaggini sull'Islam passano quasi in secondo piano. Bisognerebbe ricordargli che proprio la generosa accoglienza nei suoi confronti testimonia tutta la grandezza della cultura cristiana che è alla base dell'identità europea". Insomma, conclude il vicepresidente della Camera, "Gheddafi può dire quello che vuole, il governo non è in imbarazzo. Ma noi però possiamo anche giudicarlo e sarebbe bene che le sue prediche le andasse a fare da un'altra parte". Anche il sottosegretario Carlo Giovanardi mastica amaro: "Mentre Gheddafi può venire a dire a Roma quello che vuole, il Papa non può andare a Tripoli o in Arabia Saudita a fare altrettanto. È sgradevole". Giovanardi tuttavia fa una tara sulle uscite "folkloristiche" del leader libico: "Ha atteggiamenti stravaganti, ma anche il nostro benamato presidente Cossiga diceva ogni tanto cose che scandalizzavano".
C'è infine il problema della Lega Nord. Il corpaccione del Carroccio vorrebbe reagire e, come al solito, è il sulfureo Borghezio a dare voce al sentimento prevalente nella base lumbard. Se per Roberto Calderoli, visto il tragico precedente della t-shirt con le vignette su Maometto, il silenzio è comprensibile, a consigliare prudenza agli alti papaveri del Carroccio è invece la questione immigrazione. "Grazie ai libici - spiega una fonte - Maroni ha potuto bloccare gli sbarchi dei clandestini sulle coste italiane. Se li facciano arrabbiare quelli aprono i campi e si ricomincia con i gommoni nel canale di Sicilia". Insomma, la realpolitik, per una volta, impone anche ai leghisti di baciare il rospo e augurarsi che riparta in fretta.
Fonte: Repubblica.it
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