Secondo calcoli de La Stampa, il nome di Maurizio Gasparri compare nell’archivio dell’Ansa 16.460 volte nel titolo e 32.905 nel testo. Dal che si deduce che mestiere ingrato è quello del redattore dell’Ansa. Ingrato e usurante. Bisogna tenersi sempre pronti, h24, perché a ogni ora del giorno e della notte, senza soluzione di continuità, grandinano gasparrate e ci vuole un addetto, una specie di badante, pronto a raccoglierle e a rilanciarle in tempo reale. Questo maratoneta dell’esternazione, che ha sempre una parola inutile o sbagliata su ogni argomento dello scibile umano, è un fenomeno della natura. Un altro, sottoposto a cotanto sforzo, manifesterebbe sintomi più che comprensibili, quali secchezza delle fauci, salivazione azzerata, deficit respiratori, asincronicità fra la lingua e l’eventuale cervello. Lui no. Diversamente dalle pizzerie, che ogni tanto chiudono per riposo settimanale, non si ferma mai. Pare che, per un difetto congenito dovuto all’avarizia di madre natura, non riesca a chiudere la bocca, infatti non c’è fotografia che gliela immortali serrata, o quantomeno socchiusa. Avendola sempre aperta, deve pur farne uscire qualcosa. Totò diceva: “Quando vedo un buco, io entro”. Lui, invece, emette. Flatula. La sua voce, visto l’abuso che ne fa il titolare, è ormai per le famiglie italiane un rumore di fondo, un ronzio indistinto che promana non-stop a reti unificate. Solo di tanto in tanto, quando qualcuno si sofferma a distinguere le parole, ci si rende conto di quel che riesce a dire. Il che accade specialmente quando le vuvuzelas gasparriane tracimano oltre i confini patrii e fanno danni all’estero. Tipo quando il nostro salutò l’elezione di Obama: “Con Obama alla Casa Bianca, al Qaeda è più contenta”. Notevole anche l’omaggio alla cultura: “Meglio Mike Bongiorno, senatore a vita che Mario Luzi, della cui nomina mi vergogno”. Indimenticabile il tributo a uno dei più noti giornalisti italiani: “Biagi è come il confetto Falqui”. Celebre il suo contributo alle pari opportunità: “La presenza di gay travestiti in tv danneggia l’immagine della categoria”. A questo proposito, dopo il caso Marrazzo si scatenò la caccia a un altro politico frequentatore di trans (graziosamente ribattezzato nell’ambiente “chiappe d'oro”): Gasparri saltò su all’improvviso e tenne a far sapere al Giornale che circolavano “voci di uno squallore vergognoso” sul suo conto. Tutto per uno spiacevole equivoco: nel ‘96 l’ex ministro stava recandosi al circolo del Polo ai Parioli per una serata con moglie e amici, quando inspiegabilmente, solo alla guida della sua auto, “sbagliò strada e fu fermato dai carabinieri in una zona dove i transessuali sono soliti prostituirsi, tra i viali dell’Acqua Acetosa. I carabinieri, insospettiti dall’andatura a singhiozzo, lo fecero accostare. Ma lui procedeva a singhiozzo perchè stava cercando il circolo del Polo”, che avevate capito. L’altro giorno Gasparri ha voluto contribuire alla serenità del clima politico proponendo “un nuovo 7 aprile: mi riferisco al giorno del 1978 in cui furono arrestati tanti capi dell’estrema sinistra collusi con il terrorismo. Qui serve una vasta e decisa azione preventiva”. A parte il fatto che il 7 aprile della retata nell’Autonomia è quello del 1979, al Gasparri sfugge che allora furono arrestate persone accusate di reati già commessi, non ancora da commettere. Ma queste sono sottigliezze troppo fini per un Gasparri. Che infatti, l’indomani, ha invitato i genitori a tenere i figli a casa perché “le manifestazioni sono frequentate da potenziali assassini”. Cioè: lui, come Giovanna d’Arco, sente le voci; queste gli annunciano che Tizio ammazzerà qualcuno; ergo Tizio va subito arrestato. Se poi Tizio non aveva alcuna intenzione di ammazzare, pazienza: conta il pensiero (di Gasparri). Teoria interessante, soprattutto per gli sviluppi cui si presta. Siccome il Gasparri, da un momento all’altro, potrebbe sparare una cazzata, chiudiamolo in casa a vita: così, se poi ne spara una, nessuno lo sente.
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