L’annuncio del mancato rinnovo del decreto Pisanu al 31 dicembre è stato accolto da grida di giubilo da parte della politica, ma per il mondo di Internet si tratta di tanto rumore per nulla. Almeno fino all’approvazione del nuovo testo di legge.
In vigore dal 2005 a seguito degli attentati nella metropolitana di Londra, il decreto Pisanu era stato adottato come misura antiterrorismo e nel suo articolo 7, oggetto delle limitazioni sul wi-fi, prevedeva l’identificazione degli utenti negli internet point e nei locali commerciali, come bar e ristoranti, obbligati anche a conservare un registro di chi si fosse collegato. Una trafila burocratica che ha sbarrato la strada allo sviluppo della rete a cui gli esercenti, viste le difficoltà, rinunciavano sopraffatti dalle montagne di carta. Con la liberalizzazione (che tale però non sarà) annunciata da Roberto Maroni, i gestori non dovranno più chiedere l’autorizzazione per concedere il servizio. Ma di certo la necessità di sicurezza non cederà il passo alla navigazione libera: infatti gli Interni insieme ai ministri Paolo Romani e Renato Brunetta, stanno pensando a un disegno di legge per trovare misure alternative per tracciare l’identità di chi si connette a una rete pubblica. Secondo Massimo Mantellini, blogger ed esperto di tecnologie, il decreto che ci attende sarà solo una restyling sotto mentite spoglie. “In sostanza non cambia nulla perché stanno già pensando ad altri metodi di identificazione. La vera liberalizzazione sarebbe se, come nel resto del mondo, non si tenesse nota di chi accede alla rete, con i dovuti e relativi limiti di controllo e di sicurezza, specie se legati a particolari modelli di business. La verità è che si vuole mantenere l’impianto che aveva dato origine al Pisanu, che è semplicemente una richiesta di controllo”. E a fronte del silenzio sull’abrogazione esplicita del decreto, l’esperto di diritto telematico e blogger del fattoquotidiano.it Guido Scorza spiega: “Il ministro dimentica che l’unico comma che aveva necessità di essere prorogato di anno in anno era il primo. Quello che obbliga gli internet point a chiedere l’autorizzazione in questura”. Gli altri punti della legge, quelli che parlano di identificazione sono “a tempo indeterminato. E per essere cancellati hanno bisogno di un abrogazione esplicita”.
Nessuna ombra e ovazioni bipartisan, al contrario, nel mondo della politica. Per la maggioranza le dichiarazioni di Maroni sono l’approdo ufficiale alla Rete libera, mentre l’opposizione accoglie con favore i propositi del governo. “Il wi-fi libero? E’ una promessa mantenuta, non un decreto Pisanu camuffato: il governo ha mantenuto la parola e ha deciso di abolire la burocrazia cartacea relativa all’identificazione degli utenti”, spiega Antonio Palmieri, responsabile Web del Popolo della Libertà. “Non ho ancora visto il testo che è al vaglio degli esperti”, prosegue Palmieri, “ma l’uso della carta di identità è superato. Siamo alla ricerca di sistemi moderni e tecnologici che permettano di individuare il dispositivo in caso di reati di pedofilia e terrorismo”. Il piano B di nei progetti del governo non prevede più la fotocopia del documento di identità ma la sim card, che tuttavia taglia fuori, ad esempio, i turisti. Quelli insomma che più di altri avrebbero bisogno di usare hot spot e connessioni libere. “Quello della sim è solo un passaggio di transizione, poi troveremo una via anche per gli stranieri. Ciò che importa è ridurre a impatto zero il cartaceo”. Quale sia poi il mezzo è ancora un mistero. E non è chiaro se gli esercenti dovranno mantenere il registro degli accessi.
Fiducioso delle prospettive di liberalizzazione è anche Paolo Gentiloni del Partito Democratico che insieme a Luca Barbareschi (Futuro e Libertà), a Linda Lanzillotta (Api), Udc e Italia dei Valori aveva presentato una proposta di legge bipartisan per l’abolizione dell’articolo 7: “Maroni ha emesso un comunicato con la promessa di non reiterare il decreto Pisanu e ha avvisato che è in corso la preparazione di un decreto ad hoc che non sarà più limitante rispetto a Internet. Sono soddisfatto delle promesse ma voglio vedere il testo. So che il governo sembrava orientato a introdurre un regime diverso per l’accesso pubblico e gli esercenti, tuttavia Maroni ha rinviato la comunicazione per approfondimenti tecnici. Se la promessa verrà mantenuta saremo i primi a rimettere nel cassetto la proposta abrogativa. Per ora la teniamo in piedi”. Certo, l’identificazione rimarrà il principio cardine per l’uso del wi-fi anche con l’abrogazione dell’articolo 7. “E’ un bene che comunque avvenga senza richiedere alcun particolare adempimento da parte dell’utente con l’uso, ad esempio, della sim. Ed era ora di abolirlo: anche secondo lo stesso Pisanu, il bilancio di questi anni non ne ha dimostrato l’efficacia nella lotta al terrorismo e lui stesso sarebbe il primo ad opporsi alla sua proroga. In più ha solo creato caos sulla possibilità del wi-fi”. Eppure anche il centrosinistra di Giuliano Amato era stato complice della sua proroga nel 2007 perché, secondo le valutazioni dei tecnici di allora, “non era ancora chiara la sua inutilità”, conclude Gentiloni. Oggi questo è stato appurato visto che i dati raccolti negli internet point e con il blocco del wi-fi non si sono rivelati dirimenti nella lotta al terrorismo. Eppure l’identificazione in Rete, per la politica nostrana, rimane il leit motiv di qualsiasi riforma che riguarda Internet.
Fonte: Il FQ
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In vigore dal 2005 a seguito degli attentati nella metropolitana di Londra, il decreto Pisanu era stato adottato come misura antiterrorismo e nel suo articolo 7, oggetto delle limitazioni sul wi-fi, prevedeva l’identificazione degli utenti negli internet point e nei locali commerciali, come bar e ristoranti, obbligati anche a conservare un registro di chi si fosse collegato. Una trafila burocratica che ha sbarrato la strada allo sviluppo della rete a cui gli esercenti, viste le difficoltà, rinunciavano sopraffatti dalle montagne di carta. Con la liberalizzazione (che tale però non sarà) annunciata da Roberto Maroni, i gestori non dovranno più chiedere l’autorizzazione per concedere il servizio. Ma di certo la necessità di sicurezza non cederà il passo alla navigazione libera: infatti gli Interni insieme ai ministri Paolo Romani e Renato Brunetta, stanno pensando a un disegno di legge per trovare misure alternative per tracciare l’identità di chi si connette a una rete pubblica. Secondo Massimo Mantellini, blogger ed esperto di tecnologie, il decreto che ci attende sarà solo una restyling sotto mentite spoglie. “In sostanza non cambia nulla perché stanno già pensando ad altri metodi di identificazione. La vera liberalizzazione sarebbe se, come nel resto del mondo, non si tenesse nota di chi accede alla rete, con i dovuti e relativi limiti di controllo e di sicurezza, specie se legati a particolari modelli di business. La verità è che si vuole mantenere l’impianto che aveva dato origine al Pisanu, che è semplicemente una richiesta di controllo”. E a fronte del silenzio sull’abrogazione esplicita del decreto, l’esperto di diritto telematico e blogger del fattoquotidiano.it Guido Scorza spiega: “Il ministro dimentica che l’unico comma che aveva necessità di essere prorogato di anno in anno era il primo. Quello che obbliga gli internet point a chiedere l’autorizzazione in questura”. Gli altri punti della legge, quelli che parlano di identificazione sono “a tempo indeterminato. E per essere cancellati hanno bisogno di un abrogazione esplicita”.
Nessuna ombra e ovazioni bipartisan, al contrario, nel mondo della politica. Per la maggioranza le dichiarazioni di Maroni sono l’approdo ufficiale alla Rete libera, mentre l’opposizione accoglie con favore i propositi del governo. “Il wi-fi libero? E’ una promessa mantenuta, non un decreto Pisanu camuffato: il governo ha mantenuto la parola e ha deciso di abolire la burocrazia cartacea relativa all’identificazione degli utenti”, spiega Antonio Palmieri, responsabile Web del Popolo della Libertà. “Non ho ancora visto il testo che è al vaglio degli esperti”, prosegue Palmieri, “ma l’uso della carta di identità è superato. Siamo alla ricerca di sistemi moderni e tecnologici che permettano di individuare il dispositivo in caso di reati di pedofilia e terrorismo”. Il piano B di nei progetti del governo non prevede più la fotocopia del documento di identità ma la sim card, che tuttavia taglia fuori, ad esempio, i turisti. Quelli insomma che più di altri avrebbero bisogno di usare hot spot e connessioni libere. “Quello della sim è solo un passaggio di transizione, poi troveremo una via anche per gli stranieri. Ciò che importa è ridurre a impatto zero il cartaceo”. Quale sia poi il mezzo è ancora un mistero. E non è chiaro se gli esercenti dovranno mantenere il registro degli accessi.
Fiducioso delle prospettive di liberalizzazione è anche Paolo Gentiloni del Partito Democratico che insieme a Luca Barbareschi (Futuro e Libertà), a Linda Lanzillotta (Api), Udc e Italia dei Valori aveva presentato una proposta di legge bipartisan per l’abolizione dell’articolo 7: “Maroni ha emesso un comunicato con la promessa di non reiterare il decreto Pisanu e ha avvisato che è in corso la preparazione di un decreto ad hoc che non sarà più limitante rispetto a Internet. Sono soddisfatto delle promesse ma voglio vedere il testo. So che il governo sembrava orientato a introdurre un regime diverso per l’accesso pubblico e gli esercenti, tuttavia Maroni ha rinviato la comunicazione per approfondimenti tecnici. Se la promessa verrà mantenuta saremo i primi a rimettere nel cassetto la proposta abrogativa. Per ora la teniamo in piedi”. Certo, l’identificazione rimarrà il principio cardine per l’uso del wi-fi anche con l’abrogazione dell’articolo 7. “E’ un bene che comunque avvenga senza richiedere alcun particolare adempimento da parte dell’utente con l’uso, ad esempio, della sim. Ed era ora di abolirlo: anche secondo lo stesso Pisanu, il bilancio di questi anni non ne ha dimostrato l’efficacia nella lotta al terrorismo e lui stesso sarebbe il primo ad opporsi alla sua proroga. In più ha solo creato caos sulla possibilità del wi-fi”. Eppure anche il centrosinistra di Giuliano Amato era stato complice della sua proroga nel 2007 perché, secondo le valutazioni dei tecnici di allora, “non era ancora chiara la sua inutilità”, conclude Gentiloni. Oggi questo è stato appurato visto che i dati raccolti negli internet point e con il blocco del wi-fi non si sono rivelati dirimenti nella lotta al terrorismo. Eppure l’identificazione in Rete, per la politica nostrana, rimane il leit motiv di qualsiasi riforma che riguarda Internet.
Fonte: Il FQ
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