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Pm deboli e Guardasigilli forte. Giustizia, ecco il testo Alfano


I lavori sono ancora in corso ma il ministro Angelino Alfano ha le idee molto chiare sul testo definitivo della riforma della Giustizia. Talmente chiare che Alfano ha già presentato in visione una bozza quasi definitiva al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ai presidenti delle Camere e al Vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Michele Vietti.

Di cose, con la riforma, ne cambiano eccome. Il punto nodale è la separazione delle carriere che comporta un cambiamento (di fatto un ridimensionamento del ruolo dei pm). Alfano, nel testo, punta sulla sostanziale continuità della sua riforma con quella stesa durante la bicamerale di Massimo D’Alema, quella miseramente naufragata. Un modo per dire, tra le righe, che la volontà di cambiare, un tempo, era anche della sinistra.

Saranno quindi separate le carriere di giudici e pubblici ministeri con i primi che restano, come recita la Costituzione, un “potere” dello Stato; quello dei pm diventa invece un ufficio regolato dalle leggi dell’ordinamento giudiziario”. E i limiti non mancano. Nel testo, per esempio, si legge che ”l’ufficio del pm resta titolare dell’azione penale, ma dovrà esercitarla secondo le priorità indicate dalla legge” e che “anche la disponibilità della polizia giudiziaria sarà rimessa alle modalità stabilite dalla legge”. Rispetto ad oggi, con la polizia giudiziaria che dipende dai pm, cambia tutto o quasi. Con il testo Alfano i margini operativi della polizia, invece, si dilatano.

Confermato anche lo sdoppiamento dei Csm, entrambi presieduti dal presidente della Repubblica. Quanto alla composizione non è ancora chiaro se i giudici ne eleggeranno un terzo o la metà. In ogni caso non la maggioranza. I Csm, si legge nel testo, “continueranno a occuparsi delle assunzioni, dei trasferimenti, delle promozioni”.Stretta anche sulla possibilità di esprimere pareri sulle leggi:”Sarà regolamentata l’emanazione di pareri sui ddl, che i Consigli potranno esprimere solo quando ne venga fatta formale richiesta dal ministro della Giustizia”. Sempre il ministro potrà prendere parte alle sedute e proporre questioni. Per Alfano “si colma una lacuna obiettiva della Carta che, non indicando limiti, consente l’esercizio di ampie funzioni para normative e di indirizzo generale che assumono talvolta natura politica e determinano conflitti con gli altri poteri dello Stato”. Il Csm perde anche la sezione disciplinare, che diventa un’Alta Corte comune per tutte le magistrature.

Aumentano, con la riforma, i poteri del ministro della Giustizia. Oltre a riferire, come è prassi, alle Camere sullo stato della Giustizia, il Guardasigilli “potrà presentare proposte e richieste” al Csm. Verrà poi “costituzionalizzata la sua funzione ispettiva”. Sempre il ministro, infine, “concorrerà alla formazione dei giudici e dei pm”.

Le modifiche non finiscono qua. Ritorna il principio di inappellabilità della Legge Pecorella, quello che stabilisce un’asimmetria tra pm e imputato. Se quest’ultimo perde in primo grado avrà diritto a presentare appello, facoltà non riconosciuta ai pm. C’è poi spazio per la responsabilità dei magistrati, il principio secondo cui saranno chiamati a rispondere in sede civile dei loro errori. Via libera anche alla possibilità di trasferire i magistrati qualora “esigenze eccezionali lo richiedano”.

Nel testo, infine, trova spazio anche una suggestione leghista, quella dei pm eletti dal popolo. Negli Usa è prassi. Il tutto in un modello completamente diverso dal nostro. Per ora il testo parla solo di “nomina elettiva di magistrati onorari per la funzione di pm”. L’inizio di una trasformazione più grande?

Fonte: Blitzquotidiano.it

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