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Fuori i politici dal csm - Di Marco Travaglio

Tra pochi giorni defungerà il peggior Consiglio superiore della magistratura della recente storia italiana. Quello che, salvo rare eccezioni, anziché fare pulizia del marciume che infesta il potere giudiziario, ha assecondato le cricche e le lobby, le vecchie P2 e le nuove P3, eliminando magistrati che avevano osato sfiorare o toccare in santuari intoccabili del potere. Che cioè, magari con qualche errore umano, avevano interpretato fino in fondo la Costituzione repubblicana. Come la Forleo, De Magistris, i pm salernitani Apicella, Nuzzi e Verasani. Ora sta per insediarsi il nuovo Csm: i membri “togati” sono stati appena eletti dai magistrati, mentre gli otto “laici” attendono che il Parlamento si decida a nominarli. Ieri, molto opportunamente, il presidente della Repubblica (e del Csm) ha invitato le Camere a spicciarsi e il Csm morente ad astenersi dall’occuparsi dello scandalo della P3. Sarebbe curioso se, a rimediare allo scandalo, fossero attuali consiglieri che s’intrattenevano al telefono o al bar col geometra irpino Pasqualino Lombardi e altri pitreisti. È semplicemente incredibile che il vicepresidente (fortunatamente uscente) Nicola Mancino dichiari alla Stampa che, sì, Pasqualino gli fece pressioni dirette e indirette perché votasse Alfonso Marra a capo della Corte d’Appello di Milano, ma lui non le ascoltò. Poi però votò proprio per Marra, pur sapendo che quei faccendieri si stavano mobilitando per lui.

E si guardò bene dal denunciare quel che facevano, pur avendo rivisto il geometra Pasqualino addirittura all’inaugurazione dell’anno giudiziario e avendo pensato che l’avesse invitato l’altro amico, Vincenzo Carbone, primo presidente della Cassazione. Lo scandalo ricorda un altro momento buio della storia del Csm, quando “qualche giuda” – come disse Paolo Borsellino – tradì Giovanni Falcone e propiziò l’avvento di Antonino Meli alla guida dell’Ufficio istruzione di Palermo, che ne uscì smantellato. Montanelli scrisse più volte che, per essere un organo di autogoverno e non di eterogoverno, il Csm dovrebbe essere formato interamente da magistrati. Occorrerebbe una riforma costituzionale, per cacciarne i politici. Ma, per riscoprire il significato vero della composizione mista voluta dai padri costituenti, si potrebbe tornare a nominare come membri laici personalità di provata indipendenza, pescandole nel mondo del diritto, non della politica attiva. Il Csm non è un ufficio di collocamento per politici trombati: per restituirgli un minimo di prestigio e autorevolezza è ora che i partiti facciano un lunghissimo passo indietro. Inutile attenderselo da B. Ma potrebbero cominciare i partiti di opposizione e i finiani, nominando a Palazzo dei Marescialli figure che non abbiano mai ricoperto cariche elettive, governative, partitiche. Tutto il contrario dei nomi che si leggono sui giornali. L’Idv penserebbe all’avvocato Ligotti, persona degnissima, ma in questo momento un parlamentare ed ex sottosegretario di Prodi non è quel che ci vuole. Il Pd avrebbe in serbo l’avvocato Guido Calvi, già senatore nonché difensore di D’Alema e di un bel po’ di esponenti del Pd inquisiti negli ultimi anni; l’ex ministro Mattarella; l’ex ministro avvocato Flick; l’ex senatore Fanfani; e addirittura l’avvocato Petrucci, difensore di Piero Marrazzo.

Ma diamo i numeri? I finiani spingerebbero l’avvocato Nino Lo Presti, deputato da varie legislature. Idem come sopra. L’Udc, con la solita faccia di tolla, candida Michele Vietti, deputato dalla notte dei tempi e sottosegretario alla Giustizia del governo Berlusconi-2 in cui svettò come coautore della legge vergogna che di fatto ha depenalizzato il falso in bilancio, e pare che il Pd sia pronto a votarlo addirittura come vicepresidente al posto di Mancino, magari per aiutare Casini a resistere alle sirene berlusconiane in casa Vespa. Che cos’è, uno scherzo? Forse un appello (pardon, un monito) di Napolitano ai partiti perché tengano giù le zampe dal Csm sarebbe quantomai opportuno.

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