MILANO - "Mi dimetto da ministro". Aldo Brancher 1 ufficializza la decisione "irrevocabile" al tribunale di Milano, con conseguente rinuncia al legittimo impedimento, e chiede di essere giudicato con rito abbreviato, celebrato a porte chiuse, senza testimoni e solo su prove documentali e dà diritto a uno sconto di un terzo della pena.
In una nota diffusa dopo l'annuncio, il premier Silvio Berlusconi afferma di aver "condiviso con Aldo Brancher la decisione". "La volontà di evitare il trascinarsi di polemiche ingiuste e strumentali - aggiunge il premier -, dimostra ancora una volta la sua volontà di operare esclusivamente per il bene del Paese e non già per interessi personali". "Sono certo - conclude Berlusconi - che superato questo momento l'on. Brancher potrà, come sempre, offrire il suo fattivo contributo all'operato del Governo e alla coalizione".
La resa di Aldo Brancher arriva in una dichiarazione spontanea resa in aula al processo sul tentativo di scalata ad Antonveneta, che lo vede imputato insieme alla moglie per appropriazione indebita e ricettazione in relazione a somme pari a circa 1 milione di euro ricevute da Giampiero Fiorani durante il tentativo di scalata all'Antonveneta. L'ormai ex ministro per l'attuazione del federalismo è arrivato in tribunale affiancato dai suoi legali e ha preso posto per l'udienza guidata dal giudice monocratico Annamaria Gatto.
Nella dichiarazione spontanea, Brancher ha spiegato i motivi per i quali ha voluto rinunciare al legittimo impedimento "affinché finiscano strumentalizzazioni e speculazioni" e al giudice Gatto ha "anticipato la mia decisione di dimettermi da ministro". "La mia presenza è un segno di rispetto per il tribunale. Sono qui a difendere la mia innocenza" ha concluso Brancher, che al termine dell'udienza ha lasciato il tribunale da una porta laterale, senza incontrare i cronisti e senza rilasciare dichiarazioni.
Confermate, dunque, le voci sulle prossime dimissioni 2 del ministro a seguito di un incontro chiarificatore con Silvio Berlusconi 3. Il sacrificio del ministro come primo atto di un riordino nel Pdl, che il premier aveva annunciato la settimana scorsa. Ma anche per rafforzare il rapporto con la Lega, irritata dalla nomina in giugno di un ministro senza portafogli dedicato alla riforma a lei più cara, il federalismo.
Cinque giorni dopo la nomina, Brancher, in qualità di ministro, aveva quindi presentato istanza di legittimo impedimento al processo Antonveneta. Immediate le polemiche, fino alla dura nota del presidente Napolitano 4: per il Quirinale, Brancher non ha legittimi impedimenti perché un ministero senza portafoglio non ha nulla da organizzare. Giallo, poi, sulle deleghe 5: mai pubblicate in gazzetta ufficiale.
Al processo sulla scalata all'Antonveneta, Aldo Brancher e la moglie Luana Maniezzo sono imputati per 420mila euro di appropriazione indebita, incassati tra il dicembre e il novembre del 2003 grazie a plusvalenze su azioni Tim e Autostrade che, stando all'accusa, vennero manovrate dai vertici della Popolare di Lodi per favorire la coppia. Altri 600mila euro, per cui è stata contestata la ricettazione, erano divisi in diversi versamenti: i primi 100mila consegnati in contanti da Donato Patrini, collaboratore di Gianpiero Fiorani, presso l'autogrill di San Donato milanese nel 2001; una seconda tranche di 100mila euro in contanti consegnata nel 2004 a Lodi nell'ufficio di Fiorani; altri 100mila ricevuti a Roma nel gennaio del 2005 dopo la bocciatura del decreto sul risparmio presso l'ufficio di Brancher, al ministero del Welfare; infine, altri 200mila euro consegnati ancora nell'ufficio di Fiorani a Lodi, nel marzo dello stesso anno.
Bocchino: "Berlusconi ascolta Fini". "Chapeau a Brancher, che ha sgombrato il campo dagli equivoci e favorito la soluzione di uno dei problemi più spinosi interni al Pdl". Così Italo Bocchino commenta le dimissioni da ministro e la rinuncia al legittimo impedimento di Aldo Brancher. "Ci fa piacere aver avuto ragione - spiega Bocchino - difendendo in maniera pignola il principio di legalità che non può essere offuscato dal sospetto di una nomina vera a sottrarre l'imputato dal suo giudice naturale. Il primo atto del 'ghe pensi mi' berlusconiano va incontro alle nostre richieste e siamo fiduciosi che lo stesso accadrà su intercettazioni, manovra e vita interna del Pdl".
Matteoli: "Finirà fuoco amico e nemico". Con le dimissioni di Brancher "finiranno le strumentalizzazioni fatte su questa nomina. Fibrillazioni nella maggioranza? Non c'è più il contendere della polemica, sia per quanto riguarda il fuoco nemico sia per quanto riguarda il fuoco amico". E' il commento del ministro delle Infrastrutture e trasporti Altero Matteoli.
Franceschini e Donadi: "Vittoria delle opposizioni". Pd e Idv concordi. "Le dimissioni del ministro Brancher sono una vittoria del Pd e dell'opposizione" afferma Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera, che rileva: "Penso che questa volta Berlusconi non possa ripetere la sceneggiata delle dimissioni respinte: il voto di giovedì fa troppa paura". Per Massimo Donadi, capogruppo dei deputati Idv, è "una lezione per chi sta all'opposizione solo a parole e non muove un dito se non ha la garanzia di vincere".
Orlando: "Resta progetto eversivo del governo". Il portavoce nazionale di Idv, Leoluca Orlando, in una nota, sottolinea come le dimissioni fossero un passo obbligato per Brancher di fronte "all'indignazione dell'opinione pubblica, le critiche dell'opposizione e quelle del capo dello Stato". "Resta - conclude Orlando -, nella storia negativa di questa Repubblica, un altro gravissimo episodio a conferma di un progetto oggettivamente eversivo dell'attuale governo".
Cesa: "Governo si concentri sulla manovra". Con le dimissioni di Brancher "si chiude una vicenda kafkiana, nata male e proseguita peggio, in cui è emersa tutta la confusione presente all'interno del governo e della maggioranza". E' il commento di Lorenzo Cesa, segretario dell'Udc, che invita l'esecutivo a concentrarsi "sulla manovra e a dare risposte serie contro la crisi che investe famiglie e imprese".
Bonino: "Incalzare il governo, non Napolitano". Più che commentare la decisione di Brancher, Emma Bonino preferisce rivolgere un richiamo a Enrico Letta del Pd, che ieri aveva chiesto le dimissioni dell'intero governo sollecitando l'intervento del capo dello Stato 6. "Ci sono problemi politici molto gravi all'interno di una maggioranza dilaniata dalle lotte di successione a Berlusconi e a Bossi - dice il vicepresidente del Senato -. Ma questa situazione, che ha portato Berlusconi ad occupare i tg per dire 'ora ci penso io', non cancella il fatto che questi signori hanno la responsabilità di governare il paese. L'opposizione deve incalzare il governo sulle proprie responsabilità, e non fare appelli al Quirinale del tutto fuori luogo".
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Ma quanto ci è costato questo ministro fantasma?