Sempre secondo La Stampa, il Colle prevede che anche questa firma verrà deglutita senza nemmeno un ruttino dal Pd e pazienza per “le prevedibili proteste di dipietristi ed estrema sinistra”. Gentaglia. Avevamo dunque ragione a temere che la mancata firma al ddl sul lavoro fosse un contentino ai critici (piuttosto sparuti) del Quirinale in vista della trionfale promulgazione del cosiddetto legittimo impedimento. Cioè della norma ad personam (la numero 38 dell’Era Berlusconiana) che consente al premier e ai suoi ministri di scampare legalmente ai processi senza il fastidio di doversi inventare di volta in volta una scusa. Il tutto per 18 mesi, in attesa della soluzione finale: il lodo Alfano-bis o il ritorno all’impunità parlamentare. Ormai, fra il presidente e il premier, s’è instaurato un gioco di squadra ben collaudato: il primo può permettersi qualche scherzetto sulle leggi vergogna che non interessano il secondo, ma su quelle che lo riguardano non si scherza: si firmano e basta.
Ogni dibattito sull’incostituzionalità di questa o quella norma è superato: respingendo il ddl sul lavoro per l’“estrema eterogeneità, complessità eproblematicità di alcune disposizioni”, Napolitano ha confermato che l’art. 74 della Costituzione gli consente di rimandare indietro le leggi che non condivide, a prescindere dalla loro incostituzionalità. Da ieri sappiamo che il legittimo impedimento gli è piaciuto un sacco. E pazienza se è manifestamente incostituzionale. Non lo diciamo noi: l’ha detto la Consulta in due sentenze del 2001 e del 2008. La prima, a proposito degli impedimenti parlamentari accampati da Previti nei processi “toghe sporche”, stabilì che “l’esigenza di celebrare i processi in tempi ragionevoli e quella di assicurare un corretto assolvimento dei compiti istituzionali hanno pari rango costituzionale” e spetta al giudice, non certo all’imputato, assicurare un giusto bilanciamento fra le due istanze. La seconda, bocciando il lodo Alfano, definiva “irragionevole e sproporzionata” la “presunzione legale assoluta di legittimo impedimento” dovuta esclusivamente dalla carica ricoperta: gli impedimenti valgono “solo per lo stretto necessario”, “senza meccanismi automatici e generali”, tantopiù che la deroga al principio d’eguaglianza era imposta con legge ordinaria.
Inoltre, in barba al precetto costituzionale che vuole i giudici “soggetti soltanto alla legge”, il legittimo impedimento li assoggetta alle circolari di un funzionario di Palazzo Chigi che comunicherà insindacabilmente ai tribunali, di sei mesi in sei mesi, l’impossibilità del premier e dei ministri a comparire (il che fa prevedere che presto Bertolaso e Cosentino diverranno ministri). Lo stesso difensore di Berlusconi, on. avv. Piero Longo, ha ammesso che “il legittimo impedimento finirà certamente davanti alla Corte”. Dunque lo sa anche il presidente di aver firmato una legge incostituzionale. Dunque siamo autorizzati a chiamarla “legge Berlusconi-Napolitano” e a non sentirci più rappresentati dal presidente della Repubblica dei Partiti.
Fonte: Il Fatto Quptidiano dell' 8 aprile in edicola
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