Ora è quasi tutto chiaro. Grazie a un’intera pagina del Corriere di domenica, con sigla “f. de b.” che i decrittatori ufficiali traducono Ferruccio de Bortoli, conosciamo finalmente la versione ufficiale che il Quirinale ha fatto felpatamente trapelare, distillando indiscrezioni fattuali e umorali, sulla nomina di Aldo Brancher a ministro di Nonsisache. Due settimane fa Gianni Letta – che, come diceva Fortebraccio, sembra sempre sua sorella – telefona al capo dello Stato per annunciargli un nuovo ministro. Non dello Sviluppo economico (dicastero vacante da tre mesi dopo le dimissioni di Scajola, l’uomo che vive a sua insaputa), bensì del Federalismo. Ohibò, esclama Napolitano, che subito chiama B. per avere lumi. “La telefonata non è cordiale”, insufflano i ventriloqui quirinalizi a “f. de b.”. Dev’esserci scappato qualche “perdindirindina”. Il Banana impapocchia una supercazzola sui rapporti Pdl-Lega, l’agricoltura, la rava e soprattutto la fava. Poi promette di mandargli subito le deleghe riservate all’insostituibile Brancher. Ma il testo è un’altra supercazzola, che il Presidente definisce temerariamente “un pastrocchio”, addirittura “una pagliacciata”, “un gioco delle tre carte”, e “f. de b.” tace per carità di patria un’altra “espressione partenopea ancor più colorita” (forse “birichinata”). Con notevole salto logico, “f. de b.” passa a raccontare il giuramento del neoministro “nelle mani del capo dello Stato…
nonostante tutte le riserve”: nemmeno Napolitano sa spiegare perché mai Napolitano abbia digerito il pastrocchio, la pagliacciata, il gioco delle tre carte e quell’espressione ancor più colorita in meno di ventiquattrore.
L’Alka-seltzer fa miracoli. Ma ecco che, poco prima del giuramento, l’uomo del Colle “nota un’altra curiosa anomalia: la presenza di Tremonti e Calderoli. Napolitano non esita a definirli ‘i padrini dello sposo’. Chiede a entrambi del ‘pastrocchio’, e ne ricava quasi l’impressione che nessuno dei due l’abbia letto”. Che fa? Blocca tutto? Finge un malore? Dice che lui i pastrocchi non li firma? Macché. Via al giuramento, con stretta di mano presidenziale, brindisi, sorrisi e addirittura applausi finali, come dimostra un impietoso filmato di Sky. Se il Presidente, come ora fa sapere tramite “f. de b.”, è “irritato” in “alta tensione con Palazzo Chigi”, lo nasconde benissimo, con sforzi maxillo-facciali da consumato attore della commedia dell’arte. A quel punto anche i bambini un po’ tonti hanno capito che Brancher ha abbrancato un bonus per il legittimo impedimento, che grazie all’amorevole firma di Napolitano consente al premier e ai ministri di scansare i processi per 18 mesi. Ma domenica, a Pontida, Bossi fa sapere che il ministro del Federalismo è lui.
Dal Colle parte un altro “ohibò” col botto: eh già, mentre Brancher giurava era parso anche a Napolitano che due anni fa l’Umberto avesse giurato nelle sue mani come ministro del Federalismo. Ma sul momento aveva pensato a uno di quei fastidiosi“déjà vu” che càpitano a una certa età. E non aveva approfondito. Ora invece scopre di aver nominato due ministri del Federalismo e nessuno dello Sviluppo economico. All’“ir ritazione” si aggiunge lo “sconcer to”, anche perché le deleghe di Brancher continuano a non uscire sulla Gazzetta Ufficiale. Forse usciranno su Chi a cura di Signorini. Napolitano “si sente un po’ preso in g iro”. Non del tutto. Un po’. E chiama Letta. “Telefonata non delle più piacevoli”: dev’essergli scappato addirittura un “perdincibacco!”, quando ci vuole ci vuole. “Poi il Presidente prende carta e penna”, e quando fa così c’è da aspettarsi di tutto: infatti verga “una nota” per dire che Brancher non può invocare il legittimo impedimento: quella è una legge ad personam, che diamine, si era d’accordo che valeva per un solo B., mica per tutti i B. che passano per strada. Tutto finalmente è chiaro. Tranne un dettaglio: se Napolitano era così imbestialito durante il brindisi col boss, lo sposino e i due padrini, che aveva da applaudire?
Fonte: Il Fatto Quotidiano del 29 giugno, in edicola
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nonostante tutte le riserve”: nemmeno Napolitano sa spiegare perché mai Napolitano abbia digerito il pastrocchio, la pagliacciata, il gioco delle tre carte e quell’espressione ancor più colorita in meno di ventiquattrore.
L’Alka-seltzer fa miracoli. Ma ecco che, poco prima del giuramento, l’uomo del Colle “nota un’altra curiosa anomalia: la presenza di Tremonti e Calderoli. Napolitano non esita a definirli ‘i padrini dello sposo’. Chiede a entrambi del ‘pastrocchio’, e ne ricava quasi l’impressione che nessuno dei due l’abbia letto”. Che fa? Blocca tutto? Finge un malore? Dice che lui i pastrocchi non li firma? Macché. Via al giuramento, con stretta di mano presidenziale, brindisi, sorrisi e addirittura applausi finali, come dimostra un impietoso filmato di Sky. Se il Presidente, come ora fa sapere tramite “f. de b.”, è “irritato” in “alta tensione con Palazzo Chigi”, lo nasconde benissimo, con sforzi maxillo-facciali da consumato attore della commedia dell’arte. A quel punto anche i bambini un po’ tonti hanno capito che Brancher ha abbrancato un bonus per il legittimo impedimento, che grazie all’amorevole firma di Napolitano consente al premier e ai ministri di scansare i processi per 18 mesi. Ma domenica, a Pontida, Bossi fa sapere che il ministro del Federalismo è lui.
Dal Colle parte un altro “ohibò” col botto: eh già, mentre Brancher giurava era parso anche a Napolitano che due anni fa l’Umberto avesse giurato nelle sue mani come ministro del Federalismo. Ma sul momento aveva pensato a uno di quei fastidiosi“déjà vu” che càpitano a una certa età. E non aveva approfondito. Ora invece scopre di aver nominato due ministri del Federalismo e nessuno dello Sviluppo economico. All’“ir ritazione” si aggiunge lo “sconcer to”, anche perché le deleghe di Brancher continuano a non uscire sulla Gazzetta Ufficiale. Forse usciranno su Chi a cura di Signorini. Napolitano “si sente un po’ preso in g iro”. Non del tutto. Un po’. E chiama Letta. “Telefonata non delle più piacevoli”: dev’essergli scappato addirittura un “perdincibacco!”, quando ci vuole ci vuole. “Poi il Presidente prende carta e penna”, e quando fa così c’è da aspettarsi di tutto: infatti verga “una nota” per dire che Brancher non può invocare il legittimo impedimento: quella è una legge ad personam, che diamine, si era d’accordo che valeva per un solo B., mica per tutti i B. che passano per strada. Tutto finalmente è chiaro. Tranne un dettaglio: se Napolitano era così imbestialito durante il brindisi col boss, lo sposino e i due padrini, che aveva da applaudire?
Fonte: Il Fatto Quotidiano del 29 giugno, in edicola
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Che bellezza..Che classe..Una proposta ce l'avrei per sopperire al buco lasciato dal ministro Scajola: mio padre è un povero lavoratore, comune, un onesto cittadino insomma (motivo principale che lo porta a fare la fame). Certo se "qualcuno" lo nominasse ministro, potrebbe diventare un riccone in barba agli altri comuni cittadini lavoratori. Sono certa che starebbe zitto pure lui pur di dar da mangiare a me, mio fratello e mia madre. Allora, vogliamo occuparlo questo posto vacante?
E tante scuse a chi, come Travaglio, se la prende un pochetto con quelli che alle sue spalle e coi suoi soldi si arricchiscono e infrangono le leggi. In fondo l'esempio che ci danno i dirigenti di questa nazione è: PRENDO E TU DES o ancora CHI FA PER SE' QUEGLI ALTRI TRE DEL PROVERBIO GLIELO LASCIANO FARE.