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Un latrin lover a Sofia - Di Marco Travaglio

Mentre il Pd, per bocca del sagace Andrea Orlando, lacrima inconsolabile per la fine del “dialogo sulla giustizia” e nutre addirittura “il sospetto che non sia il ministro Alfano ad avere in mano l’agenda del dibattito” (ma va?), il presidente del Consiglio ha altro da fare. L’altroieri era a Sofia, ridente capitale della Bulgaria, che l’ha sempre molto ispirato. No, stavolta niente editti bulgari per epurare questo o quel personaggio della tv: non c’è più nessuno da epurare. Stavolta inaugura fugacemente un monumento equestre a Garibaldi (a distanza di sicurezza dalla Padania), poi dà il meglio di sé a una cena col premier locale, l’ex bodyguard ed ex campione di karate Bojko Borisov, che potrebbe essere suo figlio. Un tipo fine, noto per aver detto che in Bulgaria “non ci sono lesbiche e, se ce n’è qualcuna, è solo perché non ha ancora incontrato me” (raffinatezza che incredibilmente non era ancora venuta in mente al latrin lover brianzolo). Insomma lo statista ideale – a parte l’età, la statura e la stazza che lo fan sembrare la custodia del nostro – perduettare da pari a pari con il Cavaliere di Hardcore. Angentilire ulteriormente la compagnia, è pure presente Vittorio Sgarbi. Berlusconi lascia subito il segno invitando l’amico Borisov (che lui chiama inspiegabilmente “Boris”, senza che nessuno osi contraddirlo, a parte l’interessato che seguita a voltarsi alla ricerca di quel tal Boris) a rimuovere un cartellone pubblicitario prospiciente il ristorante (“è un vero orrore, fallo togliere”). Poi, all’arrivo di una procace cantante in abiti succinti e tacchi a spillo, il nostro Lord Brummel dà fondo alle più galanti tecniche di corteggiamento, integralmente tratte dal repertorio di Bombolo e Alvaro Vitali. Strizzatine d’occhio, gomitate al padrone di casa (lui stesso un po’ imbarazzato), eloquenti gesti manuali, apprezzamenti assortiti alla tipa e alle quattro coriste (“faccio la foto con voi solo se mi
date il numero di telefono”). Segue immancabile accenno al suo attuale status di ragazzo disponibile: “Non preoccupatevi, ormai sono single.

Sotto casa ho la fila di aspiranti fidanzate, tutte mi vorrebbero come marito perché ho la grana, non sono scemo, sono simpatico e anche giovane”. Soprattutto se, come minaccia, camperà un altro mezzo secolo: “Sto finanziando una ricerca per alzare l’età media: io e Boris vivremo 120 anni, me l’ha garantito un istituto scientifico di Verona” (deve trattarsi del centro di igiene mentale che l’ha in cura, con la consegna di assecondarlo in tutto). A quel punto l’amico “Boris”, ormai rassegnato a chiamarsi così, e la ballerina molestata tentano di immaginare come sarà il nostro premier a 120 anni visto che è già così a 74, e soprattutto come devono essere ridotte queste “aspiranti fidanzate” per sognare di portare all’altare uno che somiglierà al maestro Yoda di “Guerre Stellari” e che verrebbe respinto anche da una badante bulgara. L’elegante cerimonia si conclude con le solite geremiadi: “Non ho alcun potere” e “la Costituzione è cattocomunista” e il sacrificio che fa a governarci (“ho ville ad Antigua e alle Bermude e una barca alle Bahamas, ma non posso godermele da otto anni”) e l’assenza di “un leader d’opposizione con cui dialogare” (l’idea che l’opposizione debba opporsi non lo sfiora neppure in Bulgaria, dove la cosa è considerata normale).

Infine il simpatico scambio di doni col cosiddetto “Boris”, che compie 51 anni: il bizzarro ospite italiota sfodera il consueto orologio da tre chili in oro massiccio e un intero stock di cravatte e panettoni (quelli avanzati da Natale). Manca soltanto la classica batteria di pentole antiaderenti, ma la farà spedire. Ancora una foto con una fan in piazza: “Sei bella come una fata – le sussurra all’orecchio – peccato solo una foto…”. Poi le guardie del corpo lo portano via un istante prima della denuncia per stalking. Solo allora – riferisce la Repubblica – veste “i panni dello statista”, anzi – per dirla con La Stampa – indossa “un’altra veste e incarna l’uomo di Stato”. Praticamente si rimette le mutande.

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 15 giugno, in edicola

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