MILANO - Il popolo della Cgil è sceso in piazza contro la manovra in discussione in Parlamento, contro i tagli e i provvedimenti per il pubblico impiego, e più in generale, contro la politica economica del governo. E lo ha fatto oltre che con le tradizionali manifestazioni anche con uno sciopero dei lavoratori del settore pubblico di 8 ore e di 4 ore di quelli del settore privato.
I CORTEI - Più di un milione i lavoratori scesi in piazza in tutta Italia per le manifestazioni che hanno toccato tutta la Penisola. I dati sono della Cgil nazionale, che parla di 100 mila manifestanti a Bologna, dove si è tenuto l'intervento della numero due della confederazione Susanna Camusso, di 70 mila in corteo a Napoli «con il grande contributo dei lavoratori della Fiom di Pomigliano d'Arco» e dove sono intervenuti il governatore della Puglia Nichi Vendola e il leader dell'Idv Antonio Di Pietro. Di Pietro aveva una maglietta bianca con la scritta «Pomigliano non si piega». «È una giornata importante in tutta Italia ma soprattutto a Napoli e in Campania - ha detto Di Pietro - dove si sta giocando una partita fondamentale sui diritti. Siamo di fronte a una logica dell'impresa che produce schiavi e purtroppo la politica si è accontentata, su Pomigliano, del male minore. Io non mi accontento».
A Roma hanno protestato 40 mila persone mentre a Milano sono stati 70 mila ad aver sfilato in corteo. A L'Aquila, alla presenza del numero uno della Fiom Maurizio Landini, si stimano 20 mila manifestanti, a Palermo 25 mila «ma il dato è in crescita» e a Bari e Cagliari rispettivamente 10 mila persone. Infine in tutto il Veneto, dove si sono svolte proteste a carattere più territoriale, la Cgil parla complessivamente di 80 mila lavoratori in protesta.
La Toscana, il Piemonte e la Liguria andranno in piazza il prossimo 2 luglio, tranne che a La Spezia dove la manifestazione della Cgil si è svolta regolarmente.
BERSANI - Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, che ha partecipato a sorpresa al corteo milanese della Cgil, ha chiesto al governo di correggere la manovra almeno per «le cose più inaccettabili, che colpiscono i servizi e i redditi fondamentali». Bersani ha contrapposto alla manovra, che ha definito «ingiusta e iniqua», le proposte fatte dal Pd: «Noi abbiamo fatto delle proposte da 24 miliardi di euro, ma le abbiamo distribuite diversamente. Perchè non le si guardano?». Riferendosi, invece, alle proteste dei governatori il leader Pd ha affermato: «è chiaro che le Regioni pongono un problema istituzionale. Le regioni non sono centri di spesa, ma istituzioni e come tali vanno trattate. Spero si dia loro ascolto». Sulla vicenda dello stabilimento di Pomigliano d'Arco «la Fiat confermi, senza se e senza ma, gli investimenti. Si è detto Panda, e Panda sia» ha aggiunto il segretario del Pd.
«Ieri il mondo ha imparato due cose sull'Italia: che la Slovacchia ci ha buttato fuori dai mondiali e che nel nostro paese si fanno ministri per scansare la giustizia. Non so quale appaia più vergognosa, ma credo proprio la seconda» ha sottolineato ancora Bersani che poi proseguito spiegando che «Bisogna cambiare l'allenatore che conta in Italia».
Poi Bersani ha attaccato la Lega: «La Lega non può fare la ballerina: c'ero e non c'ero, ho visto e non ho visto, ho sentito e non ho sentito. Il Carroccio è responsabile di tutto quanto, vicenda Brancher compresa. Basta alla Lega di lotta e di governo, perchè senza di lei non ci sarebbe tutto quello che stiamo vedendo».
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