"Vuoi che la Fiat chiuda e ti licenzi, oppure rinunci ai tuoi diritti, compreso quello allo sciopero? Rispondi!''. Sarà questo il vero quesito del Referendum al quale dovranno rispondere i lavoratori della Fiat di Pomigliano il 22 giugno.
Siamo certi che questi, per smentire la teoria dell’assenteismo, saranno tutti presenti alla votazione. Per quanto riguarda i risultati, non è difficile immaginare quali saranno: presenti 100%, votanti 99%, a favore 83,2% schede bianche o nulle 3,8%, contrari 13%. A questo punto, esclusi i contrari, che non potranno cavarsela così facilmente e verranno impiegati a fare sempre il turno di notte, l'accordo sarà approvato a larga maggioranza e, soprattutto, 'convintamente'.
Per l'Italia dei Valori da questa vicenda emergono tre evidenti problemi: il primo riguarda le reali intenzioni che ha la Fiat per la fabbrica di Pomigliano. Infatti, l'attacco ai diritti dei lavoratori rispetto agli obiettivi dell'azienda è talmente sproporzionato da far temere che ci sia semplicemente la ricerca di un capro espiatorio nel caso in cui la Fiat non riuscisse a mantenere gli impegni; il secondo problema riguarda la situazione dello stabilimento di Termini Imerese, in Sicilia, per il quale la Fiat ha annunciato la chiusura senza presentare un'alternativa credibile; il terzo e più importante problema è rappresentato dalla totale assenza del Governo sulla politica industriale.
Infatti, nel momento più critico della crisi, mentre tutti gli Stati più avanzati sono concentrati nel risolvere i problemi legati all'economia reale, in Italia, il ministro dello Sviluppo Economico -non ci crederete- è ancora lui: Silvio Berlusconi. Sì, perché Claudio Scajola è impegnato a cercare chi gli abbia pagato la casa, a sua insaputa, per poterlo finalmente denunciare.
Il nostro Paese avrebbe bisogno di un Governo serio che chiedesse conto alla Fiat dei soldi pubblici che ha ricevuto negli ultimi anni, attraverso le più svariate forme, e magari di come intenda restituirli agli italiani, in termini di produzione e occupazione. E, soprattutto, come intenda sviluppare le nuove filiere della Green Economy volte a migliorare l'ambiente.
Queste sono domande che il Governo italiano non può rivolgere alla Fiat.
Il motivo è semplice: al Ministero dello Sviluppo Economico non c'è nessuno, pardon, c'è sempre lui: Silvio Berlusconi, in altre faccende affaccendato.
A questo punto ci auguriamo che dopo il 23 giugno, chiusa la farsa del referendum di Pomigliano, la Fiat e i sindacati ricomincino a fare sul serio, togliendo di mezzo le questioni ideologiche poste dai dirigenti dell’azienda, e che si possa discutere finalmente di come far funzionare meglio la fabbrica, rispettando i diritti di chi lavora.
Maurizio Zipponi
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