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Demeritocrazia - Di Marco Travaglio

Il Re Mida alla rovescia ha colpito ancora: dopo le Twin Towers, la crisi finanziaria, il terremoto e una mezza dozzina fra Mondiali ed Europei di calcio, l'unico nano menagramo ha fulminato pure l’ultima Nazionale di calcio. Confermando la regola: lui portabuono a un solo italiano, se stesso, mentre per gli altri è una catastrofe via l’altra. La svolta interessante è che, da un po’ di tempo, ha cominciato a menar gramo anche dalle sue parti. Ne sanno qualcosa Scajola, Bertolaso e tutta la Cricca. Ora la nomina di Brancher a ministro di Nonsisachè per sottrarlo al processo (ma una robetta purchessia da fargli fare si troverà, altrimenti lo fanno ministro dello Sviluppo di Qualcosa o dei Rapporti con Qualcuno) apre gli occhi persino a chi li ha foderati di salame: ieri, per dire, ha cominciato a dubitare Pigi Battista, mentre Polito El Drito si domandava sul Riformatorio “dove ho sbagliato?” e confessava di “aver passato buona parte dell’età adulta a sostenere che il berlusconismo non è un fenomeno criminale ma politico” e “non va demonizzato”. In effetti lo spettacolo è avvincente: un tempo, per sottrarsi ai processi, gl’imputati si davano alla latitanza; oggi diventano ministri. Ecco, manca soltanto che con appena 16 anni di ritardo i pie’ veloci Battista e Polito scoprano chi è Berlusconi e magari, con la dovuta calma, pure Mills, Previti, Dell’Utri e Cosentino. A quel punto si rischia veramente grosso: le voci sulle ragioni che han portato alla nomina di Sciascia a deputato, Dell’Utri a senatore, Cosentino a sottosegretario, Brancher, Matteoli e Fitto a ministri potrebbero sfiorare addirittura il Quirinale.

Il capo dello Stato, con i suoi fulminei riflessi, potrebbe domandarsi chi nomina i ministri e addirittura scoprire che li nomina lui. E poi, Dio non voglia, domandare a B. perché diavolo glieli ha fatti nominare. A quel punto si aprirebbero le cateratte: e se il presidente della Repubblica scoprisse il perché del lodo Al Fano, dello scudo fiscale, del legittimo impedimento, della legge bavaglio e prossimamente dell’Al Fano-bis, dopo altre 37 leggi ad personam in 15 anni? E se lo stesso Napolitano si domandasse perché diavolo ha firmato tutte le boiate che gli han portato? Sarebbe una vera catastrofe perché, opportunamente indirizzato, potrebbe financo scoprire che l’art. 74 della Costituzione gli dà il potere di rinviarle alle Camere. Di questo passo c’è pure il caso che si accorga che, con la dipartita di Scajola, il ministero dello Sviluppo economico è occupato ad interim dal premier padrone di Mediaset, che nei prossimi mesi dovrà firmare il contratto di servizio con l’azienda concorrente di Mediaset, comunemente detta Rai: una situazione che potrebbe persino configurare un lievissimo conflitto d’interessi e portare il Colle a domandare a Palazzo Chigi cos’aspetti a nominare un ministro che si occupi di Rai senza possedere Mediaset. Così, tanto per vedere l’effetto che fa. Forse, quando B. irromperà al Quirinale con mascherina e calzamaglia nere e piede di porco in mano, pioverà l’estremo monito. Ma l’effetto più devastante della débâcle azzurra è che ricalca in piccolo il trend nazionale: la selezione delle classi dirigenti non per merito, ma per colpa grave.

La demeritocrazia. Chi è bravo è pure dotato di un cervello pensante e autonomo, dunque è una minaccia. Il che spiega il trionfo dei soliti noti, decrepiti, mediocri, senza qualità, ma obbedienti, servili, pronti a tutto. Come i pipponi azzurri, preferiti a gente estrosa come Totti, Balotelli e Cassano, lasciati a casa per non disturbare il manovratore. La stessa selezione all’incontrario sta per regolare il giro di nomine alle Authority di vigilanza: Cardia dalla Consob alle Fs (non distingue un treno da un carro funebre), Catricalà dall’Antitrust alla Consob (mai vigilato il trust Mediaset), Masi dalla Rai all’Antitrust (ci siamo capiti), Martusciello da Publitalia al Pdl all’Agcom, Innocenzi da Mediaset al governo all’Agcom a destinazione ignota. Ma ancora per poco: essendo pure lui indagato, un ministero non glielo leva nessuno

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 26 giugno, in edicola

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