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Cancellata la nomina di Ingroia «Io rimango al mio posto»


PALERMO – E’ come tornare al tormento del criterio d’«anzianità» che trent’anni fa penalizzò Giovanni Falcone nella successione ad Antonino Caponnetto, nella corsa a capo dell’Ufficio Istruzione. E’ come tornare allo psicodramma letterario-giudiziario dei «professionisti dell’antimafia», quando Leonardo Sciascia colse una contraddizione del Csm nella nomina di Paolo Borsellino a procuratore di Marsala. Perché sulla carta il Csm s’ancorava al parametro dell’anzianità, senza tenerne conto. E qualcosa di simile si ripropone adesso che il Consiglio di Stato ha clamorosamente cancellato la nomina di sei procuratori aggiunti di Palermo su sette, compreso Antonio Ingroia, il publbico accusatore di tanti processi eccellenti. Non pensava più nessuno al ricorso presentato da due pm siciliani, Ambrogio Cartosio e Giuseppe Fici, esclusi a loro avviso proprio per un’errata valutazione del punteggio relativo all’anzianità da parte del Csm che, nel dicembre 2008, aveva dato via libera anche alla promozione di Vittorio Teresi, Teresa Principato, Antonino Gatto, Leonardo Agueci e Maurizio Scalia.

TUTTI PERDENTI - La vittoria del ricorso sconvolge la vita interna di una delle Procure più sensibili dove i promossi erano certi del fatto loro perché il Csm si era pure opposto al ricorso, insieme con il ministero della Giustizia. Tutti perdenti. E adesso è proprio Ingroia, autore di libri d’attacco, l’ultimo dal titolo eloquente, C’era una volta l’intercettazione, a chiedere celerità: «E’ interesse di tutti che lo stato di incertezza sia brevissimo per cui il Csm al quale torna il pallino lanciato dal Consiglio di Stato deve sciogliere una volta per tutte il nodo dell’anzianità». E’ questo il punto, anche se non siamo ai tempi di Falcone e Borsellino, come osserva lo stesso Ingroia: «Il Csm con una circolare ha diminuito il valore dell’anzianità, ma restano degli indici per cui qualche peso ha. Si spiega così l’accoglimento del ricorso che costituisce una sorta di annullamento degli incarichi con rinvio». Appunto, rinvio delle decisioni al Csm, ma senza effetti immediati, stando a Ingroia che continua come gli altri procuratori aggiunti a gestire le varie deleghe loro assegnate dal procuratore Francesco Messineo: «Ognuno rimane al suo posto perché il verdetto del Consiglio di Stato non prevede la rimozione dall’incarico, ma obbliga solo a rifare le nomine». Come dire che anche lui resta al suo posto, da facente funzioni. «E sub judice», aggiunge con una punta di ironia, forse pensando alla soddisfazione che avrà provato chi spesso lo attacca definendolo il capofila delle toghe o il persecutore dei berlusconiani, a cominciare da Marcello Dell’Utri. «E’ una cosa che mi riguarda poco.

Io cerco di fare il mio lavoro, aldilà di strumentalizzazioni riflesse in qualche prima pagina», dice pensando al Giornale, alla foto di sabato scorso e al vistoso titolo sulle sue vacanze ai Caraibi. «Sono due brevi seminari per aiutare un Paese come il Salvador ad affrontare i problemi di criminalità organizzata», puntalizza. «Ma ormai ho fatto il callo alle polemche pretestuose. Ciò dimostra che, al contario di quanto si dice e pensa, non sono i pm a inseguire la proiezione mediatica, ma sono a volte i riflettori che inseguono i magistrati. Riflettori ben puntati».

Fonte: Corriere.it

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