Il caso di Paolo Ruffini è esemplare: una rimozione di natura politica ordinata da Silvio Berlusconi perché venisse tolto di mezzo il direttore di RaiTre, promotore dei programmi scomodi additati pubblicamente dal premier, proprietario della concorrente Mediaset: Ballarò, Presa diretta, Report, in 1/2 ora, che Tempo che fa, Parla con me. Accuse che Berlusconi lanciò più volte, anche dagli schermi Rai nella puntata di Porta a Porta del 15 settembre 2009 con la diretta dall’Abruzzo (per la quale era stata spostato il ritorno di Ballarò: «Siamo circondati nella stampa, nella tv, nella politica, da troppi farabutti», disse il premier accusando «la Rai pagata con i soldi dei cittadini, attacca il governo». Dichiarazioni riportate nella memoria per il ricorso di Ruffini al Tribunale del Lavoro di Roma. In una telefonata a Ballarò, il 27 ottobre, Berlusconi accusò Floris di «fare dei processi pubblici nei miei confronti» nella tv pubblica «che non è sua», in un «festival delle falsità e della calunnia».
La mission di Viale Mazzini è stata condotta, in modo maldestro, dal direttore generale Mauro Masi. La Una questione rimandata da quattro mesi, e anche nel Consiglio di amministrazione di ieri il Dg non ha avanzato alcuna proposta per una ricollocazione dell’ex direttore di RaiTre. Va ricordato che, nelle intercettazioni di Trani, Masi disse «Abbiamo tolto anche Ruffini», lamentò al telefono con Giancarlo Innocenzi dell’Agcom. Insomma, missione compiuta, perché Berlusconi protesta ancora?
Ruffini, che è in Rai dal 1996, ha guidato il Gr e Radio Rai con successi, così come ha portato la terza rete a ottimi risultati e il bollino di qualità, è stato rimosso da RaiTre il 25 novembre 2009 e sostituito da Antonio Di Bella. Per ottenere il voto favorevole del presidente Garimberti e del consigliere Pd Va Straten (contrario solo Rizzo Nervo) Masi promise la direzione dei canali tematici digitali, RaiDigit, che ancora non esisteva, ignorando l’espressa contrarietà del vicedirettore generale Antonio Marano, leghista, che ha la delega sui canali digitali.
Inascoltate le voci in difesa professionale di Ruffini da parte dei dirigenti Rai, degli autori, del presidente della Vigilanza Sergio Zavoli, di Garimberti; in autunno Masi già puntava il dito sui programmi scomodi, compreso Glob, l’osceno del villaggio. E già allora promise a Ruffini la direzione di RaiDigit (confermata da Luciano Flussi, direttore del personale). Nella delibera del 25 novembre è scritto nero su bianco che l’ex direttore di RaiTre avrebbe dovuto «collaborare con il Dg nel passaggio delle attività editoriali da RaiSat a Rai (dopo la fine del contratto con Sky) e sulla costituzione della direzione sui canali digitali.
A Ruffini fu chiesto un piano che elaborò e presentò, ma rimase lettera morta. Dal dicembre 2009 inizia una sequenza di riunioni rinviate e poi annullate per la nascita di RaiDigit, o altre svoltesi senza di lui. L’ex direttore protesta, il 26 gennaio Marano spiega a Ruffini che la nascita di RaiDigit era i«in contrasto con il piano industriale»; Masi smentisce il suo vice, quest’ultimo in una lettera a Ruffini spiega che già prima del 25 novembre aveva espresso la sua contrarietà per la sovrapposizione di competenze. Ruffini infatti gli dà atto della sua «lealtà» e lo ringrazia.
Si passa da un Cda all’altro, almeno un ventina, ma non accade nulla, finché, il 26 febbraio i legali dell’ex direttore mandano un avviso di causa. Rimasto irrisolto il caso, le carte prendono la via del Tribunale contro il demansionamento, essendo evidente, «la non veridicità ed artificiosità» della direzione promessa. Lo stesso Ruffini, all’inizio, aveva detto a Masi che sarebbe stato meglio prima creare la direzione e poi affidarla a lui. Ma la mission del Dg era partita.
Adesso l’ennesimo «pasticcio» di Masi probabilmente finirà con la vittoria del ricorso presentato dagli avvocati Domenico e Giovanni D’Amati e depositato il 15 marzo 2010, due giorni prima che sulla stampa uscisse la frase bomba di Masi intercettata a Trani. Il 29 aprile c’è l’udienza, e il Dg Rai ha tempo fino a stamattina alle dieci e mezza per portare una proposta al Cda che si riunisce anche domani, altrimenti la pratica slitta al prossimo consiglio mercoledì 28, appena un giorno prima dell’udienza.
A Paolo Ruffini, persona pacata e civilissima, non è stata fatta al momento alcuna proposta. Nel Cda di ieri Masi ha solo detto «ci sto lavorando». Sembra voglia intrecciare il suo caso a quello di Giovanni Minoli. Una grana tira l’altra: il Dg potrebbe proporre a Ruffini un ventaglio di direzioni: da RaiEducational a RaiStoria, Rai4 e RaiMovie.
Ma Minoli, che a giugno va in pensione, è stato incaricato dal Cda di gestire i 150 anni dell’Unità d’Italia; tutti concordi nel fargli mantenere la conduzione de La Storia siamo noi> (programma di RaiEdu che inventò Parascandolo) con un contratto da esterno; il centrodestra nel Cda, invece, si oppone al lasciare a Minoli la cura del canale RaiStoria. Difficile che Masi rompa il muro leghista su RaiDigit, voterebbe contro la consigliera Bianchi Clerici ma anche altri nel Pdl, come il tremontiano Petruni. Bisogna vedere se davvero Masi oggi farà la proposta e se una RaiEducational asciugata de La Storia siamo noi può essere considerata da Ruffini un incarico pari a quello precedente. Se il Tribunale imponesse alla Rai il suo reintegrare a RaiTre a catena il Dg dovrebbe ricollocare Di Bella, che sia a RaiNews24 (rimovendo senza motivi aziendali Corradino Mineo) o una corrispondenza dagli Usa. Ma il motore di ogni scelta sono sempre i diktat berlusconiani.
Nel Cda di ieri si è parlato anche del Tg1: Rizzo Nervo ha ricevuto da tutti la solidarietà per gli insulti ricevuti dal «Minzo» furioso perché aveva rivelato il crollo di ascolti. Che si è aggravato domenica alle 20: il Tg1 è piombato al 22,98% di share I pidiellini Gorla e Verro hanno cercato di controbattere con dati parziali, o di attribuire il calo alla crisi delle tv generaliste. Ma nessuno si è riuscito a spiegare come mai stiano crescendo gli ascolti de La7. Imbarazzato, Masi ha detto di aver «chiamato» Minzolini per chiedergli di rettificare l’insulto a Rizzo Nervo: «uomo ridicolo».
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