GIULINO DI

Le immagini ci raccontano una giornata piena di sole che cozza con le cupe icone di battaglia, una banalità del male che profuma di frittata di maccheroni. Quelli di Giulino di Mezzegra ci hanno fatto il callo, ogni anno è così per l’anniversario della morte di Mussolini. Sarebbe il 28 aprile, ma in tre o quattrocento hanno anticipato alla domenica, capirete: ci scappava la gitarella sui laghi e pazienza se i partigiani dell’Anpi hanno preso storta la coincidenza col 25 e la Liberazione.
Solita roba, dicono qui annoiati, soliti saluti romani; i reduci, sempre di meno - quest’anno è rimasto solo il Mario Nicolini (98 anni!) che fa sempre lo stesso discorso - e gli skinheads, sempre di più, crani che brillano al sole, muscoli gonfi. Davanti alle foto di giornata, uno può sorridere, intristirsi, magari arrabbiarsi. Forse la reazione più saggia ce l’ha la gente del posto: «Quelli là? Non ci facciamo neanche più caso». Ma è la prima volta che alla parata di Giulino si vedono tanti bambini: intabarrati in divisa, imprigionati in una nostalgia per qualcosa che nessuno ha vissuto (tranne il Mario, s’intende). Bambini che andrebbero lasciati in pace, in quest’Italia pacificata. Bambini con una fantasia dura da incastrare in una pagina di odio: uno s’è portato il pallone e lì, sul prato, tra grinte imbronciate di padri e zii che pare la notte del 25 luglio, baschi neri e calzoni alla zuava negli stivali che sembrano tutti controfigure di Pavolini, parte in dribbling, dritto in porta. La squadra dei neri è numerosa, ma lui corre e corre, ha tutta una storia davanti.
Fonte: Corriere.it---Se hai trovato interessante l'articolo iscriviti ai feed via mail per rimanere sempre aggiornato sui nuovi contenuti del blog

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