«Noi siamo pronti, mercoledì avremo a disposizione le dieci scatole di Ru486 ordinate dalla farmacia centrale e poi valuteremo caso per caso a quali donne somministrare la pillola abortiva». Il dottor Nicola Blasi, responsabile delle interruzioni di gravidanza del Policlinico di Bari Giovanni XXIII stamattina incontrerà il direttore generale per stabilire se sarà necessario o meno il ricovero di tre giorni nella struttura ospedaliera e poi, domani procederà alle prime somministrazioni.
Sono circa sette le donne che hanno chiesto di poter effettuare l’aborto farmacologico, «ma considerati i tempi lunghi in cui si è finalmente delineata questa vicenda, presumo che alcune di loro abbiano già superato le sette settimane di gravidanza entro le quali è possibile optare per la Ru486», spiega il medico. Non è affatto preoccupato dalle polemiche esplose di nuovo intorno alla pillola abortiva all’indomani delle regionali con l’annuncio dei neo governatori di Veneto e Piemonte, Zaia e Cota, di voler bloccare il farmaco nelle loro regioni. «Noi applichiamo la legge», ribadisce il medico.
In un paese che di normale ha sempre meno, dove la realtà e la sua mistificazione divengono un tutt’uno, succede che due governatori, leghisti, appena eletti dicano che per quanto li riguarda nei loro territori la legge non si applica. E così finisce per diventare un caso una regione che la legge la applica per prima, la Puglia appunto. È vero, gli stessi ministri della maggioranza di cui fanno parte i governatori, li hanno costretti a fare un passo indietro; lo stesso Umberto Bossi, gli ha ricordato che la legge va rispettata. Zaia e Cota alla fine si sono dovuti adeguare, ma intanto gli effetti si sono già fatti sentire.
Silvio Viale, ginecologo del Sant’Anna di Torino, dice che l’ordine che lui aveva fatto è stato bloccato proprio in conseguenza dell’annuncio di Cota, tanto che le donne che ne avevano chiesto la somministrazione dovranno aspettare ancora o rinunciarci se i tempi si allungheranno ulteriormente.
Nel frattempo, un gruppo di leghisti il giorno di Pasqua in via Garibaldi ad Ancona ha fatto volantinaggio con lo slogan «Ru486 omicidio fai da te». Non se li è filati nessuno e chi si è fermato lo ha fatto per dissentire. Non si placa neanche Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato: «Rattrista vedere tanta superficialità e tanta disinformazione sull’aborto. Compresi i soliti che soffrono un inguaribile complesso di inferiorità rispetto alla sinistra». Insiste: «La Ru486 non può essere usata a domicilio fuori dai vincoli posti dalla legge 194. È così difficile capire che l'interruzione di gravidanza, anche con mezzi chimici, deve avvenire in ospedale nel rispetto delle norme e soprattutto a garanzia della salute delle donne? Chi dice cose diverse vuole l'aborto fai da te gestito dalle mammane chimiche».
Tanto per chiarire le idee: la pillola si muove nei binari della 194 e non potrebbe essere altrimenti; l’aborto chirurgico prevede un ricovero in day hospital; la Ru486 può prevedere tre ingressi in ospedale (con uscita dopo alcune ore di osservazione), o il ricovero di tre giorni. Oggi il day hospital è previsto in Emilia, Puglia e in provincia di Trento, mentre nelle Marche, in Toscana, Lombardia e Veneto è previsto il ricovero. In Piemonte, fino ad ora erano previste entrambe le opzioni. Da nessuna parte è previsto il fai-da-te. «Non capisco contro chi stia blaterando il senatore Gasparri - commenta Livia Turco Pd - mi viene il sospetto che dopo l’autogol dei due governatori di centrodestra, stia cercando si spostare l’attenzione su un problema che non esiste». Si dice «sorpreso e stupito» dal dibattito italiano l’inventore della Ru486, l’ottantaduenne endocrinologo francese Etienne-Emile Baulieu.
«Come è possibile? È incredibile. Mi chiedo perché in Italia il dibattito è ancora così forte, e perché proprio ora? È un Paese democratico, si è liberi di avere opinioni diverse e poi, la scelta di usarlo è delle donne». Cota, Zaia, Gasparri, Osvaldo Napoli e Stefano Valdegamberi (consigliere regionale Udc del Veneto che chiede la revisione della legge 194). uomini a caccia delle streghe. «Per fortuna ci sono le donne che intervengono al momento giusto per correggere l’”esuberanza post-elettorale” dei maschi anche quando sono governatori», commenta Maria Ida Germontani, senatrice Pdl. In Piemonte, intanto, sono proprio le donne ad organizzarsi: l’associazione «Usciamo dal silenzio» lancia una manifestazione, il 25 aprile per difendere la libertà di scelta.
Fonte: Unita.it
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