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"I soldi del G8 per arredarsi la casa" Ecco perché la "cricca" resta in carcere


ROMA - Per Diego Anemone, Angelo Balducci, Fabio De Santis e Mauro Della Giovampaola si fa dunque notte fonda. Il gip di Perugia respinge la richiesta di scarcerazione che le difese (ad eccezione di quella di De Santis) avevano depositato all'indomani degli interrogatori di garanzia del 3 marzo. E nel farlo accoglie gli argomenti con cui la Procura documenta oggi un quadro indiziario che, se possibile, si fa ancora più denso. Che riduce gli argomenti difensivi sin qui proposti dal nocciolo duro della "cricca" ora a circostanze "irrilevanti", ora a sintomi di una "menzogna" dalle gambe corte.

"Quanto detto dagli indagati nel corso degli interrogatori di garanzia del 3 marzo - si legge infatti nelle tredici cartelle del "parere negativo alla scarcerazione" redatto dai pubblici ministeri - non scalfisce il costrutto probatorio raccolto sulla base delle lunghe investigazioni, per altro confermate dalle prime acquisizioni investigative operate dopo le misure cautelari". Di più: "Non presenta significativo pregio e non sposta, in punto di sussistenza di gravi indizi, la valutazione degli elementi a carico degli indagati". Pubblici funzionari e imprenditori privati erano "la stessa cosa" da liberi - argomentano i pubblici ministeri - e restano "la stessa cosa" da detenuti. Dunque, "non si può presumere che la profonda e articolata rete di interessi che legano Balducci, De Santis e Della Giovampaola con l'imprenditore Diego Anemone, possa essere interrotta da un momento all'altro".

Del resto, la censura radicale che la pubblica accusa (e a questo punto anche il gip) muove alle dichiarazioni messe a verbale il 3 marzo scorso da Anemone, Balducci e Della Giovampaola entra nel merito. E, in almeno un caso (per altro inedito, come vedremo), svela le difficoltà oggettive di indagati che non riescono a dare una spiegazione alternativa e plausibile a ciò che gli viene contestato. Parliamo di Angelo Balducci. Il 3 marzo, l'ex potentissimo Presidente del Consiglio Nazionale dei lavori pubblici, come già aveva fatto nel primo interrogatorio di garanzia sostenuto con il gip di Firenze, prova a raccontare e a raccontarsi come un generale senza spada. É vero - ammette - "ero in posizione apicale", ma "la mia funzione di capo del Dipartimento di via della Ferratella non mi avrebbe consentito di poter direttamente influire in alcun modo sulle aggiudicazioni degli appalti". "Troppi i soggetti coinvolti, dalle commissioni tecniche, a quelle di collaudo, alla gestione dei pagamenti". Balducci dice anche dell'altro: "I domestici nella casa di Montepulciano lavoravano in cambio di vitto e alloggio". E "a quanto ne so, della Bmw di mio figlio Filippo doveva essere cambiata l'assicurazione". "Quanto poi all'acquisto di stoffe pregiate da parte di mia moglie, è vero che venivano fatturate ad Anemone, ma solo per ragioni di convenienza per entrambi. Perché io, poi, quel denaro l'ho restituito".

Ebbene, di questi argomenti la Procura fa polpette. "Anche a voler ammettere che l'inquinamento del procedimento di aggiudicazione degli appalti necessiti un consenso troppo vasto e non solo da parte del vertice (ma la realtà e la storia ci insegnano il contrario) - scrivono i pm - è evidente che ciò che si era creato nell'ambiente della gestione degli appalti per i "Grandi Eventi" era una totale e completa mercificazione di tutto il sistema a favore di interessi privati". "Tutti i centri decisionali e di spesa erano conniventi". Al punto che "la corruzione promossa dagli imprenditori "graditi"" si era mangiata anche i singoli dipendenti del Dipartimento della Ferratella. "Dal pagamento del rinfresco di matrimonio dell'impiegata, al procacciamento dei finanziamenti in banca a chi era incaricato di gestire i mandati di pagamento, alla generica consegna di buste dal contenuto vago, ai regali di Natale di elevato valore per i vari funzionari". Insomma, corruttori e corrotti erano diventati "la stessa cosa". "La vicinanza tra gestori del denaro pubblico e imprenditori interessati alla sua spartizione non era occasionale. Ma era diventata comunanza di interessi fino al completo asservimento dei poteri pubblici ad esclusivo vantaggio dei privati".

Rilevano dunque, come sintomatici, anche i "domestici di Montepulciano", "la Bmw di Filippo" e le "stoffe pregiate". Sulle prime due circostanze - chiosano i pm - fanno fede decine di intercettazioni telefoniche che smentiscono le affermazioni che Balducci mette a verbale nel suo interrogatorio. Sulle "stoffe pregiate", è illuminante quanto scopre il Ros dei carabinieri proprio il 3 marzo scorso, mentre è in corso l'interrogatorio di Balducci in carcere. Quei tessuti di pregio, infatti, non solo vennero scelti dalla moglie dell'ex capo Dipartimento della Ferratella, ma pagati e fatturati da Anemone. Quel che è peggio, "i documenti fiscali del negozio in cui vennero acquistati documentano che le fatture vennero emesse a favore della società consortile "la Maddalena", costituitasi per la realizzazione dell'appalto del palazzo per la conferenza del G8". Insomma, nei mattoni del G8 della Maddalena sono state caricate anche le tende e i tessuti di casa Balducci. "Tanto valga - scrivono i pm - per comprendere la "gestione privata" dei costi per la realizzazione delle opere e per valutare l'attendibilità della versione difensiva".

Il discorso fatto per Balducci non cambia di segno - aggiungono i pm - per Della Giovampaola e Anemone. Il primo "mente" quando nega di essere un funzionario pubblico e di non avere poteri di spesa ("Si pensi alle consulenze affidate a Stefano Toro, figlio del magistrato Achille, e alla "Rogedil" dell'avvocato Azzopardi, che delle soffiate di Toro era il collettore). E "mente" ancora quando minimizza i suoi rapporti con Anemone, visto che è proprio il costruttore a offrirgli, oltre a una notte in compagnia al "Gritti" di Venezia ("l'indagato la nega in modo grottesco"), "una serie di voli privati (come anche a De Santis e Balducci) attraverso la società "Medea"". Anemone, invece, di bugia, preferisce dirne una sola. Generica e complessiva. Interrogato, concludono i pm, "si limita a dichiarare la sua estraneità ai fatti, senza fornire alcuna giustificazione nel merito".

Fonte: Repubblica.it
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