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Tensione a Rosarno, ancora "caccia al nero" Spari contro gli immigrati

E' caccia al nero tra le strade di Rosarno. A fomentare i calabresi contro gli immigrati che hanno “osato” ribellarsi all'ennesima angheria fa buon gioco anche la maldicenza che corre per la città: «La signora aggredita ieri dai neri era incinta e ha perso il bambino...». E così, tra i rosarnesi la parola d'ordine è “vendetta”. Tra le strade del paesone calabrese si affrontano 300 rosarnesi e circa 700 stranieri provenienti da Mali, Burkina Faso, Ghana. In mezzo, a dividere i due gruppi, oltre 300 uomini della polizia arrivati dalle città vicine, Palmi Gioia Tauro, Siderno. In arrivo ci sono anche i carabinieri di Vibo.

Stamattina, dopo gli scontri di ieri, gli immigrati impiegati a nero nei campi agricoli hanno ripreso a marciare verso la città arrivando dalle fabbriche abbandonate dove vivono in condizioni disumane. Al loro passaggio cartelli stradali divelti, vetrine infrante, auto danneggiate. Tutti i negozi sono chiusi. «Oggi è tutto chiuso e tutto aperto» dicono dei ragazzi rosarnesi che ad un angolo di strada fumano Marlboro con i volti scuri. Le pattuglie della polizia intanto fanno la ronda nelle strade vicine ai campi per salvare i pochi immigrati che si avventurano da soli dal linciaggio tentato dai calabresi. In più occasioni, in venti, in trenta hanno provato a scagliarsi contro due o tre camminavano nelle strade intorno alla stazione.

Ruben e il figlio camminano con passo svelto arrivano da Bahía Blanca, Argentina, e sono da otto anni nella piana. Hanno abbassato la saracinesca del loro supermercato Sisa e si dirigono a casa in fretta spaventati dalla rabbia che c'è in giro. «Hijo, disculpame, non voglio parlare. La mia unica fortuna è che sembro un polacco...» dice puntando i suoi occhi chiari sulla pelle rosata del figlio. Anche Tolya, che arriva da Kiev, guarda sconsolato le strade deserte introno a lui: «Oggi niente lavoro. Come ieri. Nessuno ci cerca per lavorare nei giardini». Questo è un problema per gli immigrati che vivono stabilmente a Rosarno. «Adesso addio pure ai medici» dice Tolya riferendosi ai volontari di Medici senza Frontiere che li assistono portandogli cibo caldo o coperte e che in queste ore stanno facendo gli zaini e stanno andando via. «Tutto il lavoro di due anni è andato in fumo...» dicono i ragazzi del Kollettivo di Cinquefondi A fare le spese della violenza che corre nell'aria anche i cronisti e i giornalisti di due troupe locali aggrediti a sassate dai ragazzi rosarnesi in assetto da guerriglia. «Fatti i cazzi tuoi» grida al cronista un ragazzo dalla pelle più scura di alcuni dei magrebini che stanno protestando. «Oggi qua non si fanno foto. Tornatene al paese tuo». E poco importa che questo sia anche il paese del cronista.



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