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Gela, dal carcere duro la condanna a morte per un giudice e l'ex sindaco

«Quando si sapeva che c'era quel giudice al processo gli avvocati ci dicevano: rassegnatevi, uscirà una condanna». Un nuovo pentito svela che i boss di Gela - i fratelli Alessandro e Davide Emmanuello - avevano deciso di risolvere i loro problemi una volta e per tutte, uccidendo il giudice delle indagini preliminari di Caltanisetta Giovanbattista Tona. La sentenza di morte era già uscita dal carcere: i padrini l'avevano scritta in un pizzino, che era stato nascosto prima nell'elastico delle mutande, poi in un pacchetto di fazzolettini di carta.

"Dopo il giudice Tona - ha messo in guardia il nuovo collaboratore, Crocifisso Smorta, fino a ottobre uno dei fedelissimi degli Emmanuello - il clan di Gela ha il chiodo fisso dell'ex sindaco Rosario Crocetta. Pure lui continua a essere nel mirino". Per i magistrati della Procura di Caltanissetta e per la squadra mobile è stata una corsa contro il tempo. Anche un piccolo spacciatore detenuto nel carcere di Agrigento con alcuni mafiosi di Gela ha confidato di recente alla polizia di aver saputo di un imminente progetto di morte: «Colpiranno la sorella del giudice Tona».

In realtà, nel mirino sarebbe finita la cugina del magistrato, vice direttore di un istituto di credito di Mussomeli. I padrini attendevano l'esito di una sentenza, prevista per il 22 gennaio. Poi, il progetto nei confronti del giudice o della cugina sarebbe entrato nella fase esecutiva. Così, il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari ha deciso di stringere i tempi dell'indagine: nella notte sono stati notificati in carcere cinque provvedimenti di custodia cautelare, nei confronti dei colonnelli del clan Emmanuello, quelli che avrebbero dovuto realizzare l'attentato.

I provvedimenti restrittivi hanno raggiunto Francesco Vella, Nicola Cascino, Massimo Carmelo Billizzi, Paolo Portelli e Domenico Vullo. La polizia ha notificato in carcere anche quattro avvisi di garanzia. Riguardano Emanuele Argenti, Salvatore Terlati, Emanuele Bassora e Alessandro Gambuto.

Giovanbattista Tona, 39 anni, da 14 in magistratura, si è occupato a lungo di inchieste e processi riguardanti il clan di Gela. Racconta il pentito Smorta che già nel 2006 gli Emmanuello avevano iniziato ad essere insofferenti alle decisioni del gip di Caltanissetta: in quei giorni, Tona aveva riconosciuto per la prima volta Confindustria come parte civile in un processo al racket; seguirono pesanti condanne grazie alle testimonianze di alcuni imprenditori coraggio. L'anno scorso, poi, i padrini di Gela avevano ordinato una protesta plateale in un altro processo presieduto da Tona, con la rinuncia al mandato di tutti gli avvocati.

Tona è anche il giudice che a lungo si è occupato dei mandanti occulti delle stragi. I suoi provvedimenti di archiviazione per Silvio Berlusconi, Marcello Dell'Utri e Bruno Contrada hanno offerto spunti importanti per proseguire comunque le indagini nel difficile crinale della zona grigia in cui si è mossa Cosa nostra. Da due anni, poi, il giudice finito nel mirino dei clan è anche presidente della sezione di Caltanissetta dell'associazione nazionale magistrati e in questa veste ha organizzato decine di incontri con gruppi e associazioni della società civile.

I boss di Gela avevano ormai deciso di dare un segnale chiaro, riprendendo la strategia stragista. "Con l'ex sindaco Crocetta - dice il nuovo pentito - c'era un conto in sospeso. Era colpevole di aver depennato dalle liste del reddito minimo d'inserimento la moglie del boss Daniele Emmanuello".

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