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Mafia: Il buco nero dei consorzi dei rifiuti

PALERMO - Gli operai del Consorzio per la raccolta dei rifiuti che una mattina di maggio, a Misilmeri, raccoglievano nespole invece di immondizia erano mafiosi con la pistola alla cintola. Li uccisero come dei boss. Erano due dei cinquecento dipendenti del Coinres, il consorzio di 22 comuni della provincia di Palermo sull'orlo del fallimento che, dopo avere sperperato per anni anche i soldi che non aveva, adesso non ha più un euro né per pagare i dipendenti né per il conferimento dei rifiuti in discarica.

C'è la classica storia di sprechi, clientele e mafia dietro il dissesto finanziario dei consorzi, all'origine della nuova emergenza spazzatura esplosa nei paesi della cintura di Palermo. Situazione che, nel giro di pochi mesi, potrebbe estendersi a buona parte di una Sicilia che ricicla solo il 6% dei rifiuti e manda il resto nelle tredici discariche dell'isola che andranno a saturazione tra poco più di un anno.

Una sigla, Ato, e debiti per oltre un miliardo di euro segnano il fallimento della politica ambientale seguita dalla Regione siciliana negli ultimi sette anni. Dal 2002, da quando l'allora presidente della Regione Salvatore Cuffaro istituì gli "Ambiti territoriali ottimali" per aprire la strada ai privati nella gestione dei rifiuti in Sicilia, il business della "munnizza" si è rivelato un affare d'oro per pochi, un potentissimo strumento elettorale per la politica ma soprattutto un boomerang per i Comuni che hanno visto raddoppiare senza nessun beneficio i costi del servizio di raccolta. Di pari passo, sono cresciute le tonnellate di immondizia per le strade, le migliaia di cassonetti bruciati ogni notte, le manifestazioni di piazza. E anche le inchieste della magistratura.

Come quella della Procura di Palermo che, nel 2008, ha acceso i riflettori sulle assunzioni del Coinres, il Consorzio per la gestione dei rifiuti, dell'energia e dei servizi che oggi non riesce più a garantire la raccolta nei paesi assediati dalla spazzatura. Basta guardare i numeri: nel 2004, i dipendenti erano 180, oggi sono 500, 120 dei quali assunti come lavoratori interinali nel 2006 in piena campagna elettorale. E, come ha candidamente ammesso il presidente dell'agenzia Temporary, su pressione di molti uomini politici. I quali, naturalmente, oltre ai "clientes", e ai segnalati dalle famiglie mafiose della zona, hanno provveduto a piazzare amici, familiari e, in qualche caso, anche se stessi.

L'ex sindaco di Bolognetta, Riccardo Incagnone, ad esempio è stato assunto e del Coinres è poi diventato direttore. E scorrendo l'elenco dei dipendenti del Consorzio, sono davvero tanti i figli, le mogli, i cugini di consiglieri comunali, sindaci, assessori. Insomma una parentopoli dei rifiuti in piena regola sulla quale i magistrati devono ancora dire l'ultima parola.

A giugno scorso, il debito complessivo di quella macchina mangiasoldi che è la raccolta dei rifiuti in Sicilia ammontava già a un miliardo di euro con centinaia di fornitori esterni che bussano alla porta delle Procure di mezza Sicilia e con politici e amministratori che si contendono i gettoni d'oro dei consigli d'amministrazione dei ben 27 Ato siciliani. Dovevano essere solo 9, uno per provincia, ma poi il governo Cuffaro ne istituì più di quanti ne contano insieme Lombardia ed Emilia Romagna. Ogni Ato, naturalmente, ha il suo cda in molti casi composto da ben nove poltrone. Complessivamente, solo per pagare i loro amministratori gli Ato hanno speso circa 12 milioni di euro.

Spese altissime per mantenere personale che, spesso, non ha nulla da fare: quasi tutti hanno appaltato all'esterno anche servizi come la gestione contabile e l'organizzazione della sicurezza. Intanto le tasse dei rifiuti aumentano in tutta la Sicilia. Solo che, alla fine, sommersi dalla spazzatura i contribuenti si rifiutano di pagare e i Comuni, con le casse vuote, diventano debitori di se stessi. Ora la macchina mangiasoldi sta per andare in pezzi.

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