ROMA - Ha fretta Berlusconi. Soprattutto dopo le notizie sulle indagini di mafia che potrebbero coinvolgerlo in arrivo da Caltanissetta e Firenze. Sul processo breve e sul lodo Alfano in veste costituzionale il Cavaliere non accetta, né sopporta, più rinvii o divergenze all'interno della maggioranza. Neppure se i prudenti distinguo arrivano dal suo Guardasigilli Angelino Alfano. Succede così che venerdì, nel corso del pranzo a palazzo Grazioli, tra il premier, Letta, Bonaiuti, Ghedini, Scajola, La Russa, lo stesso Alfano, Cicchitto e Gasparri, il capo del governo esploda in uno scatto di collera contro il ministro della Giustizia.
Si fanno i conti sui tempi di approvazione del processo breve. Che non si presentano rosei per via degli incastri tra il ddl e la Finanziaria. I capigruppo non nascondono i timori. È incerto che ce la si faccia al Senato prima di Natale. Alla Camera non ci sarà l'ok prima di metà di febbraio. Non si può escludere un terzo passaggio. A questo punto Berlusconi ipotizza di ricorrere a un decreto legge. Alfano lo interrompe e gli dice: "No, questo non so se lo possiamo fare". Il Cavaliere perde la calma e lo aggredisce: "Tu forse non hai capito l'importanza della questione che stiamo affrontando. O noi risolviamo questo problema subito, oppure tu te ne vai, perché sappi che ci sono molti altri che possono fare il ministro della Giustizia al posto tuo". Gelo e imbarazzo intorno al tavolo. Ma la colazione prosegue.
L'ossessione dei tempi e l'incastro tra processo breve e nuovo lodo Alfano restano sul tavolo. L'urgenza del premier ha, dal suo punto di vista, una più che buona ragione. Legata alle indagini sulle stragi del '92-93. Nella sala da pranzo aleggia lo spettro dell'avviso di garanzia che appare come una fotocopia, ben più aggravata, di quello per corruzione che gli fu recapitato da Milano nel '94 durante il summit Onu di Napoli. L'Espresso fresco di stampa, e che Berlusconi ha letto giovedì nella copia staffetta, gli ha rovinato la notte. Ma gli ha pure definito in testa la strategia dei tempi. Un'imputazione per mafia (concorso esterno o peggio un coinvolgimento nelle stragi) potrebbe costringerlo a giocare subito la carta delle elezioni anticipate e di una nuova e forte investitura del popolo. Un voto al quale non può andare "nudo", pure con i processi Mills e Mediaset ancora in piedi, pronti a produrre condanne per corruzione e frode fiscale. Almeno quelli vanno chiusi. A questo serve il processo breve. Che quindi deve correre in modo rapidissimo verso l'approvazione. Senza scontri interni. Senza rischiare lo stop di Napolitano per manifesta incostituzionalità. L'ordine perentorio di Berlusconi è di evitare ulteriori polemiche con i finiani e trovare la mediazione nella consulta per la giustizia presieduta da Ghedini.
Poi tocca al lodo Alfano su cui, nel corso del pranzo, s'è aperta un'ulteriore querelle. Chi deve presentarlo? Il governo o un singolo parlamentare? Chi darà il cognome al nuovo scudo? E in quale Camera? Da solo o insieme all'immunità? Entro giovedì quando, sempre a palazzo Grazioli, si riunirà l'ufficio di presidenza del Pdl, gli interrogativi avranno ricevuto la risposta. È molto probabile che il nuovo lodo sarà già stato presentato da un parlamentare, perché stavolta l'esecutivo non se ne assumerà la responsabilità per favorire la convergenza delle opposizioni, in particolare dell'Udc. Il testo sarà modellato sulle indicazioni della Consulta, anche se il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri già fa mostra di scetticismo: "Di quelli non mi fido. Pur di bocciarlo magari diranno che l'abbiamo approvato nel giorno sbagliato o che abbiamo commesso degli errori nella punteggiatura".
Per giovedì sarà noto anche il nuovo testo del processo breve, su cui in queste ore i componenti della consulta per la giustizia del Pdl, presidente Ghedini e vice Giuseppe Valentino (il relatore del ddl al Senato), stanno facendo i compiti a casa per cambiare, nell'ordine, la lista dei reati (ampliandola), l'entrata in vigore (si applicherà in ogni grado), la questione degli incensurati, la divisione degli anni (anziché due più due più due, tre più due più uno per primo grado, appello Cassazione). Tutto chiuso per giovedì.
Fonte: Repubblica.it
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Si fanno i conti sui tempi di approvazione del processo breve. Che non si presentano rosei per via degli incastri tra il ddl e la Finanziaria. I capigruppo non nascondono i timori. È incerto che ce la si faccia al Senato prima di Natale. Alla Camera non ci sarà l'ok prima di metà di febbraio. Non si può escludere un terzo passaggio. A questo punto Berlusconi ipotizza di ricorrere a un decreto legge. Alfano lo interrompe e gli dice: "No, questo non so se lo possiamo fare". Il Cavaliere perde la calma e lo aggredisce: "Tu forse non hai capito l'importanza della questione che stiamo affrontando. O noi risolviamo questo problema subito, oppure tu te ne vai, perché sappi che ci sono molti altri che possono fare il ministro della Giustizia al posto tuo". Gelo e imbarazzo intorno al tavolo. Ma la colazione prosegue.
L'ossessione dei tempi e l'incastro tra processo breve e nuovo lodo Alfano restano sul tavolo. L'urgenza del premier ha, dal suo punto di vista, una più che buona ragione. Legata alle indagini sulle stragi del '92-93. Nella sala da pranzo aleggia lo spettro dell'avviso di garanzia che appare come una fotocopia, ben più aggravata, di quello per corruzione che gli fu recapitato da Milano nel '94 durante il summit Onu di Napoli. L'Espresso fresco di stampa, e che Berlusconi ha letto giovedì nella copia staffetta, gli ha rovinato la notte. Ma gli ha pure definito in testa la strategia dei tempi. Un'imputazione per mafia (concorso esterno o peggio un coinvolgimento nelle stragi) potrebbe costringerlo a giocare subito la carta delle elezioni anticipate e di una nuova e forte investitura del popolo. Un voto al quale non può andare "nudo", pure con i processi Mills e Mediaset ancora in piedi, pronti a produrre condanne per corruzione e frode fiscale. Almeno quelli vanno chiusi. A questo serve il processo breve. Che quindi deve correre in modo rapidissimo verso l'approvazione. Senza scontri interni. Senza rischiare lo stop di Napolitano per manifesta incostituzionalità. L'ordine perentorio di Berlusconi è di evitare ulteriori polemiche con i finiani e trovare la mediazione nella consulta per la giustizia presieduta da Ghedini.
Poi tocca al lodo Alfano su cui, nel corso del pranzo, s'è aperta un'ulteriore querelle. Chi deve presentarlo? Il governo o un singolo parlamentare? Chi darà il cognome al nuovo scudo? E in quale Camera? Da solo o insieme all'immunità? Entro giovedì quando, sempre a palazzo Grazioli, si riunirà l'ufficio di presidenza del Pdl, gli interrogativi avranno ricevuto la risposta. È molto probabile che il nuovo lodo sarà già stato presentato da un parlamentare, perché stavolta l'esecutivo non se ne assumerà la responsabilità per favorire la convergenza delle opposizioni, in particolare dell'Udc. Il testo sarà modellato sulle indicazioni della Consulta, anche se il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri già fa mostra di scetticismo: "Di quelli non mi fido. Pur di bocciarlo magari diranno che l'abbiamo approvato nel giorno sbagliato o che abbiamo commesso degli errori nella punteggiatura".
Per giovedì sarà noto anche il nuovo testo del processo breve, su cui in queste ore i componenti della consulta per la giustizia del Pdl, presidente Ghedini e vice Giuseppe Valentino (il relatore del ddl al Senato), stanno facendo i compiti a casa per cambiare, nell'ordine, la lista dei reati (ampliandola), l'entrata in vigore (si applicherà in ogni grado), la questione degli incensurati, la divisione degli anni (anziché due più due più due, tre più due più uno per primo grado, appello Cassazione). Tutto chiuso per giovedì.
Fonte: Repubblica.it
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