Questa frase, che potrebbe essere usata in epigrafe alla tragedia della scorsa notte, è vecchia di 13 anni. Non è stata scritta da un militante ecologista, per quanto siano decine le denunce di Legambiente che prefiguravano rischi «per animali al pascolo e si ritiene anche per la popolazione», e neppure da un geologo di chiara fama. L'ha scritta nell'ottobre del 1999 un ispettore dei Vigili urbani, coordinatore del reparto operativo mobile di Messina, al termine di un lavoro di controllo sul territorio durato tre anni. In città c’era ancora paura per la tragedia sfiorata del 1996, 92 millimetri di pioggia che avevano fatto esondare 8 delle 35 fiumare che innervano il territorio comunale. All’Ispettorato Forestale era stata ordinata un’indagine «sul presunto dissesto idrogeologico», così recitava il bando. Il rapporto finale si concludeva con una eloquente riflessione. «Costruire a ridosso di una montagna — scriveva il tecnico incaricato della relazione — è sempre sconsigliato, ma nel caso di Giampilieri, dove i boschi non sono più integri e in alcun modo possono ostacolare il piano di scorrimento di una eventuale frana, è da considerarsi assolutamente rischioso. Le precipitazioni del 1996 vanno considerate come avvisaglie molto significative: se la pioggia fosse durata di più, cosa sarebbe accaduto?».
Ai Vigili urbani era invece toccato l’esame dello stato dei torrenti. Anche qui, come abbiamo visto, le conclusioni finali hanno un retrogusto profetico. Ma la scheda dello screening operato sul torrente Giampilieri «e zona attigua» è ancora più eloquente. «La situazione appare non migliorata rispetto al passato. Sul corso d’acqua affiorano numerose carcasse d’auto. All’altezza di Giampilieri superiore si rilevano svariati manufatti di natura abusiva; una zona di 200 metri di terreno è recintata abusivamente con reti metalliche e adibita a coltivazione. E c’è persino un campo di calcio in terra battuta nell’alveo sotto il ponte, oltre a un campo di calcetto con base in cemento sempre posto nell’alveo del corso d’acqua ».
Da allora nulla è cambiato, nulla è stato fatto. Le due relazioni, coraggiose visto che si trattava del lavoro di dipendenti comunali, sono rimaste lettera morta. Il Piano regolatore di Messina varato nel 1998 prevedeva per le frazioni nelle valli dell’estremo sud messinese un aumento di cubature pari al 12 per cento dell’esistente. Nel 2002 il Wwf denuncia «il venir meno della vegetazione boschiva nell’area di Giampilieri superiore, soprattutto per via di incendi». Un dato che si incrocia «con un sempre maggiore carico urbanistico dell’area» e potrebbe avere quindi «serie conseguenze» per il territorio «e coloro che lo abitano». All’inizio del 2006 l’indagine congiunta di Legambiente e Protezione civile sul pericolo idrogeologico in Sicilia assegnava a Messina la percentuale di rischio più alta, 86 per cento, ma soprattutto definiva le sue fiumare «uno degli elementi più fragili del territorio nazionale». Siccome c’erano anche i voti, da 1 a 10, il Comune di Messina vinceva la maglia nera tra i grandi comuni con un bel 2 in pagella, «non avendo messo in campo praticamente nessuna azione nella mitigazione del rischio idrogeologico».
Nello stesso anno, dopo una trentennale latitanza, vede finalmente la luce il P.A.I., acronimo di Piano di Assetto Idrogeologico, varato dalla Regione Sicilia. Ne era stata pubblicata una prima versione nel 2000, poi ritirata nel 2004 a causa dei comuni che cercarono in ogni modo di dichiararsi malati, convinti che sarebbero arrivati soldi per affrontare l’emergenza. Quando scoprirono che l’inserimento nella classifica dei dissesti non portava il denaro sperato ma aumentava i vincoli edilizi, ci fu la corsa a minimizzare ogni problema sul territorio per cancellarsi dalla lista, falsandola in modo definitivo.
L’indagine datata 2006 sulla zona compresa nei comuni di Messina e Scaletta Zanclea sottolinea «l’uso improprio» delle fiumare. «Con il passare del tempo e con la continua espansione edilizia gli alvei sono stati trasformati in strade urbane e gli argini sono stati occupati con la costruzione di edifici». Nell’elenco dei dissesti con relativo livello di pericolosità e rischio sono compresi tutti e quattro i paesi colpiti dall’alluvione. Giampilieri superiore ricade nella tipologia 1, ovvero rischio di crollo e/o ribaltamento. Il suo territorio è definito «attivo», sottoposto continuamente a modificazioni, la pericolosità presente nell’area è di terzo grado, vale a dire «elevata». Quella di Altolia, l’unica frazione ancora non raggiunta dai soccorsi, è addirittura «molto elevata » a causa di «frequenti e numerosi dissesti dovuti a processi erosivi intensi », gli stessi dei quali soffre Molino, la frazione gemella. La situazione di Scaletta Zanclea viene definita «critica nel suo aspetto generale» e in effetti l’elenco dei dissesti presenti nel Comune rappresenta un Bignami del rischio idrogeologico. Deformazione superficiale lenta e in costante progressione, area a franosità diffusa, sprofondamento, processi erosivi intensi, rischi di crollo e ribaltamento.
Dal 1996 ad oggi risulta un solo intervento, di natura «contenitiva». Dopo l’alluvione del 2007, prova generale della tragedia di oggi, erano stati stanziati 45mila euro per un terrazzamento anti- frana a Giampilieri. Gli abitanti, che avevano fondato un comitato, avevano protestato sostenendo che si trattava di un solo cerotto messo su un corpo segnato da decine di fronti franosi. Chiedevano che cominciassero i lavori deliberati dalla Protezione civile regionale di Messina per la messa in sicurezza del villaggio, un progetto da 700mila euro rimandato più volte. Sarebbero dovuti iniziare lunedì prossimo, questo almeno era stato l’ultimo annuncio dopo una lunga serie di rinvii. Per quasi un anno, la piccola associazione di cittadini si è riunita una volta alla settimana. L’appuntamento era al campo da calcio in terra battuta costruito nell’alveo della fiumara, lo stesso che 12 anni prima era stato etichettato dai Vigili come «irregolare e pericoloso». Adesso non c’è più. È sepolto anche lui sotto il muro di fango nero.
Fonte: Corriere.it
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