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Vespa: «Nessun flop, era tutto previsto Berlusconi è duro? La colpa è di Raitre»

ROMA — Bruno Vespa, Garko batte Berlu­sconi 22 a 13. Che flop. «Quale flop? Siamo seri. Lo abbiamo detto dal­l’inizio, col direttore di Raiuno Mauro Mazza. Non ci aspettavamo grandi ascolti. E martedì il mondo della tv era diverso. Sky e le "altre", cioè non Rai né Mediaset né La7, hanno totalizzato il 26%. Juve e Milan sono le squadre che attirano gli ascolti più corposi. Il pubblico maschile è andato lì... E vedrete che stasera Ballarò con una concor­renza meno agguerrita farà più ascolti di noi».

Garko sostiene: la gente ha voglia di di­strarsi.
«Mai avrei pensato di battere una fiction di Ca­nale 5. Ridicolo. Nessuno che sappia un minimo di tv lo farebbe. La nostra puntata è stata enfatiz­zata senza motivo. Da sempre apriamo la stagio­ne invitando il capo del governo del momento. Berlusconi aveva accettato per la seconda serata. Poi è arrivata la decisione della direzione genera­le di affidarci la prima serata. A mio avviso l’avve­nimento lo giustificava».

E la cancellazione di «Ballarò»?
«L’ho detto. Uno slittamento di due giorni non è un attentato alla li­bertà di stampa. È una decisione azien­dale. E ripeto. Non ho deciso io sulla collocazione in pa­linsesto ».

Si parla di telefo­nate di Palazzo Chi­gi al direttore gene­rale Mauro Masi per ottenere que­sto risultato.
«Non ne so nul­la».

Ha scritto Aldo Grasso: Vespa dove­va opporsi allo slittamento di «Ballarò» e di «Matrix». Cosa risponde?
«Grasso mi attribuisce straordinari poteri, che non ho, non solo sui palinsesti Rai ma anche di Mediaset. Ahimè, non mi hanno telefonato. Devo proprio deluderlo».

Ancora Grasso: martedì c’è stata una «tv del­l’obbligo».
«Per me c’era solo un obbligo, questo sì. Ma di servizio pubblico per la fine di un’emergenza co­lossale» .

L’accusano di aver fatto eco a Berlusconi du­rante la trasmissione: «Un record, un miraco­lo »... Non era eccessivo?
«Alcune frasi non esistono. Ma se si sta ai fatti, ciò che è accaduto a L’Aquila nella gestione del­l’emergenza è un vero record. Sono invece molto preoccupato per la ricostruzione che si annuncia complessa, costosa. Non vedo idee chiare né dal governo né dagli enti locali che dal 1 gennaio as­sumeranno il peso dell’operazione».

Carlo Verna, segretario dell’Usigrai, dice: Ve­spa sembrava Carlo Campanini, ottima spalla di Silvio Berlusconi.
«Espressione volgare e deludente che stona in bocca a una persona seria come Verna. La prossi­ma volta venga lui a intervistare Berlusconi a Por­ta a Porta. Lo invito. La spalla? Sfido chiunque a individuare qualcuno che abbia rivolto a Berlusco­ni domande sul conflitto di interessi con la mia stessa chiarezza».

Come farà, dopo le liti, senza Franceschini e Di Pietro?
«Mi chiedo invece: come faranno Dario France­schini e Antonio Di Pietro senza Porta a Porta? Ricordo che Di Pietro nelle ultime due stagioni si è seduto sulla nostra 'sedia elettrica', in 14 punta­te contro le 7 di Berlusconi».

Quindi inviterà altri esponenti del Pd e del­l­’Idv?
«I partiti non si identificano solo con i loro se­gretari».

E nel caso di un’alzata di scudi, di un «no» generalizzato delle opposizioni, come farete con la par condicio?
«Io affronto i problemi quando si manifestano. Per rispettare la par condicio è comunque indi­spensabile che si sia in due».

Il presidente della Rai, Paolo Garimberti, ha protestato con Berlusconi per le accuse rivolte a Raitre, a «Ballarò», «Annozero», «Report». Non era meglio fermare Berlusconi?
«Capisco che è sempre inelegante attaccare quando ci si trova in una posizione di forza. Ma se Berlusconi è costantemente attaccato da Raitre e da molte sue trasmissioni, non ci si può lamen­tare se poi Berlusconi attacca Raitre...».

Perché reagisce sempre male quando si di­scute di lei, di «Porta a porta», dei suoi compen­si?
«Ho tanti motivi di doglianza. Tra il 1993 e il 1994 avevo portato il Tg1 al successo contro il Tg5. Fui epurato per un anno. Nessuno protestò. Nella campagna elettorale 1994 fui relegato nel pomeriggio in una trasmissione con Giovanni Sartori, in prima serata c’era Lilli Gruber. Nessu­no disse niente. Pier Luigi Celli minacciò di chiu­derci, salvo poi pentirsi. Silenzio. La libertà di in­formazione dove comincia e dove finisce? I com­pensi? Perché solo i miei sono pubblici quando quelli, per esempio di Fabio Fazio o Daria Bignar­di, passano in Consiglio e filano via in silenzio? Sospetto due pesi e due misure. Con i moderati Rai sempre in difficoltà».

In tanti la definiscono «berlusconiano». La sua reazione?
«Frutto dell’invidia. Aspetto sempre che, in tra­smissione, i giornalisti ospiti rivolgano a Berlu­sconi domande che io non propongo. Perché non ho paura delle domande 'vere' e infatti le faccio. Berlusconiano? Ma se oggi significa, per qualcu­no, dare dell’appestato...».
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