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Le notti in magazzino di chi non ha casa

I magazzini della Easybox, 12 metri quadrati a 200 euro al mese, è l'unico affitto che chi è restato senza lavoro può permettersi

Entrava quando gli uffici erano già chiusi, dopo le 19, sperando che nessuno si accorgesse di lui. Della sua nuova vita da senzatetto costretto a vivere in un deposito di cose. Delle sue notti in pochi metri quadrati di cemento, chiusi da una saracinesca gialla. Digitava un codice e il cancello si apriva. Saliva al secondo piano in ascensore. E arrivava ai dodici metri quadrati affittati anni prima nella sede di Easybox in via Portaluppi, a dieci metri dalla tangenziale Est.

Tra vecchi mobili e scatoloni, srotolava ogni sera un sacco a pelo per notti senza luce e senza aria, trasformando il box numero 1270 nella sua unica casa. Marco, 40 anni, un lavoro da telefonista di call center a Pero, è stato scoperto per colpa dei suoi orari d’i ngresso e uscita, improvvisamente anomali.

Lungo un corridoio di spazi uguali, quelli che tutti possono affittare e usare come deposito, guardaroba, archivio, magazzino, qui è stata la sua casa per due, forse tre notti. Perché pagare duecento euro al mese per dodici metri quadrati era l’unico affitto che Marco poteva permettersi. Prima di essere scoperto dai responsabili della Easybox di via Portaluppi che non hanno potuto far altro che convocarlo in sede. «Non ho i soldi per la casa — ha cercato di spiegare — Più che per l’affitto, per la cauzione. Non ce la faccio. Pensavo di non dare fastidio a nessuno».

Come Marco, prima di Marco, altri due hanno provato a vivere nel deposito di cose di via Portaluppi e per due volte i responsabili del centro sono intervenuti e hanno rescisso i contratti. Un altro italiano, anche lui quarantenne, che pagava cento euro al mese per quattro metri quadrati, è stato scoperto dopo aver dimenticato un cumulo di cicche di sigaretta fuori dalla saracinesca.

«Resto la notte, è vero, ma non per dormire. Faccio dei lavoretti», ha provato a giustificarsi. Perché nessuno ammette. «Quando abbiamo capito che qualcuno dormiva nei box, abbiamo proceduto subito alla disdetta del contratto — dice Orlando Farina, 34 anni, responsabile del centro di via Portaluppi, uno dei tre che Easybox ha a Milano — . Non possiamo tenerli ancora, il contratto è chiaro. Quello che possiamo fare è dare un termine di uno, massimo due giorni per traslocare. Per noi è molto triste — continua Farina — vediamo l’i mbarazzo negli occhi delle persone, l’abbandono, soprattutto tanta la solitudine. Per questo non facciamo domande. Il loro silenzio spiega tutto

Un altro quarantenne è arrivato qui dopo aver dormito diverse notti nella sede Easybox di Cinisello Balsamo, alla fine di viale Fulvio Testi. Scoperto, è andato via, poi ha tentato con la sede di via Portaluppi. Ma il suo nome era già nel terminale e non ha ottenuto gli spazi. Ma tanti altri, al termine di domande e informazioni sul servizio, buttano lì la domanda: «Ma si può restare la notte a dormire?».

«Ora facciamo molta più attenzione — dice ancora Farina — . Ci accorgiamo di certi atteggiamenti, notiamo chi ha l’urgenza di prendere quattro metri quadrati immediatamente. Allora senza essere troppo espliciti, spieghiamo, come deterrente, che abbiamo la videosorveglianza e il monitoraggio degli ingressi. Dopo queste precisazioni, molti rinunciano».
La crisi vista dagli uffici Easybox ha il volto di questi italiani, 40enni, finiti in strada per un lavoro perso o per un matrimonio fallito, per qualche scelta sbagliata che li ha lasciati senza casa.

Ha le parole di chi non può più permettersi l’affitto di un trilocale, passa al bilocale, e ha bisogno di spazi come cantina per la roba che non può più tenere in casa. Di chi sta per acquistare una casa nuova, ma poi ripiega sulla ristrutturazione di quella vecchia. Per gli altri, per chi non ha altra speranza che quattro metri quadrati nell’hotel delle cose, venire scoperti equivale a perdere l’ultima chance. Perdere l’ultimo metro che lo separa dalla strada.

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