Il dossier di Legambiente sull'Italia della sabbia avariata fa paura. Non solo perché ci dice che - soprattutto nel Sud - abbiamo alcune opere pubbliche che potrebbero crollare per un piccolo sisma. E nemmeno perché ci racconta che una di queste opere è un ospedale dove attualmente sono ricoverate duecento persone. Quel che davvero sgomenta è la sproporzione tra la gravità delle violazioni denunciate (l'articolo di Natalia Lombardo è a pagina 4) e il silenzio di una maggioranza di governo per altri versi così preoccupata dell'ordine pubblico e della sicurezza. Preoccupata al punto di aver approvato - col consueto voto di fiducia - un provvedimento, il famoso «pacchetto sicurezza», tanto feroce e ingestibile da richiedere un immediato intervento correttivo, la sanatoria per le badanti e le colf, che è stato inserito nel «decreto anticrisi». Un decreto che, come è ovvio, a giorni sarà a sua volta corretto da un altro decreto.
Sì, è una storia complicata. La maggioranza, infatti, come ci racconta Maria Zegarelli a pagina 11, appare in stato confusionale. Non sa come uscire dalla situazione paradossale che, di fiducia in fiducia, ha creato. Né come conciliare in modo decente la necessità di tener conto degli ammonimenti del Quirinale (il retroscena di Marcella Ciarnelli è a pagina 10) e quella di mettere assieme le urgenze dei vari ministeri. Situazione resa ancor più complessa dal fatto che alcuni malumori ministeriali su questioni di rilevanza planetaria (le centrali nucleari e il potere di valutarne l'impatto con l'ambiente) s'intrecciano con conflitti politici regionali come quello attorno al cosiddetto partito del Sud. Straziante, in proposito, la situazione del ministro Stefania Prestigiacomo raccontata da Jolanda Bufalini a pagina 8.
Il dossier di Legambiente descrive un paese «marcio dentro». Ci fa sapere che gallerie autostradali, viadotti, scuole, ospedali e anche commissariati di polizia sono stati costruiti in violazione di tutte le regole dell'ingegneria e della corretta amministrazione. E individua delle urgenze vere (quelle che in un paese normale giustificherebbero persino l'emanazione di un decreto): per esempio, avviare immediatamente un monitoraggio di tutte le opere pubbliche a rischio.
Invece niente, silenzio assoluto. Ma è vero, non si può attribuire ogni colpa al governo: questa catastrofe è il risultato di politiche dissennate che vanno avanti da decenni. I lavori per la costruzione dell'ospedale di Agrigento, quello in via di evacuazione, sono durati vent'anni. E, come dice a Ninni Andriolo il presidente degli industriali siciliani Ivan Lo Bello, in quella specifica vicenda c'è tutta intera «l'idea della gestione della cosa pubblica che ha provocato e continua a provocare disastri in tutto il Mezzogiorno dove le opere pubbliche hanno tempi di realizzazione lunghissimi e iter inspiegabili». «Tempi lunghissimi». «Iter inspiegabili». Siamo uno strano paese dove è possibile utilizzare le stesse parole per descrivere la costruzione di un cavalcavia e l'elaborazione di un decreto legge.
Sì, è una storia complicata. La maggioranza, infatti, come ci racconta Maria Zegarelli a pagina 11, appare in stato confusionale. Non sa come uscire dalla situazione paradossale che, di fiducia in fiducia, ha creato. Né come conciliare in modo decente la necessità di tener conto degli ammonimenti del Quirinale (il retroscena di Marcella Ciarnelli è a pagina 10) e quella di mettere assieme le urgenze dei vari ministeri. Situazione resa ancor più complessa dal fatto che alcuni malumori ministeriali su questioni di rilevanza planetaria (le centrali nucleari e il potere di valutarne l'impatto con l'ambiente) s'intrecciano con conflitti politici regionali come quello attorno al cosiddetto partito del Sud. Straziante, in proposito, la situazione del ministro Stefania Prestigiacomo raccontata da Jolanda Bufalini a pagina 8.
Il dossier di Legambiente descrive un paese «marcio dentro». Ci fa sapere che gallerie autostradali, viadotti, scuole, ospedali e anche commissariati di polizia sono stati costruiti in violazione di tutte le regole dell'ingegneria e della corretta amministrazione. E individua delle urgenze vere (quelle che in un paese normale giustificherebbero persino l'emanazione di un decreto): per esempio, avviare immediatamente un monitoraggio di tutte le opere pubbliche a rischio.
Invece niente, silenzio assoluto. Ma è vero, non si può attribuire ogni colpa al governo: questa catastrofe è il risultato di politiche dissennate che vanno avanti da decenni. I lavori per la costruzione dell'ospedale di Agrigento, quello in via di evacuazione, sono durati vent'anni. E, come dice a Ninni Andriolo il presidente degli industriali siciliani Ivan Lo Bello, in quella specifica vicenda c'è tutta intera «l'idea della gestione della cosa pubblica che ha provocato e continua a provocare disastri in tutto il Mezzogiorno dove le opere pubbliche hanno tempi di realizzazione lunghissimi e iter inspiegabili». «Tempi lunghissimi». «Iter inspiegabili». Siamo uno strano paese dove è possibile utilizzare le stesse parole per descrivere la costruzione di un cavalcavia e l'elaborazione di un decreto legge.
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