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Illegittime le parti sul ridimensionamento delle rete scolastica e l'accorpamento di sedi nei piccoli comuni.
ROMA - Lo Stato, in particolare il ministero dell’Istruzione, non può ridimensionare la rete scolastica sul territorio perché si tratta di una competenza delle Regioni. Lo ha stabilito la Corte costituzionale dichiarando parzialmente illegittime alcune norme del decreto sviluppo del giugno 2008 messe a punto dal ministro Mariastella Gelmini, quelle che realizzavano consistenti risparmi di spesa sulla scuola a partire dal prossimo anno scolastico. Due i punti dichiarati incostituzionali dai giudici della Consulta, alle prese con i ricorsi delle Regioni: l’assegnazione al ministero dell’Istruzione del compito di definire «criteri, tempi e modalità per la determinazione e l’articolazione dell’azione di ridimensionamento della rete scolastica» e il fatto che anche lo Stato, oltre a Regioni ed enti locali, possa «nel caso di chiusura o accorpamento degli istituti scolastici aventi sede nei piccoli comuni, prevedere specifiche misure finalizzate alla riduzione del disagio degli utenti».
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CARATTERE NAZIONALE DELL'ISTRUZIONE - Con la sentenza n. 200, scritta dal giudice Quaranta, la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 64, comma 4, lettera f bis e f ter, del decreto sullo sviluppo economico, convertito in legge con modifiche nell'agosto 2008. Per la Corte, infatti, solo in questi due punti - mentre tutte le altre contestazioni mosse da otto Regioni sono state dichiarate inammissibili, infondate o superate da nuove norme - è stato violato l'articolo 117 della Costituzione sulla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni sulla base delle modifiche apportate dalla riforma del titolo V della Costituzione nel 2001. Le motivazioni della lunga sentenza (38 pagine) fissano per la prima volta importanti paletti nel riparto delle competenze tra Stato e Regioni in fatto di istruzione. «Il sistema generale dell'istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale - scrive la Consulta -, non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata solo dall'osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato, con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero essere giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta, dunque, di conciliare, da un lato, basilari esigenze di uniformità di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e - viene aggiunto - dall'altro, esigenze autonomistiche che, sul piano locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante l'esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto nell'ambito del territorio di ciascuna Regione».
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GELMINI: «PUNTI MARGINALI» - Secondo il ministro Gelmini è stato comunque «conservato l'impianto del riordino del sistema scolastico e i punti giudicati incostituzionali sono marginali». «Prendo atto con soddisfazione delle decisioni assunte dalla Corte Costituzionale - ha detto -, posto che è stata riconosciuta la legittimità costituzionale dell'impianto complessivo dell'articolo 64 del Dl 112/208. Per quanto riguarda specificamente le due disposizioni di cui è stata affermata l'incostituzionalità va precisato che nessuno dei provvedimenti attuativi dell'articolo 64 si fonda su di esse e che in particolare, per quel che riguarda il dimensionamento nei piccoli comuni, la norma dichiarata incostituzionale risulta superata dall'articolo 3 del Dl 154/2008». Per quanto riguarda criteri, tempi e modalità per ridimensionare la rete scolastica, il ministro ha sottolineato che «si era già proceduto a trovare un accordo nella conferenza Stato-Regioni-Enti Locali».
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ROMA - Lo Stato, in particolare il ministero dell’Istruzione, non può ridimensionare la rete scolastica sul territorio perché si tratta di una competenza delle Regioni. Lo ha stabilito la Corte costituzionale dichiarando parzialmente illegittime alcune norme del decreto sviluppo del giugno 2008 messe a punto dal ministro Mariastella Gelmini, quelle che realizzavano consistenti risparmi di spesa sulla scuola a partire dal prossimo anno scolastico. Due i punti dichiarati incostituzionali dai giudici della Consulta, alle prese con i ricorsi delle Regioni: l’assegnazione al ministero dell’Istruzione del compito di definire «criteri, tempi e modalità per la determinazione e l’articolazione dell’azione di ridimensionamento della rete scolastica» e il fatto che anche lo Stato, oltre a Regioni ed enti locali, possa «nel caso di chiusura o accorpamento degli istituti scolastici aventi sede nei piccoli comuni, prevedere specifiche misure finalizzate alla riduzione del disagio degli utenti».
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CARATTERE NAZIONALE DELL'ISTRUZIONE - Con la sentenza n. 200, scritta dal giudice Quaranta, la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 64, comma 4, lettera f bis e f ter, del decreto sullo sviluppo economico, convertito in legge con modifiche nell'agosto 2008. Per la Corte, infatti, solo in questi due punti - mentre tutte le altre contestazioni mosse da otto Regioni sono state dichiarate inammissibili, infondate o superate da nuove norme - è stato violato l'articolo 117 della Costituzione sulla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni sulla base delle modifiche apportate dalla riforma del titolo V della Costituzione nel 2001. Le motivazioni della lunga sentenza (38 pagine) fissano per la prima volta importanti paletti nel riparto delle competenze tra Stato e Regioni in fatto di istruzione. «Il sistema generale dell'istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale - scrive la Consulta -, non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata solo dall'osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato, con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero essere giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta, dunque, di conciliare, da un lato, basilari esigenze di uniformità di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e - viene aggiunto - dall'altro, esigenze autonomistiche che, sul piano locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante l'esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto nell'ambito del territorio di ciascuna Regione».
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GELMINI: «PUNTI MARGINALI» - Secondo il ministro Gelmini è stato comunque «conservato l'impianto del riordino del sistema scolastico e i punti giudicati incostituzionali sono marginali». «Prendo atto con soddisfazione delle decisioni assunte dalla Corte Costituzionale - ha detto -, posto che è stata riconosciuta la legittimità costituzionale dell'impianto complessivo dell'articolo 64 del Dl 112/208. Per quanto riguarda specificamente le due disposizioni di cui è stata affermata l'incostituzionalità va precisato che nessuno dei provvedimenti attuativi dell'articolo 64 si fonda su di esse e che in particolare, per quel che riguarda il dimensionamento nei piccoli comuni, la norma dichiarata incostituzionale risulta superata dall'articolo 3 del Dl 154/2008». Per quanto riguarda criteri, tempi e modalità per ridimensionare la rete scolastica, il ministro ha sottolineato che «si era già proceduto a trovare un accordo nella conferenza Stato-Regioni-Enti Locali».
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