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L'APPELLO DEL MONDO DEL TEATRO. "IL GOVERNO SALVI LA CULTURA"

I tagli del finanziamento pubblico mettono a rischio un settore che potrebbe essere un volano per l'economia

IL NUOVO LIBRO DI MARCO TRAVAGLIO
Il tema non è nuovo, ma d’estate scotta ancora di più. «L’assenza di una visione strategica dell’intreccio e della fertilità di un incontro tra cultura e turismo - dice Andrée Ruth Shammah, regista teatrale e direttore del Franco Parenti di Milano - provoca inadeguato sfruttamento dei nostri giacimenti culturali». Alla sua voce se ne aggiungono tante altre, da Albertazzi a Lavia, da Marco Lucchesi a Vincenzo Monaci, da Luca Barbareschi a Tullio Kezich: e un sentimento condiviso diventa un appello sulle pagine del Corriere. Il teatro, gli spettacoli in genere, per non parlare dei festival culturali che sono ormai una caratteristica (positiva e di richiamo) del nostro Paese, sono un volano dell’economia che andrebbe aiutato a funzionare bene, invece di metterlo in difficoltà con i tagli del finanziamento pubblico, è scritto nella lettera-proclama.
ALL'OPERA LO SCRITTORE MARCO TRAVAGLIO
Ci si riferisce a numeri importanti: circa 6 mila aziende sul territorio nazionale, che impiegano intorno ai 200 mila lavoratori. Un settore, ricorda Shammah con una punta di polemica, che «produce prospettive di emancipazione dal torpore televisivo». C’è l’orgoglio di chi spende la vita per il teatro, in queste parole. Di chi sa che alzare il sipario, declamare testi di grandi autori, incontrare il pubblico sempre diverso, danzare e cantare dal vivo, è un rito che accompagna l’umanità da tempi immemorabili, e che sarebbe un vero delitto soffocare per le ristrettezze economiche.

L’appello è stato raccolto da molte persone, della cultura e dello spettacolo, come si può vedere dalla lista aggiornata delle firme che pubblichiamo qui di seguito. Un appello rivolto al governo, che da un lato afferma di impegnarsi per ridurre il numero dei disoccupati, dall’altro permette che con i tagli alla cultura e allo spettacolo siano in tanti a rischiare il posto di lavoro. Ma non solo di lavoro si tratta, anche se bisogna ricordare che questo settore genera altri posti, fa circolare altri soldi: ristoranti, trasporti e alberghi risentono in modo positivo del fervore italiano. Cultura è un bene primario, che tale considera anche la nostra Costituzione. Un valore per il quale è giusto dare battaglia.

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