C'E' UN MODO per fermare i narcos? L'Uruguay ci prova: grazie ad una legge già approvata dalla Camera e in discussione al Senato (approvazione prevista entro novembre) lo Stato produrrà e venderà direttamente marijuana diventando il primo paese al mondo ad autorizzare e applicare regole per la produzione, la distribuzione e la vendita di droghe leggere. Una rivoluzione che - ha detto il presidente José Mujica parlando all'Onu - "vuole provare a strappare il mercato ai trafficanti" rendendo legale l'acquisto di modiche quantità e regolando la produzione che sarà affidata sia allo Stato che a singole persone o a cooperative di consumatori. Ieri il governo ha stabilito il prezzo di questa "Cannabis di Stato" che oscillerà intorno ad un dollaro al grammo. In Uruguay si calcola che su un totale di 3 milioni e mezzo di abitanti circa 120 mila cittadini consumino marijuana almeno una o due volte all'anno. La marijuana legale dovrebbe diventare disponibile entro la seconda metà dell'anno prossimo ed avrà l'obiettivo di combattere il traffico illegale che proviene dal vicino Paraguay. Il Paraguay infatti è oggi il maggior produttore di cannabis in America Latina ed esporta grandi quantità di marijuana essiccata che costituisce la base del rifornimento illegale.
Nei mass media l'Uruguay è già diventato "l'Olanda del Sudamerica" ma quello della legalizzazione delle droghe leggere non è, per ora, un progetto facile per "Pepe", il nickname con il quale è popolarmente conosciuto José Mujica, presidente dal 2010. Un sondaggio recente ha fissato nel 62% il numero di uruguayani contrari alla legge sulla marijuana e la sua approvazione in prima istanza nel Congresso ha sollevato l'ostilità di Chiesa e opposizione. E non è l'unica legge contestata nell'Uruguay che "Pepe" ha trasformato in un laboratorio politico sui diritti civili in America Latina. Prima c'è stata la legalizzazione dell'aborto (libero nelle prime 12 settimane), quella dei matrimoni gay e, ultima, la legge sulla donazione degli organi che la prevede in forma automatica a meno che non si firmi una dichiarazione per rifiutarla.
Ex guerrigliero tupamaro, 78 anni, "Pepe" Mujica è diventato molto famoso fuori dal suo paese quando la rivista londinese "Monocle" lo ha definito "il miglior presidente del mondo". Titolo che "Pepe" s'è guadagnato grazie al suo stile esemplare e modesto. Per "Le Monde" è diventato "il presidente più povero del mondo", mentre "El Paìs" lo descrive come leader di un nuovo "radicalismo a bassa intensità", opposto e lontano, in America Latina, dal populismo alla Chávez e dalla demagogia Kirchner. Appena eletto Mujica ha rifiutato la residenza presidenziale e continua a vivere, insieme alla moglie, la senatrice Lucia Topolansky, in una "chacra" (una piccola fattoria) alla periferia di Montevideo dove si dedica all'orto e alla coltivazione di fiori. Non usa Twitter, non ha email e neppure un conto in banca. Per il fisco locale possiede soltanto due vecchi maggiolini Wolksvagen (comprati nel 1987) e tre trattori (la piccola fattoria è intestata alla moglie). Vive con il 10 percento del suo stipendio da presidente, circa mille euro dei diecimila che riceve, visto che il 90 percento lo versa ad associazioni di promozione sociale. Ciclista professionista da giovane, Mujica ha trascorso tredici anni (1972-85) in carcere.
Nei mass media l'Uruguay è già diventato "l'Olanda del Sudamerica" ma quello della legalizzazione delle droghe leggere non è, per ora, un progetto facile per "Pepe", il nickname con il quale è popolarmente conosciuto José Mujica, presidente dal 2010. Un sondaggio recente ha fissato nel 62% il numero di uruguayani contrari alla legge sulla marijuana e la sua approvazione in prima istanza nel Congresso ha sollevato l'ostilità di Chiesa e opposizione. E non è l'unica legge contestata nell'Uruguay che "Pepe" ha trasformato in un laboratorio politico sui diritti civili in America Latina. Prima c'è stata la legalizzazione dell'aborto (libero nelle prime 12 settimane), quella dei matrimoni gay e, ultima, la legge sulla donazione degli organi che la prevede in forma automatica a meno che non si firmi una dichiarazione per rifiutarla.
Ex guerrigliero tupamaro, 78 anni, "Pepe" Mujica è diventato molto famoso fuori dal suo paese quando la rivista londinese "Monocle" lo ha definito "il miglior presidente del mondo". Titolo che "Pepe" s'è guadagnato grazie al suo stile esemplare e modesto. Per "Le Monde" è diventato "il presidente più povero del mondo", mentre "El Paìs" lo descrive come leader di un nuovo "radicalismo a bassa intensità", opposto e lontano, in America Latina, dal populismo alla Chávez e dalla demagogia Kirchner. Appena eletto Mujica ha rifiutato la residenza presidenziale e continua a vivere, insieme alla moglie, la senatrice Lucia Topolansky, in una "chacra" (una piccola fattoria) alla periferia di Montevideo dove si dedica all'orto e alla coltivazione di fiori. Non usa Twitter, non ha email e neppure un conto in banca. Per il fisco locale possiede soltanto due vecchi maggiolini Wolksvagen (comprati nel 1987) e tre trattori (la piccola fattoria è intestata alla moglie). Vive con il 10 percento del suo stipendio da presidente, circa mille euro dei diecimila che riceve, visto che il 90 percento lo versa ad associazioni di promozione sociale. Ciclista professionista da giovane, Mujica ha trascorso tredici anni (1972-85) in carcere.
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