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Affitti irregolari, sconti fino al 90% a chi denuncia

Questa volta potrebbe essere davvero la fine per gli affitti in nero, grazie a un'ideuzza infilata nel decreto sul federalismo municipale che davvero non sembra lasciare scampo a chi evade. Secondo la legge, entrata in vigore il 7 aprile scorso, per mettere in regola gli affitti in nero, oppure quelli registrati ma con un canone inferiore a quello effettivo, o infine i finti contratti di comodato (prestito gratuito dell'immobile) c'è ancora meno di un mese. Poi, dal 7 giugno, scatta una tagliola che può rivelarsi dolorosissima per i proprietari.

Il decreto legislativo sul federalismo municipale dispone infatti che se nei successivi 60 giorni, cioè entro il 6 giugno, gli affitti non vengono spontaneamente regolarizzati dal proprietario, l'inquilino può denunciare la situazione all'Agenzia delle entrate godendo di forti benefici, cioè di un nuovo contratto regolare della durata di quattro anni più quattro e di un canone che, dice il comma 8 dell'articolo 3, sarà «pari al triplo della rendita catastale». Si tratta di un maxisconto rispetto ai canoni di mercato. Secondo i calcoli delle associazioni degli inquilini, nelle grandi città come Roma e Milano l'affitto in questi casi potrebbe scendere del 70-90%. Per esempio, al posto di 10 mila euro all'anno pagati in nero per un trilocale in periferia se ne potrebbero pagare poco più di duemila. Sui siti delle associazioni dei proprietari, degli inquilini e dei consumatori non a caso già campeggiano i link: «Attenzione al 6 giugno».

L'avviso interessa, secondo le stime, circa mezzo milione di contratti non registrati (e quindi un milione di persone tra proprietari e inquilini), ai quali vanno sommati i contratti registrati per somme inferiori a quelle reali e i falsi comodati (ma qui le stime sono impossibili). A causa degli affitti in nero lo Stato incassa almeno un miliardo di euro di Irpef in meno all'anno. Ci sono poi le mancate imposte di registro e l'evasione sulle tasse locali. L'Agenzia delle entrate guidata da Attilio Befera ha cominciato a inviare la prima tranche di accertamenti 2011 sull'evasione più facile da scoprire, quella che emerge incrociando i dati dei contratti regolarmente registrati con le dichiarazioni dei redditi dei proprietari. Sono stati scoperti così 33.367 casi di non corrispondenza (mancata denuncia del canone nel 730 o nel modello Unico oppure per importi inferiori). Ai primi posti ci sono la Lombardia con 5.400 accertamenti e il Lazio con 5.112. Una seconda tranche di notifiche partirà nella seconda parte dell'anno.

Nel 2010, l'Agenzia delle entrate incrociando i dati riferiti agli anni d'imposta 2004 e 2005 ha accertato circa 123 milioni di Irpef evasa. Quest'anno è sotto esame il 2006 e poi toccherà alle annualità più recenti. Molto di più, però, ci si attende dalla tagliola del 6 giugno, che colpirà soprattutto gli affitti totalmente in nero. Qui il contrasto di interessi tra il proprietario che rischia grosso e l'inquilino che viene premiato se denuncia il contratto in nero dovrebbe funzionare. Secondo stime del Sole 24Ore del lunedì, a Milano e Roma, dove i contratti non registrati sono tra il 33% e il 46%, si potrebbero recuperare diverse centinaia di milioni di euro. Tassi di evasione totale ancora maggiori si riscontrerebbero in alcune città del Sud come Potenza (67% dei contratti non registrati), Catanzaro (60%) e Campobasso (49%), mentre a Napoli il nero sarebbe pari al 45%. Decisamente più bassa, invece, l'evasione stimata al Nord (5-20%).

Accanto all'azione repressiva (sui contratti registrati dopo il 6 giugno si pagheranno anche sanzioni doppie) il decreto sul federalismo municipale prevede però anche meccanismi incentivanti per il proprietario, come la cedolare secca. Si tratta della possibilità di pagare un'imposta forfettaria sostitutiva del prelievo Irpef. Che sarà pari al 21% dell'affitto riscosso se il contratto è a canone libero e del 19% se invece è a canone concordato. Nel primo caso la cedolare conviene sempre se l'affitto si somma a redditi superiori a 15 mila euro l'anno. Nel secondo, se si aggiunge a redditi di almeno 20 mila euro.

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Fonte: Corriere.it

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