MILANO - Roberto Saviano, è davvero un addio?
«Mondadori ed Einaudi sono case editrici libere. Nel mio caso sento però che la proprietà non sopporta più la mia presenza. Si sta vivendo una contraddizione tra la proprietà che alza la voce assumendo toni autoritari e gli uomini che lavorano nella casa editrice, liberi e autonomi. Una cosa è la proprietà un'altra è l'editore. Ma nel mio caso questo equilibrio sembra rompersi. Anzi, si è rotto».
Come mai ha deciso di pubblicare con un altro editore?
«Semplice: sono felice che Feltrinelli mi abbia proposto di fare un libro con i monologhi di Vieni via con me. Si tratta di testi sofferti, che hanno avuto vita difficile fin dall'inizio. Mentre li preparavo, mentre raccoglievo il materiale, io e la redazione non sapevamo se sarebbero mai andati in onda».
Mondadori non le ha mai fatto una proposta per averli?
«Mai. Del resto, fuori dalla casa editrice, in tanti hanno cercato in ogni modo di fermarli, da quando ho proposto i temi di cui avrei voluto parlare. Li hanno contrastati con ogni polemica possibile e infine cercato di farli dimenticare il prima possibile. E ora sono davvero entusiasta di trovarmeli in libreria».
Con la sua dedica di una laurea honoris causa ai pubblici ministeri di Milano non ritiene di aver fatto una provocazione?
«No. Io l'ho vista in coerenza con ciò che scrivo, non certo come una provocazione».
Sono titolari di una certa inchiesta sul suo editore, non è un dettaglio da poco...
«Senta: Ilda Boccassini è il magistrato che in questi anni al Nord si è schierato come pochi altri contro la 'ndrangheta e il riciclaggio. Delegittimarla significa dare forza all'imprenditoria del narcotraffico».
E gli altri?
«A quel che mi risulta, Pietro Forno e Antonino Sangermano hanno sempre svolto il loro lavoro con serietà. Mi sono sentito in dovere di far riferimento alla loro situazione di minacce e isolamento solo per una scelta di giustizia. E ricordo a tutti che la dedica ai pubblici ministeri è avvenuta mentre ricevevo una laurea in legge».
Ogni laurea, un caso politico. Lo fa apposta?
«A essere sinceri, non è sempre stato così. Nel senso che la mia la prima laurea, avevo poco più di vent'anni, la dedicai a mio nonno, scampato ai campi di concentramento tedeschi, ma di quella dedica ne erano a conoscenza solo in pochi, ovviamente. La seconda laurea, honoris causa, la dedicai invece agli immigrati meridionali di Milano, i veri milanesi. E puntualmente un viceministro leghista, Roberto Castelli, mi mandò "a ciapà i ratt". Ma questa volta è diverso, molto diverso».
Dove nasce il cortocircuito con Mondadori?
«Dalla constatazione che Marina Berlusconi non è intervenuta contro le molteplici dichiarazioni che in questi giorni sono state fatte su suo padre, se non in maniera generica. Eppure ha sentito la necessità di intervenire sulle mie parole, in quanto mio editore e su una questione non di natura editoriale, ma politica».
Il fatto che si tratti di suo padre non è un'attenuante?
«La mia dedica ha generato "orrore" in Marina Berlusconi, alla quale però non mi risulta che in questi anni abbiano fatto orrore molte cose terribili avvenute in questo Paese».
Dalla casa editrice non ha ricevuto alcuna solidarietà?
«Tantissima, e proprio in queste ore, da dirigenti ed editor come Riccardo Cavallero, Massimo Turchetta, Severino Cesari, Edoardo Brugnatelli, Paolo Repetti, Antonio Franchini. Ma purtroppo non rappresentano la proprietà».
Si è chiesto la ragione del putiferio scatenato dalle sue parole?
«Credo che dedicare qualcosa a qualcuno, una laurea, un premio o un libro, sia un modo per sentirsi in continuità con delle azioni o delle persone. È come dire: io sono il risultato dell'impegno, delle speranze e delle loro sofferenze. Ecco perché dà così tanto fastidio».
E adesso?
«Si volta pagina. Negli ultimi anni ho avuto contatti con tanti editori, credo sia giunto il tempo di tornare a vivere e lavorare di parole. Spero che questo libro con Feltrinelli possa darmi ossigeno, e che questa nuova avventura mi possa anche far divertire. Ne ho bisogno».
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Fonte: Corriere.it
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«Mondadori ed Einaudi sono case editrici libere. Nel mio caso sento però che la proprietà non sopporta più la mia presenza. Si sta vivendo una contraddizione tra la proprietà che alza la voce assumendo toni autoritari e gli uomini che lavorano nella casa editrice, liberi e autonomi. Una cosa è la proprietà un'altra è l'editore. Ma nel mio caso questo equilibrio sembra rompersi. Anzi, si è rotto».
Come mai ha deciso di pubblicare con un altro editore?
«Semplice: sono felice che Feltrinelli mi abbia proposto di fare un libro con i monologhi di Vieni via con me. Si tratta di testi sofferti, che hanno avuto vita difficile fin dall'inizio. Mentre li preparavo, mentre raccoglievo il materiale, io e la redazione non sapevamo se sarebbero mai andati in onda».
Mondadori non le ha mai fatto una proposta per averli?
«Mai. Del resto, fuori dalla casa editrice, in tanti hanno cercato in ogni modo di fermarli, da quando ho proposto i temi di cui avrei voluto parlare. Li hanno contrastati con ogni polemica possibile e infine cercato di farli dimenticare il prima possibile. E ora sono davvero entusiasta di trovarmeli in libreria».
Con la sua dedica di una laurea honoris causa ai pubblici ministeri di Milano non ritiene di aver fatto una provocazione?
«No. Io l'ho vista in coerenza con ciò che scrivo, non certo come una provocazione».
Sono titolari di una certa inchiesta sul suo editore, non è un dettaglio da poco...
«Senta: Ilda Boccassini è il magistrato che in questi anni al Nord si è schierato come pochi altri contro la 'ndrangheta e il riciclaggio. Delegittimarla significa dare forza all'imprenditoria del narcotraffico».
E gli altri?
«A quel che mi risulta, Pietro Forno e Antonino Sangermano hanno sempre svolto il loro lavoro con serietà. Mi sono sentito in dovere di far riferimento alla loro situazione di minacce e isolamento solo per una scelta di giustizia. E ricordo a tutti che la dedica ai pubblici ministeri è avvenuta mentre ricevevo una laurea in legge».
Ogni laurea, un caso politico. Lo fa apposta?
«A essere sinceri, non è sempre stato così. Nel senso che la mia la prima laurea, avevo poco più di vent'anni, la dedicai a mio nonno, scampato ai campi di concentramento tedeschi, ma di quella dedica ne erano a conoscenza solo in pochi, ovviamente. La seconda laurea, honoris causa, la dedicai invece agli immigrati meridionali di Milano, i veri milanesi. E puntualmente un viceministro leghista, Roberto Castelli, mi mandò "a ciapà i ratt". Ma questa volta è diverso, molto diverso».
Dove nasce il cortocircuito con Mondadori?
«Dalla constatazione che Marina Berlusconi non è intervenuta contro le molteplici dichiarazioni che in questi giorni sono state fatte su suo padre, se non in maniera generica. Eppure ha sentito la necessità di intervenire sulle mie parole, in quanto mio editore e su una questione non di natura editoriale, ma politica».
Il fatto che si tratti di suo padre non è un'attenuante?
«La mia dedica ha generato "orrore" in Marina Berlusconi, alla quale però non mi risulta che in questi anni abbiano fatto orrore molte cose terribili avvenute in questo Paese».
Dalla casa editrice non ha ricevuto alcuna solidarietà?
«Tantissima, e proprio in queste ore, da dirigenti ed editor come Riccardo Cavallero, Massimo Turchetta, Severino Cesari, Edoardo Brugnatelli, Paolo Repetti, Antonio Franchini. Ma purtroppo non rappresentano la proprietà».
Si è chiesto la ragione del putiferio scatenato dalle sue parole?
«Credo che dedicare qualcosa a qualcuno, una laurea, un premio o un libro, sia un modo per sentirsi in continuità con delle azioni o delle persone. È come dire: io sono il risultato dell'impegno, delle speranze e delle loro sofferenze. Ecco perché dà così tanto fastidio».
E adesso?
«Si volta pagina. Negli ultimi anni ho avuto contatti con tanti editori, credo sia giunto il tempo di tornare a vivere e lavorare di parole. Spero che questo libro con Feltrinelli possa darmi ossigeno, e che questa nuova avventura mi possa anche far divertire. Ne ho bisogno».
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Fonte: Corriere.it
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