L’analisi del cardinale Angelo Bagnasco è molto articolata e, a giudizio del direttore dell’Avvenire, quotidiano della Cei, è un’analisi «di grande qualità delle difficoltà di tenuta del Sistema-Paese». Si tratta, dice Marco Tarquinio, «di una preoccupazione autentica che tocca alcuni dei punti cruciali tuttora irrisolti: il futuro dei giovani, la ristribuzione delle risorse, le tasse e l’evasione fiscale». Poi, certo, lo «sconcerto e il disagio morale» per lo spettacolo a cui stiamo assistendo, un riferimento esplicito, ad oggi senza precedenti, ad un articolo della Costituzione: quello, il 54, che vi ricordiamo qui ogni giorno e che parla del dovere di adempiere con disciplina ed onore alle funzioni pubbliche. Un richiamo alla sobrietà necessaria in chi ricopre incarichi pubblici, uno all’«ingente mole di strumenti di indagine».
A ciascuno il suo monito, dunque. Ma piuttosto che utilizzare strumentalmente una o l’altra parte del discorso per attaccare politicamente la magistratura o il presidente del consiglio converrà che le persone di buon senso e di buona fede riflettano sul tono complessivo e sulle ragioni che inducono questo susseguirsi di moniti da parte della Chiesa. E’ chiaro che il comportamento pubblico e privato del presidente del Consiglio è ormai indifendibile, che la Chiesa non è più disposta a suffragarlo, che serve un altro interlocutore. Che le costruzione di un’alternativa è ormai anche l’obiettivo delle gerarchie vaticane, che come chiunque faccia politica in Italia sa quanto sono decisive per le sorti di un governo: per la sua nascita, per la sua sopravvivenza, per il suo declino. Raccontano dei tentativi sempre più insistenti e sempre meno ascoltati di Gianni Letta, l’uomo di collegamento tra le due sponde del Tevere. L’ipotesi di convincere Silvio B. a lasciare palazzo Chigi per cedere il posto ad un esponente di centro o a Tremonti, mantenendo magari il ministero degli Esteri, è stata fino a ieri respinta al mittente con sdegno. Nei sondaggi cresce il numero degli incerti, i contatti fra Fini e Bossi si moltiplicano.
L’isolamento del premier, attorno a cui restano solo i pasdaran incaricati dell’offensiva mediatica e gli stuoli di avvocati al lavoro perpetuo, lascia alla Lega - il cui federalismo di settimana in settimana si allontana - il peso della responsabilità. Gli scenari sono aperti, ma da ieri è chiaro che la strategia del galleggiamento non potrà durare un anno intero: non fino al 2012, come lui vorrebbe. Le parole di Emma Marcegaglia, inoltre - «esiste un’altra Italia, quella che va a letto presto, esistono altre donne» - al di là dell’offensiva personale e dei tentativi di isolamento che le provocheranno fa intravedere la possibilità che la grande impresa non abbia più nè possibilità nè ragioni di continuare ad assistere muta al progressivo impoverimento del Paese. L’opposizione è dunque alla prova decisiva, come dicevamo ieri: è nei prossimi giorni che si vedrà con chiarezza chi avrà il coraggio e la forza di farsi carico delle responsabilità che il momento richiede.
Fonte: Unita.it
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A ciascuno il suo monito, dunque. Ma piuttosto che utilizzare strumentalmente una o l’altra parte del discorso per attaccare politicamente la magistratura o il presidente del consiglio converrà che le persone di buon senso e di buona fede riflettano sul tono complessivo e sulle ragioni che inducono questo susseguirsi di moniti da parte della Chiesa. E’ chiaro che il comportamento pubblico e privato del presidente del Consiglio è ormai indifendibile, che la Chiesa non è più disposta a suffragarlo, che serve un altro interlocutore. Che le costruzione di un’alternativa è ormai anche l’obiettivo delle gerarchie vaticane, che come chiunque faccia politica in Italia sa quanto sono decisive per le sorti di un governo: per la sua nascita, per la sua sopravvivenza, per il suo declino. Raccontano dei tentativi sempre più insistenti e sempre meno ascoltati di Gianni Letta, l’uomo di collegamento tra le due sponde del Tevere. L’ipotesi di convincere Silvio B. a lasciare palazzo Chigi per cedere il posto ad un esponente di centro o a Tremonti, mantenendo magari il ministero degli Esteri, è stata fino a ieri respinta al mittente con sdegno. Nei sondaggi cresce il numero degli incerti, i contatti fra Fini e Bossi si moltiplicano.
L’isolamento del premier, attorno a cui restano solo i pasdaran incaricati dell’offensiva mediatica e gli stuoli di avvocati al lavoro perpetuo, lascia alla Lega - il cui federalismo di settimana in settimana si allontana - il peso della responsabilità. Gli scenari sono aperti, ma da ieri è chiaro che la strategia del galleggiamento non potrà durare un anno intero: non fino al 2012, come lui vorrebbe. Le parole di Emma Marcegaglia, inoltre - «esiste un’altra Italia, quella che va a letto presto, esistono altre donne» - al di là dell’offensiva personale e dei tentativi di isolamento che le provocheranno fa intravedere la possibilità che la grande impresa non abbia più nè possibilità nè ragioni di continuare ad assistere muta al progressivo impoverimento del Paese. L’opposizione è dunque alla prova decisiva, come dicevamo ieri: è nei prossimi giorni che si vedrà con chiarezza chi avrà il coraggio e la forza di farsi carico delle responsabilità che il momento richiede.
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