Tre settimane, ventuno giorni. E’ quello che dovremo aspettare prima di capire, una volta per tutte, che fine farà questa legislatura. Dopo la fumata nera di ieri del vertice tra Umberto Bossi e Gianfranco Fini, il presidente della Camera lo ha detto con la calma di chi, in qualche modo, sente di avere il coltello dalla parte del manico: “Abbiamo ancora tre settimane per trattare”. Su cosa, ad oggi, resta un mistero. Anche perché Berlusconi, lasciando il vertice del g20 senza presentarsi nella prevista conferenza stampa, lo ha detto e lo ha ripetuto: “Non mi dimetterò mai”.
Di certo, come scrive Francesco Verderami sul Corriere della Sera, il dato politico di ieri è lo “svuotamento” del ring. A confrontarsi, nonostante le mediazioni e le parole di portavoce, colonnelli e fedelissimi, il confronto è solo tra Fini e Berlusconi. Il presidente della Camera vuole vincere per abbandono, quello del Consiglio vuole essere messo ko per poi denunciare il picchiatore e andare, con questa legge, alle elezioni anticipate.
Berlusconi, insomma, non arretra mentre Fini incalza: “Ormai il problema è suo, non mio. Lunedì accadrà quanto avevo preannunciato, e a quel punto Berlusconi dovrà prendere una decisione. Dice che si andrà a votare? Bene. E se poi si accorgesse che c’è una maggioranza alternativa in Parlamento? Sono cinque mesi che non ne imbrocca una”. Numeri alla mano è difficile, quasi impossibile: se il Pdl è compatto al Senato non c’è possibilità per nessuna coalizione alternativa.
Il “colpaccio”, se ci sarà, dovrà necessariamente passare per la ‘diserzione’ di un blocco del Pdl o della Lega. Difficile? Forse. Certo una candidatura di Giulio Tremonti potrebbe far nascere qualche pensierino in senatori e deputati che, per tradizione, non hanno gran voglia di tornare a casa.
Casini, spiega Verderami, ”è convinto che «alla fine Silvio cederà», che «si farà un governo senza di lui», e la timida apertura sul federalismo fiscale — «da cambiare» — che il leader centrista ha affidato al suo braccio destro, Rao, ha messo ulteriormente in allarme i berlusconiani riuniti ieri senza Berlusconi. Dalle mosse della Lega dipenderà se l’«ipotesi Tremonti» prenderà corpo, sebbene a più riprese il «professore» abbia smentito l’evenienza, e sebbene ieri La Russa — al termine del vertice — abbia detto che «tutto il Pdl, compreso il ministro dell’Economia», non vede alternative all’attuale governo oltre il voto anticipato”.
Anche Massimo Franco, sempre sul Corriere, parla di “duellanti” alla partita finale. “Se non ci fossero la Legge finanziaria e la determinazione del Quirinale a proteggerla dall’implosione del centrodestra, scrive Franco, sarebbe questione di giorni. Il pericolo non è del tutto sventato. Dietro le parole d’ufficio sullo «spiraglio ancora aperto» e sull’esigenza di stabilità, si delinea un muro contro muro nella maggioranza che si teme porterà a elezioni anticipate. Il Pdl ha già fatto sapere che o il presidente del Consiglio rimane al suo posto, o si va alle urne; e che il partito berlusconiano «non dipende dalle scelte di Fini o di Bossi»: parole che rivelano una punta di irritazione per l’incontro di ieri mattina fra i due”.
La Lega, pur ribadendo attraverso Bossi la “fedeltà a Berlusconi”, sul nome di Giulio Tremonti potrebbe vacillare. E se non dovesse succedere, scrive Franco, “c’è da chiedersi che cosa chiederà la Lega in cambio di un appoggio al voto anticipato”.
Fonte: Blitzquotidiano.it
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