L'elezione di Susanna Camusso alla guida della Cgil mi riempie di gioia e di speranza. Non perché è una donna. Non è solo per questo: le donne in quanto persone - così come i giovani, i vecchi, e i bambini - rispondono naturalmente alle categorie che valgono per l'intera umanità e ce ne sono ovviamente anche di orrende, non mi dilungo negli elenchi. È perchè Camusso, fra le donne, è una persona leale e incorrotta, trasparente e semplice, forte. È una persona di cui mi fido, e non ho paura a dirlo di lei: anche di questo sentimento vorrei renderle merito. Troverete oggi sui giornali tutte le biografie che volete: saprete della sua storia, da dove viene, per cosa ha lottato, in cosa crede. In un altro momento non sarebbe stato necessario sottolineare un dettaglio: la sua battaglia per i diritti civili a fianco dei movimenti di persone omosessuali. Stamattina, per qualche ragione, ricordare anche questa sfumatura ha un senso. Sono molto felice che sia Lella Costa, su l'Unità, a scriverle la lettera che ne traccia un profilo. Mi associo a tutti i consigli che Lella, sua vecchia amica e concittadina, le dà. Sorrido al suggerimento di rispondere, a chi le chiederà come ci si senta ad essere una donna alla guida del più grande sindacato italiano, che «non esiste una questione femminile che non riguardi l'intera umanità». Sorrido e sottoscrivo. Mi piace molto anche che la lettera si concluda con una poesia, "La rivoluzione non è un invito a cena", di Bianca Tarozzi. «Buon vento, ragazza», è l'ultimo verso.
Vorrei anch'io regalarle un brano, questo in prosa. L'ha scritto Carlo Emilio Gadda nel 1945, potete immaginare a chi sia riferito. «Il folle narcissico è incapace di analisi psicologiche, non arriva mai a conoscere gli altri: né i suoi, né i nemici, né gli alleati. Perché? Perché in lui tutto viene relato alla erezione perpetua e alla prurigine erubescente dell'Io-minchia, invaghito, affocato, affogato di sé medesimo. E allora gli adulatori sono tenuti per genii: e per commilitoni pronti a morire col padrone, anzi prima di lui facendo scudo del loro petto. (In realtà, appena sentono odor di bruciato se la squagliano). I non adulatori sono ripudiati come persone sospette ed equivoche. I contraddittori sono delinquenti punibili con decine di anni di carcere. I derisori e gli sbeffeggiatori sono da appendere pel collo. Seconda caratterizzaione aberrante e analoga alla prima è la loro incapacità alla costruzione etica e giuridica: poiché tutto l'ethos si ha da ridurre alla salvaguardia della loro persona, chè è persona scenica e non persona gnostica ed etica, e alla titillazione dei loro caporelli, in italiano capezzoli: e all'augumento delle loro prerogative, per quanto arbitrarie o dispotiche, o tutt'e due. Lo jus, per loro, è il turibolo: religio è l'adorazione della loro persona scenica; atto lecito è unicamente l'idolatria patita ed esercitata nei loro confronti; crimine è la mancata idolatria».
Lo recita Fabrizio Gifuni in questi giorni al teatro Valle, «L'ingegner Gadda va alla guerra». Se è a Roma può ascoltarlo. Sarà un bel modo di cominciare il difficile lavoro di prendersi cura di questo nostro paese: cominciando dal passato per occuparsi del presente e restituirci la dignità, nel futuro.
Fonte: Unita.it
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