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Due maroni


Siamo entrati in possesso della lista completa delle cose da fare per combattere le mafie, letta lunedì da un’autorità indiscussa in materia, il ministro Bobo Maroni a Vieni via con me, purtroppo tagliata in diretta per motivi di tempo. Le mafie si combattono sequestrando ai mafiosi il frutto dei loro traffici illeciti. Grandi risultati grazie alle nuove norme del pacchetto sicurezza (infatti nella Finanziaria dello scorso anno abbiamo previsto l’asta dei beni confiscati, così i prestanome dei boss se li possono ricomprare). La ‘ndrangheta è presente al Nord da almeno tre decenni, non è una novità (la mafia invece da quattro decenni: me l’ha spiegato Silvio che nel '74 si prese in casa un boss travestito da stalliere e si trovò benissimo, meglio che con la polizia e i carabinieri). Le mafie si combattono rendendo le istituzioni locali impermeabili alla lusinga degli arricchimenti facili. A questo proposito è stato affermato che la ‘ndrangheta al Nord interloquisce con la Lega. È un’affermazione ingiusta e offensiva per i tanti che come me da sempre contrastano ogni forma di illegalità (per contrastare meglio ogni forma di illegalità e testimoniare la vicinanza alle forze dell’ordine, nel 1996 malmenai alcuni poliziotti venuti a perquisire la sede della Lega e azzannai il polpaccio di uno di essi durante la caduta, guadagnandomi una condanna definitiva per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale; per questo ora faccio il ministro dell’Interno: per competenza gastronomica in fatto di polizia).

E' soprattutto smentita quest’affermazione dalle recenti operazioni in Lombardia contro la ’ndrangheta, “Cerberus”, “Parco Sud”, “Crimine”, “Infinito” che hanno portato al coinvolgimento e perfino all’arresto di esponenti politici di altri partiti, ma non della Lega. Mi chiedo allora perché indicare proprio e solo la Lega (forse perché nell’ultima operazione, la “Crimine”, hanno fotografato il consigliere regionale leghista Angelo Ciocca pappa e ciccia con il boss Pino Neri?). Le mafie si combattono dando la caccia ai superlatitanti. In questi due anni magistratura e forze dell’ordine, a cui va il mio plauso e il mio ringraziamento, hanno agito senza sosta e con indubitabili successi. Setola, Strangio, Pelle, Raccuglia, Iovine... (avevano provato a catturare anche il sottosegretario Cosentino, ma noi della Lega, a titolo di plauso e ringraziamento, abbiamo votato contro, così Cosentino può continuare a latitare comodamente a Montecitorio). Questi sono solo alcuni dei 28 superboss presi e messi al carcere duro. Ne mancano solo 2: Zagaria e Messina Denaro (noi diciamo sempre così. Nel 2010, dopo l’arresto in Puglia del boss Franco Li Bergolis, dichiarai: “Un altro pericoloso latitante è stato assicurato alla giustizia. Adesso mancano solo 3 all’appello dei 30 più pericolosi”. Poi fu arrestato Gerlandino Messina e Berlusconi dichiarò: “Messina figurava tra i 30 più pericolosi latitanti, 28 dei quali risultano così assicurati alla giustizia”. Poi fu catturato Antonio Iovine, per cui i latitanti in manette avrebbero dovuto salire a 29 su 30. Invece, non chiedetemi perché, siamo di nuovo scesi a 28, infatti ho appena detto che ne mancano 2, Zagaria e Messina Denaro. E mi sono scordato Vito Badalamenti, che sta in cima alla lista dei latitanti storici dal 2006, quando fu preso Provenzano. E me ne sono pure dimenticati altri 8: Domenico Condello, Attilio Cubeddu, Marco Di Lauro, Giuseppe Giorgi, Giovanni Motisi, Sebastiano Pelle, Pasquale Scotti e Antonio Michele Varano. Cioè ne mancano ancora 9, ma sapete, sono un po’ debole in matematica e poi io qui dico quel cazzo che mi pare, tanto voi non potete controllare e nessuno mi può controbattere). Il cerchio si stringe anche intorno a Zagaria e Messina Denaro (per sicurezza, li abbiamo affidati a Dell’Utri).

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 23 novembre, in edicola

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