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Di Pietro: "la sentenza Dell'Utri non ammette repliche"


Le motivazioni della sentenza di condanna per il senatore Marcello Dell’Utri confermano quel che già sapevamo ma che troppi in questo paese fanno finta di non sapere. Quelle motivazioni dicono che negli anni ’70, all’inizio della sua irresistibile ascesa, l’uomo che oggi guida il paese non esitò a intrecciare rapporti intimi e a stringere loschi patti con Cosa nostra. Incontrò nel 1975 nei suoi stessi uffici milanesi Stefano Bontade, “il principe di Villagrazia”, che allora era il più potente tra tutti i boss mafiosi. Si avvalse dei buoni uffici della mafia per sbarcare con le sue emittenti in Sicilia. La presenza di un mafioso di peso come Vittorio Mangano nelle stalle di Arcore suggellava l’accordo e garantiva a Silvio Berlusconi la protezione di Cosa nostra.
Per l’Italia, il fatto che un uomo simile occupi ancora la presidenza del consiglio è una vergogna che impiegheremo anni a lavare. Trovo incredibile che quest’uomo non senta il bisogno di restituire all’Italia onore e credibilità rassegnando da solo le dimissioni, come farebbe qualunque altro presidente del consiglio nel mondo democratico.
Ma Berlusconi non lo farà. Si barricherà invece più che mai a palazzo Chigi, non per governare il paese, di cui nulla gli importa, ma per difendersi dai processi e dalle sentenze, per evitare ancora una volta di affrontare le sue responsabilità.
Berlusconi non se ne andrà da solo. Dovrà essere il Parlamento, se ha ancora una dignità e una coerenza, a restituire all’Italia un volto presentabile nel mondo mandandolo una volta per tutte a casa e in tribunale. Coloro che il 14 dicembre non voteranno la sfiducia a Berlusconi ne diventeranno i conniventi e complici.

Fonte: Antoniodipietro.it

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