VENEZIA — Sono nel cemento, nella calce, nel bitume, nei mattoni, nel ferro e nelle tegole. Le infiltrazioni mafiose sono dappertutto. Soprattutto nel bisogno disperato di finanziamenti delle imprese edili venete. «La crisi ha ormai spalancato le porte delle nostre aziende alla mafia», lancia l’allarme il presidente dei costruttori veneti Stefano Pelliciari, convinto che la logica del massimo ribasso negli appalti e il blocco dei pagamenti dovuto al patto di stabilità stiano favorendo le aziende che fanno quadrare il bilancio con fondi neri. «Se il governo e la Regione non interverranno a breve — continua il numero uno dell’Ance — ci troveremo con tanti Totò Riina in giro per la nostra regione. Ci sono già decine di segnalazioni alle autorità competenti». Le imprese edili infatti pur di non perdere gli appalti hanno iniziato a lavorare sottocosto, offrendo prestazioni a prezzi di costo o anche inferiori. «Ma la crisi continua e adesso queste aziende che non hanno più soldi si sono dovute rivolgere alle organizzazioni mafiose», aggiunge preoccupato il segretario della Filca-Cisl, Salvatore Federico.
D’altro canto la fotografia del settore edile in Veneto è drammatica: in due anni sono fallite quasi 2500 attività del settore delle costruzioni, per un totale di 50 mila disoccupati. «E’ come se in Veneto si fossero abbattute 35 Termini Imerese», sbotta Pelliciari, che ha chiamato a raccolta le imprese venete e i sindacati per dare il via «alla marcia su Roma». Martedì 1 dicembre infatti 300 imprese edili, 200 artigiani e 60 cooperative andranno a manifestare insieme agli operai e ai sindacati proprio sotto Montecitorio, per esigere una deroga immediata al patto di stabilità che il prossimo anno, secondo l’Anci, porterà al blocco di circa 300 milioni di euro di investimenti da parte dei Comuni. «Abbiamo raggiunto il limite — denuncia Franco Mognato di Legacoop — le aziende e le cooperative stanno di fatto sostenendo il disavanzo degli enti pubblici e adesso non ce la fanno più. I soldi del Fas e del Cipe sono rimasti sulla carta».
Il timore è che le grandi opere infrastrutturali come la Tav siano rimandate in un futuro troppo lontano e il problema è che in Veneto ormai ci vogliono mediamente due anni per ottenere un pagamento da parte della pubblica amministrazione. A questo si aggiunge il fatto che da oltre un anno giace in Regione oltre un miliardo di euro, inutilizzato. «E invece Palazzo Balbi dovrebbe almeno anticipare i soldi per i Comuni che hanno sforato il patto di stabilità e non possono più pagare », insiste Pelliciari, proponendo di regionalizzare il patto e trasferire la capacità di spesa dalla Regione ai Comuni. «Anche il piano casa è stato purtroppo solo uno spot del governo», aggiunge il presidente di Confartigianato edilizia Paolo Fagherazzi, spiegando che «le domande ci sono state ma le aziende venete non hanno visto ancora un solo euro». A sentire i costruttori infatti, mentre la Germania e altri Paesi europei hanno immediatamente adottato misure congiunturali adeguate, il governo e la Regione hanno abbandonato gli artigiani a se stessi, lasciando scomparire nel nulla 2 mila partite Iva e 3 mila posti di lavoro.
Fonte: Corriere.it
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Menomale che la mafia sta arrivando al nord cosi i nordisti,stanno con una bocca chiusa quando parlano male dicendo "La colpa è del sud".Spero ....che la Lega non parla più del fideralismo e votino chi si merita non chi vuole fare soldi sulla spalla della povera gente.heheheheh ora io rido da povera.