MILANO - La giustizia in Italia «è al collasso». Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara, nella sua relazione introduttiva al 30esimo congresso del sindacato delle toghe, non gira intorno al problema. Lo affronta in modo diretto, e denuncia il «cattivo funzionamento del servizio» e, quindi, «il mancato rispetto della ragionevole durata del processo assumono carattere oggettivamente prioritario e necessitano di interventi urgenti». Il «preciso intento» della magistratura associata, osserva Palamara, è quello di «voltare pagina, lasciando alle spalle ciò che in questi anni non ha funzionato nella macchina giudiziaria, nei rapporti tra politica e magistratura, ma anche al nostro interno, dando centralità ai temi dell'autoriforma, della questione morale e dell'organizzazione». Il problema centrale, sottolineato da Palamara, resta quello dei tempi con cui si arriva a sentenza in Italia. Nel rapporto Doing Business 2011, della Banca Mondiale il nostro Paese, spiega ancora il leader dell'Anm, «figura tra i peggiori quanto a durata delle procedure: 1210 giorni necessari per recuperare un credito» e una stima di Confartigianato «calcola che i ritardi costano alle imprese 2,3 miliardi di euro: una tassa occulta di circa 371 euro per azienda che ricade su imprenditori, fornitori, clienti, consumatori».
CORRUZIONE, ITALIA PEGGIO DEL RUANDA - Altro male dell'Italia su cui si sofferma il presidente dell'Anm: la corruzione. «In Italia questo fenomeno è ancora largamente diffuso; nel 2009 le tangenti nel nostro Paese hanno inciso sulle tasche degli italiani per circa 60 miliardi di euro». È per questo che il presidente dell'Anm, Luca Palamara, ritiene «essenziale» che la lotta alla corruzione sia «tra le priorità dell'agenda delle riforme». A causa di questa «piaga», ricorda Palamara, l'Italia è al 67esimo posto nel rapporto pubblicato da Trasparency International. Stanno meglio di noi non solo «tutti i Paesi Ue, G8 e G20», con poche eccezioni, ma anche Malesia, Turchia, Tunisia, Croazia, Macedonia, Ghana, Samoa e Ruanda.
NO AL RITORNO IN TOGA DOPO L'IMPEGNO POLITICO - «Bisogna fissare regole rigorose finalizzate a evitare commistioni improprie tra la funzione giudiziaria e l'impegno politico» , compresa «la possibilità di tornare a fare il magistrato dopo l'esperienza in politica». Nè è convinto il presidente dell'Anm Luca Palamara, che lancia la proposta dal palco del XXX congresso della sua organizzazione e indica nella degenerazione del correntismo un «male da estirpare». «È inaccettabile che trapeli l'immagine di una magistratura contigua a gruppi lobbistici e impegnata in impropri interventi volti a influire sull'assegnazione di affari e di incarichi prestigiosi. I magistrati si legittimano esclusivamente nello svolgimento dell'attività giurisdizionale esercitata con indipendenza e imparzialità e senza che si insinui il dubbio di illeciti condizionamenti esterni».
Fonte: Corriere.it
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