Nessuno osi parlare di familismo perché lei minaccia sfracelli (e querele). Parliamo della capogruppo dei senatori Pd Anna Finocchiaro e della notizia dell’appalto per l’informatizzazione della Casa della salute di Giarre, in provincia di Catania, affidato dalla Regione al marito Melchiorre Fidelbo, di professione ginecologo, come stabilisce la convenzione firmata quattro mesi fa dal direttore generale della Asp 3 (l’azienda sanitaria) Giuseppe Calaciura.
La notizia sta facendo il giro delle redazioni e impazza sui siti internet e sui social network, coi relativi commenti tra il disilluso e l’arrabbiato dei navigatori. Trecentocinquanta mila euro tondi tondi, questa è la cifra tirata fuori dalle casse pubbliche, come compenso per il lavoro svolto dalla Solsamb, società di cui Fidelbo è amministratore delegato e che prima d’ora pare non brillasse per fatturati da capogiro. La presentazione del progetto (proposto dal Consorzio sanità digitale e ambiente di cui la Solsamb era una sorta di società collaterale) risale al 2007, ai tempi del governo Cuffaro, quando assessore alla Sanità era Roberto Lagalla, professore di diagnostica dell’Università di Palermo e da un paio d’anni rettore. E di sicuro c’è che non c’è stata gara d’appalto. Anzi la pratica ha viaggiato su un binario veloce. Il progetto infatti nel giro di pochi giorni passò dal tavolo dell’allora direttore generale dell’Asp 3 di Catania a quello dell’assessorato retto da Lagalla (che diede parere favorevole), per poi varcare il portone del Ministero della Salute e ottenere il relativo finanziamento ministeriale. Poi l’iter viene bloccato dalla riforma sanitaria voluta dalla giunta Lombardo. Le Case della salute, infatti, sono diventate presidi territoriali di assistenza e la Solsamb deve rifare il progetto (nel frattempo il Consorzio sanità digitale e ambiente riconosce la titolarità del progetto alla Solsamb che firma direttamente la convenzione con l’Asp 3 nel luglio 2010).
Una vicenda intricata e con più di un aspetto che non si comprende, come conferma, interpellato dal Fatto, l’assessore regionale alla sanità Massimo Russo, che parla di strumentalizzazioni politiche e abbozza una difesa d’ufficio della senatrice: “Che c’entra il familismo? Probabilmente la Finocchiaro nemmeno sapeva di questa storia”. È un po’ difficile da credere, visto che era pure presente all’inaugurazione del centro insieme al marito. Ma “era lì per accompagnare Livia Turco che da ministro ha fortemente voluto questo tipo di sistema sanitario decentrato”, ribatte l’assessore. Poi annuncia un’indagine interna e dice: “In questa vicenda voglio vederci chiaro, non capisco perché, come pare, non ci sia stata gara e come mai l’assessorato abbia autorizzato la pratica in tempo record. Lunedì chiederò una verifica per accertare quello che è successo”. Il direttore generale dell’Asp Giuseppe Calaciura si tira fuori da ogni responsabilità perché all’epoca in cui venne presentato il progetto per la prima volta non era direttore. Ma la convenzione l’ha firmata lui. Forse i funzionari che gli hanno istruito la pratica avrebbero potuto sbirciare un po’ meglio tra le righe e fargli presente la cosa. L’assessore Russo intanto garantisce che nessun servizio sarà affidato ai presìdi sanitari siciliani senza che ci sia una gara. Antonello Cracolici, presidente del gruppo Pd all’Assemblea regionale siciliana, commenta la vicenda nel suo blog e parla di “manganello mediatico contro chi nel Pd si è macchiato della colpa di sostenere il governo Lombardo”, dichiara guerra senza quartiere a chi riferisce la notizia senza discutere del merito.
Livio Gigliuto, segretario dei giovani democratici di Catania usa toni ben diversi: “In generale penso che fare chiarezza sia una cosa positiva, non so se sia il caso di questa vicenda di cui so solo quel che hanno scritto i giornali. Ci terrei però a dire che noi giovani democratici di Catania abbiamo sempre espresso la nostra totale contrarietà al sostegno della giunta Lombardo da parte del Pd. Un partito come il nostro deve sostenere solo persone limpide e non chi come Lombardo ha un modo clientelare di gestire potere e per di più è sospettato di aver frequentazioni con mafiosi”.
Da Il Fatto Quotidiano del 28 novembre 2010
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