Un documento arrivato alla Dia di Caltanissetta come fosse un anonimo qualsiasi sta tenendo in apprensione diverse autorità. In quella pagina scritta vengono infatti indicate le rivelazioni di una fonte confidenziale, che avrebbe partecipato a un summit organizzato a Messina fra i rappresentanti di Cosa nostra, ‘Ndrangheta e Camorra. Uno solo l’argomento all’ordine del giorno: il via libera a nuove stragi.
Nel mirino vengono indicati i magistrati più impegnati nella lotta ai clan: si comincia con i nomi di Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino, il procuratore di Reggio e uno dei suoi vice, che due anni fa sono arrivati in Calabria da Palermo, dopo aver chiuso il cerchio attorno alla quarantennale latitanza di Bernardo Provenzano. Il documento riferisce che “del piano di attentato” nei loro confronti si era già parlato in un precedente summit: a Messina “si dovevano mettere in pratica gli accordi”. E andare anche oltre, programmando nuovi “obiettivi” da colpire: il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, il suo aggiunto Domenico Gozzo e il sostituto Nicolò Marino, “perché si occupano delle indagini sull’attentato a Borsellino – prosegue la fonte – e di altre vicende per cui i clan sono interessati”.
Durante il summit il rappresentante dei “napoletani” avrebbe “esposto l’interesse a colpire”, così dice l’anonimo, il magistrato Raffaele Cantone, uno dei simboli della lotta ai Casalesi, che oggi è in Cassazione. Secondo la fonte, Cantone era stato già pedinato a Roma. I boss palermitani caldeggiavano invece la richiesta fatta da un “amico avvocato”, per “uccidere un giornalista”. Tutti i partecipanti al summit, infine, si sarebbero trovati d’accordo nel colpire Sebastiano Ardita, magistrato in servizio al Dap: “Si occupa del 41 bis”, è scritto nel documento.
Da Roma a Caltanissetta è tornata così l’allerta attentati. E le misure di sicurezza sono state subito rafforzate. Ma resta il giallo: cos’è quel documento che qualcuno ha inviato a fine settembre? Ci sono due inchieste per scoprirlo, a Catania e Catanzaro. Quella pagina potrebbe essere uscita per davvero da un ufficio investigativo o dei servizi segreti. Ma nessuno l’ha mai inviata ai magistrati o alle prefetture. Seconda ipotesi: la relazione di servizio potrebbe essere un falso, chi ha diramato l’allarme prende in considerazione anche questa possibilità. Ma le preoccupazioni rimangono: fra quelle righe ci sarebbero indicazioni che solo pochi addetti ai lavori conoscono, sugli spostamenti dei magistrati e sulle indagini.
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