È stata una decisione difficile quella di dedicare oggi al copertina alla premiata ditta Feltri&Sallusti, i titolari del canile di segugi scatenati di volta in volta contro il nemico del padrone di casa, padrone che di cognome fa Berlusconi. Il mondo è grande e le notizie di giornata molte, scegliere di parlare in copertina del Giornale significa in effetti scendere a quel livello di giornalismo ombelicale, di rissa da cortile che già occupa abbastanza i cosiddetti salotti tv. Vorremmo risparmiarla ai nostri lettori. Facciamo eccezione oggi per rispetto della dignità della nostra redazione, ogni tanto un segnale di reazione bisogna pur darlo, c'è un limite anche all'evangelica altra guancia: davanti a una campagna che ci tiene da giorni sulle loro prime pagine, in un ping pong fra Libero e il Giornale, per una volta rispondiamo con la stessa moneta, opponiamo le nostre ragioni ai loro insulti e alle menzogne. Non lo faremo partendo dal linguaggio maschilista e veramente miserrimo che usano quando si rivolgono ad una persona di sesso femminile che non risponda alle categorie a loro note: non ci interessa sottolineare che chiamare "isterica", "oca o gallina" una donna pensando di depotenziare le sue parole, nel confronto di idee e posizioni fra persone, è uno un modo di essere e di pensare che si qualifica da solo. Le menzogne le conoscete. Sabato sera Sallusti e uno dei suoi inviati hanno sostenuto la loro autonomia dicendo che sono stati i primi a chiedere le dimissioni di Scajola: non è vero, sono stati gli ultimi. Il Post di Luca Sofri ha pubblicato un resoconto, rimandiamo a quello.
Vorremmo parlare di autonomia e di soldi. Ieri Il Giornale scriveva che prendiamo lo stipendio da un "padrone", il Pd. Ignorando il fatto che questo giornale ha un editore di nome Renato Soru (da Sallusti definito "uno sconosciuto") l'argomento è che l'Unità percepisce una quota del finanziamento pubblico all'editoria, finanziamento erogato dal gruppo parlamentare dei Ds. Parliamone, dunque. A partire dalle cifre e da alcune informazioni di base. Il finanziamento pubblico, nel nostro paese, è erogato dal Parlamento, non dal governo, ed è un bastione democratico che serve a riequilibrare le eventuali pressioni di gruppi di potere che volessero strangolare un giornale scomodo facendo leva sulla raccolta pubblicitaria. Proprio quello che accade a noi. Il riequilibrio (tra l'altro parziale, erogato in una quota minima rispetto ai costi anche solo della carta) avviene in una situazione del mercato pubblicitario resa totalmente anomala dal fatto che l'editore più importante (più potente verso gli inserzionisti) è anche il capo del governo. Silvio Berlusconi più volte ha invitato gli imprenditori a non dare pubblicità ai «giornali disfattisti»: cioè a quelli che, come l'Unità, denunciano i suoi abusi.
Gli inserzionisti pubblicitari in un paese normale fanno i loro investimenti a partire da dati oggettivi. Quello, per esempio, della readership: quanti lettori ha un quotidiano. Bene, un esempio che illumina: secondo gli ultimi dati dell'Audipress l'Unità ha 389.000 lettori, Libero - che pure, in quanto edito da una Fondazione, gode del finanziamento pubblico - ne ha 379.000.Ma, quanto alla raccolta pubblicitaria, Libero - evidentemente non un nemico per questo governo - raccoglie una cifra di dieci volte superiore alla nostra. A Berlusconi dunque hanno ubbidito in molti. Imprenditori privati e pubblici. Ecco dunque a cosa serve il finanziamento dei gruppi parlamentari.
Noi siamo, l'abbiamo detto dal primo giorno, un giornale del centrosinistra che ha il suo punto di riferimento nella più grande forza di opposizione: vogliamo essere uno strumento per la crescita e il rafforzamento del Partito democratico come baricentro di un'area che sappia farsi alternativa a un governo che sta trascinando il Paese verso la corruzione e la barbarie. Vogliamo farlo con spirito critico: dando voce alla base e dando al vertice il modo di dibattere pubblicamente di parlare alla base. Sono questi i nostri unici padroni: l'esercizio della democrazia, la Costituzione. E la professionalità: si può avere lo stesso orizzonte di una vasta area politica ed essere giornalisti liberi.
Il giornalismo non è obiettività, ma onestà. È l'onestà di raccontare la verità dei fatti e del dichiarare il proprio punto di vista. Dichiararlo, non modellarlo in base alle esigenze del datore di lavoro, il presidente del Consiglio, che stacca, lo raccontiamo oggi, ogni anno degli assegni milionari per i debiti del suo giornale. Il finanziamento pubblico è un'altra cosa. Saremmo felici di poterne fare a meno. Se solo ci fosse una legge sul conflitto di interessi, se nell'editoria italiana si ripristinassero le leggi di mercato.
Fonte: Unita.it
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