E' nata all'ospedale Sant'Anna di Torino la bambina la cui mamma, in coma da un mese, era tenuta in vita solo per farla nascere. La piccola pesa 800 grammmi e sta bene. La piccola si chiamerà Edil, come la mamma, la donna di 28 anni colpita da una grave forma di tumore al cervello, ancora in coma irreversibile. Ieri la gestazione era entrata nella 28/a settimana e i medici hanno tentato di prolungare il più possibile la permanenza della bambina nel grembo materno. La neonata, come tutti i nati prematuri, è stata ricoverata nel reparto di terapia neonatale intensiva. Ad eseguire il taglio cesareo è stata l'equipe della dottoressa Tullia Todros all'interno del reparto di Rianimazione dell'ospedale, dove era stata allestita una speciale sala parto per consentire l'intervento. Sarebbe stato il peggioramento delle condizioni della donna, che rischiava di mettere in pericolo la vita della bambina, a far decidere i medici per l'intervento.
La mamma che non potrà mai posare lo sguardo sulla sua creatura era arrivata a Torino direttamente dalla Somalia. Stava malissimo, era diventata quasi cieca. Il cognato, da tempo in città, l'aveva fatta venire qui, incinta del sesto figlio, per essere assistita al meglio. La diagnosi è stata implacabile. Cancro al cervello, maligno. Gli specialisti del Cto in agosto hanno operato la donna incinta per alleggerire la compressione del tumore sulle fibre ottiche. Le hanno ridato temporaneamente la vista, non il futuro. Troppo estesa la massa di cellule impazzite, nessun miracolo possibile. Dopo qualche giorno la paziente incinta è peggiorata, per complicazioni metaboliche, temute, non rare in casi come questi. I medici di via Zuretti hanno dovuto dichiarare la morte clinica cerebrale della paziente ma non hanno smesso di combattere. Anzi. Si sono fatti affiancare dai ginecologi del San'Anna. E appena la donna è stata stabilizzata, il 6 settembre, l'hanno trasferita nel polo specializzato dove le macchine le hanno permesso di far crescere la figlia.
Issa, marito e padre, vorrebbe che almeno il figlio più grande, 9 anni appena, venisse a Torino per dare l'addio alla madre, «sepolta qui, con rito musulmano, perché con la situazione che abbiamo in Somalia non è nemmeno pensabile di portarla a casa». Ma è anche combattuto. «La nonna che sta con i bambini è anziana e malandata. Il maggiore è gli occhi degli altri quattro, legati e dipendenti da lui». E poi sono d'ostacolo i problemi burocratici e gli intralci legati al drammatico quadro in patria. «L'ambasciata è stata spostata a Nairobi. Bisogna trovare qualcuno che ci vada per fare le pratiche richieste. Potrebbe essere molto pericoloso».
Fonte: Repubblica.it
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