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Regioni, rottura definitiva col governo "Ridiamo le deleghe, appello a Napolitano"

ROMA - No alle Regioni, sì all'intesa con i Comuni. Si chiude con una clamorosa rottura l'atteso vertice, convocato ieri a Palazzo Chigi tra i governatori, Berlusconi e Tremonti. Dopo una riunione durata 90 minuti, i presidenti delle Regioni sono scesi in sala stampa per rendere pubblico tutto il loro disappunto: "L'esito è stato molto negativo", ha detto Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, e ha annunciato che si appellerà al Quirinale. "Le istituzioni si rispettano non si offendono e non si insultano", ha aggiunto. "Nessun emendamento, la manovra resta invariata e immodificabile nei soldi e nei saldi", ha commentato poco dopo il ministro dell'Economia in una conferenza stampa con i Comuni. A vuoto il tentativo di mediazione di Berlusconi, che ha proposto qualche giorno in più per il confronto, per il "no" di Tremonti a modificare il timing di approvazione della manovra. A vuoto anche la mediazione che aveva tentato Bossi: "Avevo proposto uno sconto di un miliardo - ha detto ieri sera il leader della Lega in un comizio a Milano - ma le Regioni hanno detto no: volevano tutto o niente".

Nella prossima Conferenza Stato-Regioni, dunque, sarà posta all'ordine del giorno la minacciata restituzione delle deleghe delle Regioni. Per essere operativa tuttavia il rinvio al mittente di trasporti, imprese e servizi sociali, necessita di una norma: Formigoni propone di inserirla "già nella manovra" al Senato. "Se le Regioni vogliono restituirci le deleghe comincino con quelle sull'invalidità dove abbiamo un numero enorme di pensioni, i treni dei pendolari cammineranno lo stesso", ha polemizzato Tremonti. "Esternazione sgradevole", ha ribattuto Errani. A fare da cornice allo scontro una guerra dei numeri per stabilire se i tagli incidono più sullo Stato centrale o sulle Regioni. Tremonti, giovedì, aveva detto che la spesa dello Stato è di 84 miliardi. Neanche per idea, hanno replicato i governatori: per arrivarci hanno tolto anche i trasferimenti che lo Stato fa agli enti pubblici, per 100 miliardi: lo spesa dello Stato è di 195,19 miliardi. Quella delle Regioni invece viene sovrastimata: per Tremonti è di 171 miliardi, per i governatori solo di 36 (perché dicono bisogna correttamente togliere la spesa per interessi, personale, sanità e non solo i trasferimenti a Comuni e Province). È evidente come le percentuali di incidenza dei tagli in questo modo varino: 0,44 sullo Stato centrale e 17,1 per cento sulle Regioni (secondo le cifre dei governatori). Mentre per il Tesoro lo Stato centrale pagherebbe il 10% e le Regioni solo il 3.

Accordo fatto, almeno stando alle dichiarazioni di ieri del presidente dell'Anci Chiamparino e di Tremonti, con i Comuni e le Province. "Nessun emendamento" nella manovra, ma l'impegno a far partire le nuove tasse uniche municipali ("ad invarianza di pressione fiscale", ha precisato Chiamparino) con decreto entro il 31 luglio (per le province entro settembre). Previsto anche lo smaltimento dei residui passivi e, a decreti varati, la possibilità di rimodulare il patto di stabilità. "Siamo pragmatici e non ideologici, abbiamo un metodo di lavoro comune", ha detto Tremonti. Approvata, inoltre, la dilazione per le quote latte (contro il parere del ministro dell'Agricoltura Galan). Esulta Bossi: "Abbiamo salvato gli allevatori padani". La Commissione Bilancio ha concluso i lavori approvando la manovra che ora passa all'aula del Senato.

Fonte: Repubblica.it

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