ROMA - Arrivano a piazza Venezia a Roma con circa 45 pullman provenienti dall'Aquila, la zona più colpita dal terremoto. Vengono in cinquemila per manifestare contro l'abbandono dell'Aquila dopo il terremoto e per chiedere una legge organica per la ricostruzione. Tutti insieme per protestare contro il pagamento delle tasse che da dicembre dovrebbero ricominciare a versare al cento per cento.
La tensione, in piazza, sale velocemente. Due blindati dei carabinieri chiudono l'accesso a via del Corso da piazza Venezia ma un gruppo, un centinaio di persone, cerca lo stesso di superare lo sbarramento ed entra in contatto con le forze di polizia. Tafferugli e spintoni ma nessuno riesce a superare la barriera delle forze di polizia che sono schierate in assetto antisommossa. "Ero in prima linea e ho visto tutto. Non ce l'ho con i poliziotti, che sono solo ragazzi mal pagati. Ma con chi gli dà gli ordini...", dice il deputato Pd Giovanni Lolli.
A riportare la calma ci pensa il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente, che riesce a convincere i più agitati a fare qualche passo indietro e a tornare a piazza Venezia. Poi, dopo una trattativa, la forze dell'ordine si spostano e i manifestanti possono entrare a via del Corso e dirigersi verso Montecitorio. "Siamo gente tranquilla, non meritavamo di essere trattati così. Ho preso degli spintoni e delle pedate. Mi fanno male ma non è nulla di grave", dice Cialente.
La tensione non si placa. A metà di via del Corso i manganelli della forze dell'ordine tornano a colpire. Il bilancio è di tre feriti, una ragazza colpita in piazza Venezia e due ragazzi in via del Corso. "Guardate il sangue di un aquilano. La mia unica colpa è essere un terremotato" dice uno dei due con la testa sanguinante. I manifestanti continuano a urlare la propria rabbia. Una parte di loro riesce ad arrivare fino a piazza Montecitorio. Con i manifestanti anche i sindaci di alcuni comuni aquilani. Molti altri rimangono bloccati in via del Corso. In piazza arrivano anche Antonio Di Pietro e Pierluigi Bersani. "Dobbiamo organizzare la resistenza - dice il leader dell'Italia dei valori - perché la strada per la rivolta sociale è alle porte contro un governo sordo e cieco". "Meritate rispetto e sono d'accordo don una una tassa di scopo per l'Aquila", afferma il segretario del Pd. Che incassa applausi ma anche qualche contestazione: "Vergogna, buffoni, ci avete lasciati soli, l'opposizione ci ha abbandonato". Alle fine il posto di blocco viene rimosso e i manifestanti arrivano a piazza Colonna.
In seguito un folto gruppo sfonda i cordoni della polizia e arriva a poche decine di metri da Palazzo Grazioli, la residenza romana del premier dove è in corso un vertice del Pdl. Altri spintoni, altra tensione. Il portone dell'edificio viene chiuso per precauzione, mentre i manfiestanti fronteggiano con le braccia alzate i poliziotti urlando "Vergogna, vergogna" e scandendo slogan contro Berlusconi. "Vogliamo passare", urlano i terremotati, i primi a forzare la "zona rossa" di via del Plebiscito, dove di recente è stata addirittura soppressa la fermata dell'autobus.
La protesta degli aquilani continua. Alcuni di loro arrivano a piazza Navona per un presidio. Trovando un cordone di polizia e le transenne bloccano il varco che dalla piazza si affaccia sul vicino palazzo del Senato.
In Aula il capogruppo del Pd Dario Franceschini parla degli scontri: "La presidenza della Camera intervenga sul governo perche' si dica alle forze dell'ordine che svolgono il loro dovere che hanno di fronte persone disperate, esasperate e spesso prese in giro".
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